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Borse America Latina: volano l’Argentina e i mercati andini, frenano Messico e Brasile. Ecco perché

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Le Borse dell’America Latina nel 2024 continuano nel complesso a correre, soprattutto quella argentina: fanno eccezione solo Brasile e Messico, che pure sono le due maggiori economie dell’area secondo il Fondo monetario internazionale, con rispettivamente il nono e il dodicesimo Pil nominale a livello globale. È questo il quadro finanziario dei primi nove mesi dell’anno nella parte di continente americano che va dal Messico al Cile e che vale complessivamente un Pil da oltre 5.500 miliardi di dollari, seppur in lieve rallentamento nel 2024 secondo le stime di Fitch, a causa della recessione argentina.

Borse America Latina: effetto Milei per l’Argentina

Buenos Aires però vola sui mercati, trascinata dall’effetto Milei: già nel 2023, prima dell’elezione del nuovo presidente, l’indice Merval era stato per la verità uno dei migliori al mondo, ma quest’anno il rally è proseguito con la Borsa che ha guadagnato un ulteriore 64%. Mai come in questo periodo il Paese ispanofono, ancora in piena crisi economica e con il tasso di povertà al record di sempre, è appetibile per il mondo finanziario: l’inflazione è ancora alta ma più contenuta, il disavanzo primario si è ridotto e l’Argentina sta diventando agli occhi dei creditori un debitore un poco più affidabile. Inoltre, le politiche ultra liberiste volute da Milei, ad incominciare dalle privatizzazioni e dalla deregulation del mercato del lavoro e degli affitti, rende il Paese più attraente per gli investitori esteri. Nonostante sia in piena recessione, col Pil che ha ceduto il 5,1% nel primo trimestre e il 3,6% nel semestre.

Borse America Latina: cosa succede in Brasile

Opposto il destino del Brasile, l’economia più forte dell’area e che continua a crescere: nel 2024 è previsto un aumento del Pil del 3,2%, dopo il 2,9% registrato nel 2023, con Moody’s che pochi giorni fa ha riconosciuto un miglioramento delle prospettive e alzato il rating a Ba1, ad un passo dall’investment grade. Eppure la crescita è rallentata da tassi d’interesse nominali molto alti e che in controtendenza con quanto deciso recentemente dalla Federal Reserve, che li ha tagliati di 50 punti base, sono ulteriormente stati alzati dalla Banca centrale da 10,5% a 10,75%.

Nella classifica mondiale dei tassi d’interesse reali, il Brasile occupa ora la seconda posizione, dietro solo alla Russia e davanti alla Turchia, con il 7,33%. Bank of America prevede ulteriori rialzi nei prossimi mesi, con i tassi che dovrebbero raggiungere il 12% entro la fine dell’anno, anche se ammette che “il problema dell’inflazione brasiliana è sopravvalutato dal mercato”, cioè in realtà è meno importante di quanto appare. Questo però sta rallentando prestiti e investimenti, compresi quelli esteri: nonostante un recupero da luglio in avanti, il 2024 è per ora contrassegnato dalla fuga di capitali stranieri dal Brasile, con vendite per 35,5 miliardi di reais (6,5 miliardi di dollari), dopo che nel 2023 c’erano invece stati acquisti per 45 miliardi di reais. Anche per questo motivo dunque la Borsa è fiacca: dall’inizio dell’anno l’indice Ibovespa di San Paolo è stato il terzo peggiore tra i 20 maggiori listini del mondo con una perdita dell’1,77%, e, dopo un parziale recupero in estate, nel mese di settembre è stato addirittura il peggiore di tutti, cedendo oltre il 3% a 131.000 punti base.

Messico: Claudia Sheinbaum non convince i mercati?

Non va molto meglio al Messico, anzi. L’indice BIVA di Città del Messico ha perso da inizio anno l’8%, ma soprattutto ha perso il 5% dalla seduta del 2 giugno in avanti, cioè da quando è stata eletta presidente Claudia Sheinbaum. La prima donna a capo del Paese latino evidentemente non convince i mercati: la Borsa è crollata all’indomani del voto e non ha più recuperato, confermando lo scetticismo anche nella settimana appena conclusa, contrassegnata dall’insediamento ufficiale di Sheinbaum. Ad alimentare la freddezza del mondo finanziario è la prospettiva di un mandato in sostanziale continuità con quello di Andres Manuel Lopez Obrador, detto AMLO, che ha sì portato il Paese sui binari della crescita ma imponendo una svolta statalista e quasi tendente alla democratura, soprattutto con l’ultima discussissima legge approvata, e cioè l’elezione popolare dei giudici.

Il Messico è tornato ad essere il primo partner commerciale degli Stati Uniti ma in questa fase i rapporti sono a dir poco tesi, con AMLO che come ultimo atto del suo governo ha disposto l’espropriazione degli stabilimenti dell’azienda statunitense Volcan Materials, per aver violato la riserva naturale protetta di un’area costiera. Inoltre l’ex presidente ha temporaneamente sospeso i rapporti con l’ambasciata Usa in Messico, in seguito alle polemiche alimentate da Washington sulla riforma giudiziaria. In attesa di capire chi sarà il successore di Joe Biden alla Casa Bianca e se si sbloccheranno i rapporti condizionati anche dal tema migranti, i mercati non si fidano. E non si fida nemmeno Elon Musk, che aveva progettato di aprire entro quest’anno una gigafactory Tesla a Monterrey, ma che ha rimandato tutto al 2025 o 2026.

Borse America Latina: rame e oro fanno da traino in Colombia, Cile e Perù

Tra le altre Borse dell’area sono invece andate bene, anche se non quanto quella di Buenos Aires, la Colombia, il Perù e il Cile, che surfano sempre sull’alta richiesta di materie prime minerarie, in particolare il rame e l’oro. Quest’ultimo è il metallo che ha aumentato di più il suo valore nel 2024, toccando il record di sempre oltre la soglia dei 2.500 dollari l’oncia, ma è il rame a fare la differenza, visto che proprio Cile e Perù sono i primi due produttori mondiali. I tre mercati andini stanno beneficiando, oltre che dei prezzi delle commodities, anche di tassi d’interesse e inflazione bassi, il che sta attraendo capitale estero soprattutto nella Colombia di Gustavo Petro, che inizialmente era stato accolto con ostilità dal mondo finanziario.

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Categories: Finanza e Mercati