Dopo molti mesi, se non anni, di deludenti performance e di correlazioni addirittura negative con la crescita dell’economia, la Borsa cinese sembra voler recuperare il terreno perduto. Ieri ha messo a segno un progresso del 5%, trascinando al rialzo l’indice regionale MSCI Asia Pacific. L’indice cinese Shanghai Shenzhen CSI 300 fa registrare un p/e di 11.8, ancora basso. In precedenza, queste mese, il p/e aveva toccato il minimo dal 1997 a 10,8.
Dietro la performance della borsa cinese – come causa prossima, non come causa remota – sta l’indice Markit PMI, che è migliorato a quota 50,9, segnando il secondo mese sopra quella quota 50 che delimita il confine fra espansione e regresso.
L’euro si avvia a superare quota 1,31 contro dollaro, di riflesso alle nuove misure espansionistiche della moneta annunciate dalla Fed, misure che, secondo alcune strampalate teorie, porteranno a un’inflazione fuori controllo in America e al crollo del biglietto verde. Lo yen si è indebolito per le stesse ragioni, mutatis mutandis. La sempre più probabile vittoria di Shinzo Abe segnala una politica di espansione quantitativa della moneta più vigorosa rispetto a prima. L’oro si mantiene sotto quota 1700, e il petrolio (WTI) è stabile a 86.5.