Le minute della Bce e le dichiarazioni di banchieri Usa non lasciano presagire cambi di rotta nella stretta delle banche centrali, mentre il Fondo Monetario internazionale si prepara ad abbassare le stime di crescita per il 2023. In un contesto d’incertezza, alimentato dalla guerra in Ucraina, dalla crisi del gas in Europa, dai cattivi segnali che vengono dall’economia della zona euro, dalla mossa “politica” dell’Opec+ di tagliare la produzione per due milioni di barili a partire da novembre, i mercati cedono oggi nuovamente al nervosismo.
I listini europei, che avevano tentato stamattina il rimbalzo in apertura, chiudono in calo, mentre a Praga è cominciato il meeting della “Comunità politica europea”, un nuovo formato multilaterale proposto dal presidente francese Emmanuel Macron per allargare la collaborazione al di là dei 27 Paesi dell’Ue. In questa sede Mario Draghi, alla tavola rotonda dedicata all’energia, ha ammonito che bisogna “lavorare insieme per affrontare la crisi energetica, possiamo anche farlo in ordine sparso, ma perderemmo l’unità europea”. Intanto il gas tratta ad Amsterdam intorno a 179 euro al MWH.
Dall’altra parte dell’Atlantico Wall Street si muove debole nelle prime ore di scambi, in attesa del rapporto sull’occupazione in uscita domani, che potrà fornire importanti indicazioni alla Banca Centrale Usa e quindi agli investitori.
Dopo i dati superiori alle attese nel settore privato, visti ieri, oggi deludono le richieste dei sussidi di disoccupazione in aumento di 29mila a 219mila, oltre le attese a 203mila.
Europa in calo e Milano maglia nera; stabile lo spread con tassi in rialzo
In un’Europa costellata di cali frazionali, Piazza Affari è anche oggi la peggiore e perde l’1,03% scendendo a 21.140 punti base, appesantita dalle vendite sui titoli bancari e sulle utility. Il Belpaese è in guado non facile, alla fine del quale ci sarà la formazione di un nuovo governo e l’uscita di scena di una figura carismatica come quella di Draghi. Sulla fiducia della Borsa italiana pesa poi l’avvertimento di Moody’s, che potrebbe rivedere il suo giudizio sul debito tricolore in mancanza di riforme legate al Pnrr. Il monito dell’agenzia di rating si è fatto sentire ieri sul secondario. Oggi invece lo spread tra Btp 10 anni e Bund di pari durata rimane stabile a 242 punti base (-0,1%), ma in un contesto di tassi in crescita, anche a causa di nuovi segnali di debolezza economica.
In Germania scendono infatti gli ordini alle fabbriche tedesche in agosto, -2,4%, dopo la crescita dell’1,9% registrata in luglio. Le stime degli analisti erano di una frenata inferiore, intorno allo 0,7%. In questo contesto il rendimento del decennale italiano sale al 4,5% e quello del Bund al 2,08%. Soffre anche la moneta unica, con l’euro che si muove in discesa contro dollaro, sotto la parità, intorno a 98 centesimi.
Nell’azionario europeo il clima è leggermente meno perturbato rispetto a Milano: Francoforte cede lo 0,4%, Parigi -0,82%, Amsterdam -0,48%, Madrid -0,93%, Londra -0,82%.
Da segnalare che, a una settimana dal debutto in Borsa, Porsche è diventata la prima casa automobilistica in Europa per capitalizzazione, battendo la capogruppo Volkswagen.
Bce: frenare l’inflazione, anche a costo di penalizzare la crescita. Fmi pessimista
A orientare l’approccio di giornata hanno contribuito anche le minute dell’ultima riunione della Bce, da cui emerge che Eurotower continuerà a inasprire la politica monetaria per fermare l’inflazione, anche a costo di penalizzare la crescita. “Il previsto indebolimento dell’attività economica non è sufficiente a ridurre l’inflazione in misura significativa e di per sé non riporterebbe l’inflazione prevista all’obiettivo”, si legge nei verbali. Si ricorda che nella riunione del 7-8 di settembre la Bce ha aumentato i tassi di 75 punti base. Alcuni banchieri del board erano a favore di un aumento di 50 punti, ma un numero più alto voleva un aumento più consistente come poi è stato, poiché “l’inflazione è troppo alta e probabilmente resterà al di sopra dell’obiettivo per un lungo periodo”.
