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Borsa Parigi, continua l’effetto elezioni: banche e lusso ancora in calo. Si allarga lo spread Oat-Bund, timori sul debito pubblico

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Come pugili storditi dai colpi, i titoli della Borsa francese hanno cercato stamane di riprendersi, ma le forti perdite subite ieri bruciano ancora e sul mercato restano le incertezze. Qualcuno tenta qualche recupero, altri continuano a scendere. Sono soprattutto le banche francesi ad essere sotto pressione, penalizzate dall’aumento dei rendimenti dei titoli di Stato e dello spread sul Bund, dai timori per l’aumento del deficit statale, ma anche nel timore che un’eventuale vittoria di Le Pen alle legislative possa riportare sul tavolo la tassazione sugli extra profitti bancari.

Il sell off sulla Borsa parigina è scattato già ieri in apertura dopo la debacle del partito di Emmanuel Macron e il trionfo di Rassemblement National, partito di estrema destra guidato da Marine Le Pen alle elezioni europee e alla decisione del presidente francese di sciogliere le camere del Parlamento, convocando elezioni anticipate.

La Borsa di Parigi stamane, dopo aver tentato un recupero nelle prime ore a +0,40%, a metà seduta è tornata in negativo (-0,61) a 7.845,70. Ieri è stata la peggiore in Europa registrando un calo in chiusura dell’1,35%, sotto il peso soprattutto i titoli delle grandi banche francesi, oltre che quelli del lusso. Secondo gli analisti tecnici, il contesto tecnico generale evidenzia implicazioni ribassiste in via di rafforzamento per il CAC 40, con sollecitazioni negative tali da forzare i livelli verso l’area di supporto stimata a 7.845,3. Contrariamente alle attese, invece, sollecitazioni rialziste potrebbero spingere i prezzi fino a quota 7.991,4 dove staziona un importante livello di resistenza. Il dominio dei ribassisti alimenta attese negative per la prossima sessione con target potenziale posto a quota 7.796,6.

Bancari e lusso sotto pressione

Sotto i riflettori sono soprattutto i titoli bancari che più potrebbero subire le future decisioni del partito di Le Pen. Bnp Paribas, l’istituto maggiore, oggi cede un altro 2,13% a 63,03 euro, dopo aver chiuso ieri in calo del 6,3% e dopo essere arrivata a perdere l’8% nelle prime battute. Crédit Agricole, che in apertura aveva tentato un rimbalzo dello 0,46% a14,13 euro a metà seduta è di nuovo in calo e perde un altro 2,23% dopo la perdita ieri del 4,6%. Societe Generale, che ieri ha chiuso con un -6,55%, oggi è in calo di un altro 1,25%. Seguono le aziende i cui ricavi dipendono da contratti di concessione firmati con lo Stato: l’Eiffage, sceso ieri del 5,48% a 94,14 euro, oggi perde un altro 1,27% e la Vinci del 5,37% a 104,80 euro, oggi per un altro 1.15%. Ma stamane continuano a segnare quotazioni in negativo anche i titoli del lusso.
Lvmh è a 738 e perde l’1,09 % mentre venerdì aveva chiuso a 762. Kering perde lo 0,72% a 325,6, venerdì era a 328,1. Hermes International è a 2.137 in calo dello 0,09%, venerdì aveva chiuso a 2.201euro

Si allarga lo spread Oat-bund

Quando Standard & Poor’s lo scorso 31 maggio aveva deciso di declassare il rating sovrano francese da AA a AA- il mercato aveva fatto finta di nulla, tanto che il rendimento del titolo francese a dieci anni non è cambiato di una virgola. Ma ora i nodi vengono al pettine e le nubi si addensano all’orizzonte della Francia che andrà a votare per le legislative a doppio turno il prossimo 30 giugno e il 7 luglio.

Ieri, il tasso di indebitamento della Francia sui mercati è subito salito in apertura, in reazione all’annuncio di Macron. Il rendimento dell’Oat a 10 anni è salito ieri dal 3,09% al 3,22% e oggi è al 3,287% (+1,45), il livello più alto da novembre. Ancora più significativo, il differenziale di tasso con la Germania, che dà un’idea della fiducia degli investitori, passato da 47 a 52 punti base ieri e oggi è ancora in salita a 65 pb.

