Una manciata di punti separa a fine mattinata l’indice principale di Piazza Affari, l’Ftse Mib, dal record dell’anno: 26.630 punti contro 26.680 punti. Una volta varcata questa soglia Piazza Affari potrà spezzare un altro tabù, marciando verso i numeri del 2008, prima della serie di crisi da Lehman Brothers al Covid passando per il dramma greco, che hanno segnato i venti anni perduti dal mercato azionario di casa nostra.
E’ questa la cornice storica di un passaggio che sembra normale ma che non lo è. Il mercato azionario, senza strappi, sembra avviato a chiudere per la settima volta di fila in terreno positivo. Intanto il rendimento del Btp decennale risale sopra il punto percentuale in linea con quanto accade in Usa e a Francoforte. Ma il rimbalzo, un tempo temuto, oggi è considerato una buona notizia: un po’ perché la richiesta di capitali accompagna la ripresa dell’economia, più vivace del previsto, un po’ perché il recupero dei prezzi è una manna per le banche, le assicurazioni e per Poste Italiane, cioè i grandi depositi del debito pubblico dietro, beninteso, la Bce che ha ritirato la maggior parte delle emissioni dell’anno in corso.
E’ in questa cornice che il ministro del Tesoro Daniele Franco aspetta il verdetto di Standard & Poor’s sul rating italiano. Solo pochi anni fa un appuntamento ad alta tensione, oggi possibile occasione per celebrare la ripresa di interesse per il Bel Paese. Anche ad agosto il fatturato dell’Industria italiana è aumentato del +0.8% mese su mese, incremento registrato sia sul mercato estero che su quello interno. Nella media del trimestre giugno-agosto l’indice è cresciuto del +4,5% rispetto ai tre mesi precedenti. Nel confronto anno su anno la crescita è del +13.8% (mercato interno +13.0% e mercato estero +15.2%).
Si conferma anche ad agosto la tendenza positiva del fatturato delle imprese, con la componente estera che mostra un andamento più vivace di quella interna.
Tutti i raggruppamenti principali di industrie mostrano forti aumenti tendenziali, grazie al favorevole confronto con i livelli particolarmente bassi registrati lo scorso anno: Energia +30.0%, Beni Intermedi +22.3%, Beni Strumentali +2.5% e Beni di Consumo +2.5%.
Tra i settori dell’attività economica spiccano la metallurgia (+31.4%), i prodotti petroliferi e raffinati (+31.0%), la chimica (+30.2%), i mezzi di trasporto (+26.7%). In calo. Invece, l’industria del tessile-abbigliamento (-2.5%).
Venerdì della settimana prossima, 29 ottobre, l’ISTAT pubblicherà la stima preliminare del prodotto interno lordo del terzo trimestre 2021. Il consenso prevede una crescita del +3.0% anno su anno. Per l’intero 2021 le attese si attestano al +6.0%, in linea con la previsione del Governo (NADEF). Da inizio anno la performance del FTSEMIB oscilla intorno a +19,70%, meglio dello Stoxx 600 europeo (+17,50%).
Non c’è aria di bolla, però, attorno a questi numeri che attestano la ripresa made in Italy. Un po’ perché i prezzi sono in linea con i fondamentali (un rapporto prezzo/utili medio di 16,8 volte per l‘anno in corso, un dividend Yield 3,40%), un po’ perché, finalmente, gli investitori si stanno rendendo conto delle potenzialità di crescita di un listino finora inadeguato, che oggi vale il 40% circa del pil italiano ma che rappresenta solo in minima parte la realtà del “quarto capitalismo”, la punta di diamante della nostra ripresa. Perciò si spera che, dopo il prossimo debutto di Intercos, il leader mondiale della cosmetica di Agrate Brianza, arrivino altre matricole con una stazza degna di attrarre l’attenzione dei mercati.
Tutto bene? Si sa che, come recita la legge di Philips, se qualcosa può andar male prima o poi lo farà. Ma, scansata per ora l’emergenza Evergrande, e contando sullo stato di grazia di Wall Street ove l’Indice FANG Plus, che raggruppa i dieci big tech, si è spinto giovedì sul nuovo record storico di 7.663 punti, con il record di Netflix e il quasi record di Tesla, l’occasione pare davvero propizia. Solo noi, con qualche improvvida iniziativa, possiamo guastare il quadro.