A tracciare il solco lungo il quale si stanno muovendo molti istituti centrali è la Fed, per questo è molto atteso il rapporto sul lavoro che verrà presentato domani e che viene tenuto in gran conto dalla Banca centrale Usa. Il mini rally delle prime sedute di ottobre è stato sostenuto dall’idea che la Fed avrebbe potuto rallentare la sua azione, ma questo ottimismo è scemato dopo le dichiarazioni di alcuni banchieri statunitensi. Ieri il presidente della Fed di Atlanta, Raphael Bostic, ha detto che vorrebbe vedere i tassi tra il 4% e il 4,5% entro la fine del 2022, mentre il capo della Fed di San Francisco Mary Daly ha tagliato corto: ”alzeremo i tassi in territorio restrittivo, quindi li manterremo lì per un po’”.
Intanto “i rischi di recessione stanno aumentando“, così come quelli alla stabilità finanziaria, sostiene il direttore generale del Fmi, Kristalina Georgieva preannunciando un taglio delle stime di crescita per il prossimo anno nel World Economic Outlook che sarà diffuso la prossima settimana. La minor crescita economica costerà 4mila miliardi di dollari al Pil globale tra oggi e il 2026. “Si tratta di una cifra pari all’economia della Germania – osserva Georgieva – un’enorme battuta di arresto per l’economia mondiale”.
Petrolio in altalena dopo il taglio dell’Opec+
Il petrolio appare volatile dopo la decisione del cartello più la Russia di tagliare la produzione nella misura di 2 milioni di barili al giorno a partire da novembre. Una mossa che ha un forte retrogusto politico e che ha indotto l’amministrazione Biden ad aprire colloqui per ridurre le sanzioni al regime di Maduro in Venezuela e riprendere le esportazioni del petrolio venezuelano per il mercato Usa ed europeo.
Dopo la decisione dell’Opec+ Morgan Stanley ha deciso di aumentare le sue previsioni sul Brent per il primo trimestre 2023 a 100 dollari al barile da 95 dollari. Al momento i future del petrolio del Mare del Nord sale dello 0,83%, a 94,15 dollari al barile.
Piazza Affari bene petroliferi e auto, giù banche utility
In Piazza Affari il listino appare diviso tra i rialzi dei titoli petroliferi e auto e i ribassi dei titoli finanziari e utility.
La blue chip che registra la performance migliore è Tenaris +2,07%. Nel settore si appiattisce nel finale Eni, +0,05%, in linea con Saipem +0,08% dopo il balzo di ieri. Bene Nexi +1,41%.
Nella parte alta del listino continua ad occupare un posto di rilievo Stm, +1,59%, mentre l’industria è in luce con Interpump +1,35% e Pirelli +1,49%. Nell’automotive segnano frazionali progressi anche Ferrari +0,62% e Iveco +0,53%. Nel lusso cerca di farsi spazio ancora Moncler, +0,49%, con gli analisti di Intesa Sanpaolo che hanno rivisto al rialzo il target price a 53,5 euro da 49,3 euro confermando la raccomandazione ‘Add’.
L’elenco delle big cap in rosso parte da Mediobanca -3,82%. Jefferies ha avviato la copertura del titolo con “hold”, indicando una minore sensibilità della banca d’affari al rialzo dei tassi rispetto ad altri istituti, ma un possibile sostegno al titolo potrebbe arrivare da un “giusto” approccio all’M&A.
Giù Banco Bpm -3,71% e Finecobank -3,45%. Perde Telecom -3,38%. Tra le utility in ribasso con Enel -3,51%, Terna -3,04%, Hera -3,17%.
Fuori dal paniere principale Mps perde il 5,3% in attesa dell’aumento di capitale. Deutsche Bank ha tagliato il target price a 33 da 58 euro .
Soffre anche Anima, -3,16%, partner commerciale di Mps e che potrebbe partecipare all’aumento di capitale da 2,5 miliardi. Alcuni broker attribuiscono però la brutta performance di oggi ai deboli dati sulla raccolta netta di settembre, negativa per 175 milioni.