Anche questa volta Mario Draghi ha trovato il modo per sorprendere gli investitori. La Bce nella riunione di oggi ha ampliato il programma di Qe sia nella quantità (a 80 miliardi da 60) sia nella tipologia di titoli coinvolti (con l’ammissione anche di tutte le obbligazioni di società non bancarie con rating pari a “investment grade”) e ha dato una nuova sforbiciata a tutti i tassi di interesse: il tasso di riferimento è stato azzerato dal precedente 0,05%, quello di rifinanziamento marginale è sceso dallo 0,30% allo 0,25% e quello sui depositi dal -0,3 al -0,4%.
“La Bce risponde alle critiche di “mancanza di munizioni” con una lista di misure, anche innovative, per riportare l’inflazione verso il 2%. La riduzione del tasso sui depositi al -0,4% (e quella degli altri tassi di policy) e l’aumento degli acquisti dei titoli (da 60 a 80 miliardi di euro) erano sostanzialmente attesi, ma le novità importanti riguardano l’acquisto di corporate bond e la nuova versione delle Tltro” ha per esempio commentato Paolo Guida, Vice Presidente di AIAF-Associazione Italiana degli Analisti e Consulenti Finanziari.
La reazione dei mercati è stata nell’immediato esplosiva: il Ftse Mib è balzato del 4% agganciando i 19mila punti, così come hanno accelerato gli altri principali listini europei. Ma l’euforia si è presto spenta e gli indici hanno chiuso in territorio negativo: Piazza Affari ha chiuso in calo dello 0,5%, Parigi -1,7%, Londra -1,78%, Francoforte -2,3%.
Il mercato si è concentrato sulla parte negativa della storia: una mossa così decisa può indicare che l’economia gira meno del previsto e che il rischio deflazione è più alto. La Bce ha infatti tagliato le stime di crescita dell’Eurozona a causa delle deboli prospettive di sviluppo dell’economia mondiale: a +1,4% per il Pil 2016, +1,7% per il 2017 e +1,8% per il 2018. Così come sono state tagliate le stime sull’inflazione di quest’anno allo 0,1%, dall’1% atteso lo scorso dicembre, a fronte del sensibile calo dei prezzi del petrolio.
Lo spread Btp-Bund ha confermato in chiusura il calo di 7 punti percentuali a 109 punti base e rendimento all’1,44%. Questa mattina il Tesoro ha collocato 6 miliardi di euro di Bot a un anno a fronte di una domanda per 9,95 miliardi con rendimento in calo a -0,068% da -0,032%.
Nel pomeriggio le vendite hanno colpito anche Wall Street: dopo un avvio in positivo, in sintonia con l’Europa, alla chiusura dell’Europa il Dow Jones cedeva lo 0,5% e l’S&P500 lo 0,44%. In rosso il petrolio con il Wti che cede l’1,05% a 32,74 dollari al barile e il Brent l’1,37% a 39,7 dollari al barile. Ancora acquisti invece sull’oro che, parallelamente alla nuova discesa dei listini e all’aumento dell’avversione per il rischio, recupera le perdite e torna a salire dell’1,10% a 1266,96 dollari l’oncia. Intanto le richieste settimanali alla disoccupazione nella settimana terminata il 5 marzo sono calate di 18mila unità a 259mila unità, il livello più basso dal 17 ottobre e meglio delle attese degli analisti.
A Piazza Affari i titoli che hanno beneficiato maggiormente della spinta di Draghi sono state le banche con un balzo per Unicredit fino al 10%. In chiusura il comparto ridimensiona l’euforia: Unicredit chiude a +2,32%, secondo miglior titolo del Ftse Mib dietro a Bpm +4,91%, Intesa +1,11%, Ubi +1,25%. Mps chiude invece invariata mentre Banco Popolare cede l’1,62%.
In evidenza tra le blue chip anche A2a +2,2%, Atlantia +1,84% e Snam +1,71%. In fondo al Ftse Mib perdono terreno Yoox -5,19%, Saipem -3,91%, Moncler -3,69%, Eni -3,43%, Tenaris -3,43%.
Il Ftse Italia Index Policy Committee ha stabilito le modifiche per il paniere delle big di Piazza Affari che tornerà così a comprendere 40 titoli e non più 41 come avvenuto dopo lo scorporo di Ferrari da Fiat Chrysler a inizio 2016. Ad uscire dall’indice sarà Yoox, che vi era entrato circa cinque anni fa. L’aggiornamento dell’indice diverrà efficace dopo la chiusura delle contrattazioni di venerdì 18 marzo e sarà quindi operativo dal lunedì successivo.