I dati agrodolci sull’occupazione Usa a settembre e la conseguente speranza che la Fed tagli ulteriormente i tassi in ottobre, incoraggiano le Borse, a partire da Wall Street, che apre intonata e continua a muoversi in rialzo nelle prime ore di scambi.
Ne traggono beneficio i listini europei che, messe da parte le preoccupazioni sui dazi americani, centrano finalmente un rimbalzo, chiudendo in verde una delle settimane più rosse dell’anno. Piazza Affari sale dello 0,75% a 21,470 punti; Francoforte +0,72%; Parigi +0,91%; Madrid +0,63%.
Dopo le ampie perdite delle scorse sedute Londra recupera l’1,15%, mentre la cronaca della Brexit si arricchisce di un nuovo paragrafo con la notizia che il governo britannico chiederà una proroga alla Ue se non riuscirà a ottenere un nuovo accordo e ad approvarlo entro il 19 di ottobre, come stabilito dal Benn Act. È quanto rivelano i documenti presentati dal governo di Boris Johnson nell’ambito della causa all’ordine del giorno della massima corte civile della Scozia. Si tratta di una smentita nero su bianco dello stesso Johnson che ha più volte ribadito la volontà di uscire dall’Unione a qualsiasi costo il 31 di ottobre.
In questo contesto l’euro è lievemente positivo sul dollaro intorno a 1,097 e risale nei confronti della sterlina con il cambio a 0,891. Si appanna moderatamente l’oro, che scambia intorno a 1510 dollari l’oncia. In recupero il petrolio, con i Future del Brent in rialzo a 58,42 dollari a barile (+1,23%).
Si punta sulla banca centrale americana per mettere un freno ai segnali di recessione, dopo i recenti dati macro in declino, soprattutto per quanto riguarda la manifattura in Europa e negli Usa e a questo punto le probabilità di un ulteriore aggiustamento del costo del denaro passano dal 40 al 75%. Ad orientare le scelte di Jerome Powell, che parlerà questa sera, alle 20 ora italiana, fornendo probabilmente qualche indizio sulle sue mosse alla prossima riunione (30 ottobre), sarà anche il rapporto sul lavoro presentato oggi, che si presta però a più utilizzi. L’economia americana a settembre ha creato infatti 136.000 nuovi posti di lavoro, meno delle attese che erano di circa 145.000. Il tasso di disoccupazione però è sceso al 3,5%, il livello più basso dal 1969, cioè da 50 anni, un record che fa esultare Donald Trump. Infine i salari orari, utili per valutare le pressioni inflative, sono diminuiti di 1 centesimo dopo aver messo a segno un guadagno di 0,11 dollari il mese precedente; le previsioni erano per un +0,2%.
In Italia intanto l’attenzione è concentrata sulla manovra di bilancio e sui malumori nella maggioranza, mentre dall’Istat arriva la notizia che nel secondo trimestre del 2019 il pil è aumentato dello 0,1% sia rispetto al trimestre precedente sia su base annua. Meglio della stima diffusa a fine agosto, che dava un pil fermo a livello congiunturale, con una variazione nulla, e in calo dello 0,1% in termini tendenziali.
Nel trimestre l’indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche in rapporto al pil è stato pari all’1,1%, dall’1,3% del 2018. Complessivamente, nei primi due trimestri del 2019, il rapporto deficit-pil è risultato pari al 4%, in calo rispetto al 4,2% del corrispondente periodo dell’anno prima. Si tratta del dato semestrale migliore dal 2000, ovvero da 19 anni. Sale invece la pressione fisale, al 40,5%, in aumento di 0,3 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
La situazione non influisce molto sul mercato del debito, con lo spread fra decennale italiano e tedesco poco mosso a 141 punti base (+0,66%) e il rendimento del Btp a +0,82%, ma dopo essere sceso anche sotto quota 0,8% nel corso della seduta.
In Piazza Affari oggi risultano sotto pressione alcuni titoli finanziari che hanno arginato le perdite nei giorni scorsi. In primo luogo Banco Bpm, -5,57%, su cui gli investitori vanno all’incasso dopo le speculazioni su un possibile matrimonio con Ubi -2,61%. Fra i titoli peggiori ci sono anche Unipolsai -1,22%; Bper -0,91%; Unipol -1,27%; Mediobanca -0,45%, quest’ultima nonostante i rumors di stampa che indicano la Delfin di Leonardo Del Vecchio pronta a salire fino al 20% di Piazzetta Cuccia.
In controtendenza Monte dei Paschi, +2,73%, con la notizia di una trattativa con la Commissione europea sulla cessione di una quota di crediti deteriorati per circa due terzi del totale, in vista della ricerca di un acquirente in scadenza a fine anno. Fra le big cap in fondo al listino Pirelli -2,68% e Recordati -1,29% (quest’ultima penalizzata dalla raccomandazione “underperform” di Credit Suisse).
Regina del Ftse Mib è invece Stm +3,2%, in scia alle indiscrezioni arrivate dall’Asia secondo cui Apple avrebbe chiesto ai fornitori di aumentare la produzione dell’iPhone 11. Bene Diasorin +2,79%.
In ripresa Campari +1,83% e le utility: A2a +1,62%; Hera +1,5%; Terna +1,4%. Colpo d’ala del made in Italy con Ferrari +1,79% e Moncler +1,34%.