Nessuno si salva da solo e la Ue mette in campo una proposta da 750 miliardi per il Recovery Fund, in parte a fondo perduto per fronteggiare i danni da pandemia e aiutare i paesi più colpiti. Piazza Affari festeggia? Si, no, forse. Le borse globali sono miste oggi e Milano archivia una seduta di forti emozioni, che finisce con un saltino: +0,3%, a 17.910 punti base. Il Ftse Mib aveva preso slancio dopo la proposta di Ursula von der Leyen di un Recovery fund da 750 miliardi, di cui l’Italia sarebbe la massima beneficiaria con una quota di quasi 82 miliardi a fondo perduto (e 91 di prestiti). A stretto giro di posta però è arrivato lo stop dei paesi del Nord: ”Le posizioni sono lontane e questo è un dossier che richiede l’unanimità, quindi i negoziati richiederanno tempo. E’ difficile pensare che il risultato finale di quei negoziati sarà la proposta che vediamo oggi”, dicono fonti diplomatiche olandesi. Angela Merkel vede “trattative difficili all’orizzonte”, anche se alla fine si arriverà un accordo. L’obiettivo è di permettere al fondo di entrare in forza a partire dal 1° gennaio 2021. Insomma tempi lunghi ed esito incerto, così Milano ha pian piano eroso il rialzo (+2%) fino a girare in calo, per poi tonare positiva grazie soprattutto alle banche. Resta perplesso anche l’euro, che dopo aver superato 1,1 nel cambio con il dollaro ora è di nuovo a 1,096. Bene invece il secondario italiano: lo spread fra Btp 10 anni e Bund di pari durata chiude a 190 punti base (-3,96%); il rendimento del titolo tricolore arretra a +1,48%.
Più tonico il resto d’Europa, ma leggermente sotto i massimi di seduta: Francoforte +1,3%; Parigi +1,8%; Madrid +2,33%. Fuori dalla zona euro Londra +1,29%.
Oltreoceano è contrastata Wall Street. Il Dow Jones è in frazionale rialzo, ma il Nasdaq è in ribasso, a causa di vendite di titoli delle grandi aziende tecnologiche. Facebook e Twitter perdono rispettivamente il 3,15% e il 4%, dopo che Donald Trump ha minacciato di chiudere i social media visto che Twitter ha segnalato ai suoi utenti di verificare le informazioni presenti nei cinguettii del presidente. Inoltre l’ottimismo sulla ripresa dopo gli effetti del lockdown, lascia spazio oggi alle preoccupazioni per i rapporti sempre più tesi fra Usa e Cina e per la situazione di Hong Kong. Il petrolio lascia sul campo parte di quanto guadagnato nelle ultime sette sedute: il Brent cede il 4,2% e scende a 34,65 dollari al barile. Cauto l’oro, che si muove poco sopra 1697 dollari l’oncia.
Molte e importanti sono le blue chip che oggi mettono a segno dei bei rialzi a Milano, a partire dalle grandi banche. Unicredit +4,68% è il titolo migliore. Si apprezzano inoltre Mediobanca +4,08%; Bper +3,63%; Intesa +2,48%.
Atlantia, +3,66%, è in ottima forma anche se Reuters scrive che il vertice di questa mattina a Palazzo Chigi è terminato senza che le forze di maggioranza abbiano fatto passi avanti nella partita sulla revoca della concessione ad Autostrade.
Il settore auto è ben comprato in Europa, con le misure a sostegno. Pirelli +3,3%; Fca +2,81%. Sale Buzzi +2,16%. Fra i titoli petroliferi Eni +2,13%.
Le vendite travolgono Diasorin, -12,8%, che aveva volato in questi mesi sulle ali dei test rapidi per il cronavirus.
Sprofonda anche Nexi -7,84% (14,105 euro per azione), appesantita dal collocamento dell’8,8% del capitale da parte del socio di riferimento Mercury Uk al prezzo di 14,2 euro. A tenere alta l’attenzione sul titolo è tuttavia sempre l’ipotesi di una fusione con Sia che creerebbe un campione nazionale nel settore di riferimento ad alta crescita.
Male Stm -5,32%, Amplifon -3,71%, Prysmian -2,99%.
Fuori dal paniere principale sale Rcs +6,53% dopo la decisione del tribunale arbitrale di Milano che ha stabilito che i contratti di cessione del quartier generale a Blackstone nel 2013 siano validi ma ha ritenuto che il comportamento dell’acquirente potrebbe dare luogo al risarcimento del danno. Balza anche la controllante Cairo Comunication (+3,23%). Il broker Banca Imi spiega che “la possibilità di un risarcimento è una buona notizia per Rcs”, pur sottolineando che l’esito finale della disputa resta ancora incerto.