Crolla l’euro ai minimi da 20 anni e affondano i listini europei, nell’ennesima seduta da brividi di questo 2022 che doveva essere l’anno della rinascita post pandemia. Apre male anche Wall Street, dopo il lungo weekend del 4 luglio, a causa dei crescenti rischi di recessione che azzoppano persino il petrolio, a picco in questo momento. A New York soffre il settore auto, con Tesla e Stellantis, mentre Ford tocca i minimi dell’anno dopo un calo di vendite nel secondo trimestre.
In Europa, d’altra parte, salgono i prezzi del gas, per gli scioperi in arrivo nel settore in Norvegia, che potrebbero portare a una riduzione del 60% delle esportazioni nel prossimo weekend, dopo i tagli dalla Russia che hanno già innervosito parecchio i mercati. Il tutto mentre i Pmi della zona euro certificano un rallentamento della crescita nel mese di giugno.
Piazza Affari maglia nera, Europa in rosso
In attesa dell’incontro Draghi-Conte, che si terrà domani e che potrà dire qualcosa sulla futura tenuta del governo, Piazza Affari chiude in maglia nera e cede il 2,99%, senza riuscire a difendere i 21mila punti, atterrando a 20.705 punti base zavorrata da titoli industriali, banche, risparmio gestito, petroliferi. Sono di umore pessimo Londra -2,9%, Parigi -2,68%, Francoforte -2,91%, Madrid -2,42%, Amsterdam -2,33%.
L’euro tratta in ribasso contro il dollaro intorno a 1,025.
Il petrolio tipo Brent arretra dell’8,2%% a 104,2 dollari al barile. Il gas si è impennato in mattinata fino a un massimo di 175 euro al megawattora.
Acquisti sui Bund; sale lo spread
In cerca di beni rifugio gli investitori si rivolgono ai Bund, cosicché sale lo spread.
I rendimenti di titoli decennali italiani e tedeschi sono in calo, ma il differenziale si allarga a 199 punti base (+4,29%), con un tasso del 3,17% per il Btp e dell’1,18% per il Bund.
Paura per il gas in Europa con gli scioperi in Norvegia
Dopo un avvio cautamente ottimista, vista la possibilità che gli Usa rimuovano alcuni dazi contro la Cina, i listini continentali hanno cominciato a perdere con le notizie provenienti dalla Norvegia.
L’Europa, Gran Bretagna compresa, dipende ormai per un quarto dalle forniture di gas norvegesi, secondo le stime dell’associazione Norsk Olje&Gass che riunisce le aziende del settore.
Lo sciopero, iniziato oggi, che ha già comportato lo stop a tre campi petroliferi e gasieri nel mare del Nord, potrebbe portare a una riduzione di circa il 60% delle esportazioni di gas norvegese e di oltre 3340mila barili di petrolio – dice l’organizzazione – se il sindacato dei lavoratori renderà effettiva la minaccia di estendere lo scontro anche al weekend”.
I prezzi del gas salgono e il rischio recessione si fa così più consistente, anche a fronte di dati macro in calo.
Pmi servizi zona euro in ribasso
L’indice composito finale Pmi della zona euro, a cura di S&P Global, visto come un buon indicatore dello stato di salute dell’economia, è sceso a giugno al minimo di 16 mesi a 52,0 punti dai 54,8 di maggio, appena al di sopra della stima preliminare di 51,9. Questo, secondo il centro studi, aumenta le probabilità di un calo economico nel terzo trimestre. “Il settore manifatturiero è già in declino, per la prima volta in due anni, e il settore dei servizi ha perso nettamente slancio di crescita a causa della crisi del costo della vita. La spesa delle famiglie per beni e servizi non essenziali ha subito una pressione a causa dell’aumento dei prezzi”.
l Pmi dei servizi – settore dominante del blocco – è sceso a 53,0 da 56,1.
Banche centrali alla prova
Le banche centrali restano sotto osservazione, per vedere come fronteggeranno il problema di un’inflazione galoppante unita a un rallentamento dell’economia. In attesa di leggere i verbali dell’ultima riunione della Fed, domani, oggi la Banca d’Inghilterra avverte che le prospettive economiche per la Gran Bretagna e il mondo sono peggiorate. Le banche centrali devono perciò aumentare le riserve di capitale per assicurarsi di poter resistere alla tempesta. Intanto la banca centrale australiana alza i tassi di interesse per il terzo mese consecutivo, mettendo in conto anche il rischio di innescare una recessione pur di frenare l’inflazione.
E i prezzi continuano a correre in tutto il mondo, in Corea del Sud, a giugno si è registrata un’inflazione che nn si vedeva da 24 anni.
A Piazza Affari si sgonfiano i petroliferi
Speriamo che non ci vogliano le bombole ad ossigeno nel prossimo futuro per Piazza Affari, che continua a infrangere al ribasso una soglia psicologica dopo l’altra. A pesare sul listino intanto, oggi, sono i titoli petroliferi, che si sgonfiano un bel po’ dai guadagni messi a segno con i rialzi del petrolio di questi mesi: Tenaris lascia sul terreno l’8,25%, Eni il 5,79%. Le azioni Saipem, perdono il 2,83%, mentre i diritti, nell’ultimo giorno di negoziazione, praticamente si azzerano con un ribasso del 93,89% che li porta a 0,011 euro, “segnalando – scrive Reuters – lo scarso interesse del mercato e il rischio che gran parte dei 2 miliardi di ricapitalizzazione finisca per essere sottoscritta dalle banche del consorzio di garanzia”.
Nell’industria arretrano Iveco -7,64% e Leonardo, -7,47%, dopo i recenti rialzi. Male i titoli finanziari: le assicurazioni con Unipol -6,09% e Generali, -5,68%; le banche, a far capo da Bper -5,07%; il risparmio gestito con Banca Mediolanum -4,96% e Banca Generali -4,7%.
Si salvano da questa caporetto Amplifon, +2,49%, Diasorin +0,8%, Terna +0,18% e Ferrari +0,16%.