Pochi centesimi di punto di differenza che possono pesare molto visto che la Francia paga quest’anno 46 miliardi di euro di interessi, l’equivalente del bilancio della Difesa.

Ma nella rete cadono soprattutto le banche francesi a causa di quel doom loop di cui si parla spesso anche in Italia e che indica la relazione tra banche e titoli di stato dello stesso Paese. Gli istituti di credito francese scontano infatti anche il rischio-Francia, in quanto il timore di un rialzo dei rendimenti dei bond francesi alimenta anche la paura di un costo della raccolta più alto per gli istituti che intendano emettere bond per finanziarsi sul mercato obbligazionario. A incidere in modo ancora più forte, è il fatto che le banche francesi detengono grandi quantità di titoli di stato francesi.

Inoltre le banche francesi pagano anche il rischio del debito pubblico della Francia, in particolare la prospettiva di una ulteriore erosione dei conti pubblici, che potrebbe verificarsi nel caso in cui alle prossime elezioni legislative appena convocate dal presidente Macron, fossero Le Pen e Bardella ad avere la meglio. “Ovviamente, le elezioni anticipate rappresentano una nuova fonte di incertezza, elemento che dovrebbe avere un qualche impatto negativo sulla fiducia verso l’economia e i mercati, almeno in Francia”, ha commentato a Reuters Jan von Gerich, responsabile analista di mercato presso Nordea, facendo notare che non sempre i risultati delle elezioni europee finiscono per essere replicati a livello nazionale, sia per i sistemi di voto diversi che in quanto, a suo avviso, le elezioni Ue tendono ad attrarre una quantità maggiore di voti di protesta.

Secondo François Ecalle, specialista in finanza pubblica, i creditori temono una possibile vittoria della RN alle elezioni legislative. “Il programma RN rischia di provocare un aumento del deficit. Nel 2022, l’Istituto Montaigne ha stimato in 100 miliardi all’anno il costo aggiuntivo del programma di Marine Le Pen. Christopher Dembik, consulente per la strategia d’investimento di Pictet AM, non condivide questo punto di vista. “Siamo lontani dal panico. È più una reazione a breve termine. Gli investitori stranieri (che detengono la metà dei 3.100 miliardi di debito della Francia, ndr) non ritengono più che un governo RN sarebbe negativo per le imprese. Certamente, questo è stato il caso nel 2017, quando la Repubblica Democratica ha sostenuto l’uscita dall’euro. Oggi non è più in programma”. “Il calo riguarda soprattutto le banche, perché hanno molti “obbligazioni” nei loro bilanci”, dice Christopher Dembik. Stiamo piuttosto assistendo a speculazioni. Tornerà su”.

Il tema della tassa sugli extraprofitti bancari

Ma c’è anche un’altra spada di Damocle a pendere sui titoli bancari francesi: quella della tassa sugli exreaprofitti. Contattato dalla CNBC, l’analista del mercato azionario di Morningstar Johann Scholtz, pur non citandola espressamente, ha riportato alla mente la tassa sugli extraprofitti delle banche. “In molte giurisdizioni europee” dice Scholtz, “le banche sono diventate un facile bersaglio di provvedimenti improntati al populismo, tra cui le tasse sugli extraprofitti e le restrizioni imposte sui dividendi e sui buyback. In Italia quella tassa sugli extraprofitti delle banche si è dissolta praticamente nel nulla. Ma balzelli vari contro gli istituti di credito hanno colpito altri paesi, come l’Ungheria e la Repubblica Ceca.
Lo stesso presidente francese Emmanuel Macron aveva detto nel marzo del 2023 che le aziende con più di 5,000 dipendenti avrebbero dovuto condividere i loro “utili eccezionalmente alti” con i dipendenti, invece di ricorrere agli acquisti di azioni, dunque ai buyback. Ma poi sia Macron che il ministro delle Finanze Bruno Le Maire avevano escluso la possibilità di lanciare una tassa sugli extraprofitti delle banche.

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