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Borsa: fioccano Opa e delisting, Piazza Affari perde quasi 50 miliardi di capitalizzazione nel 2022

Imagoeconomica

A Piazza Affari si moltiplicano gli addii. Da gennaio a dicembre sono state 25 le offerte pubbliche d’acquisto con conseguente delisting, tre delle quali – pesantissime – solo nel mese di dicembre. A fare più rumore è stata senza dubbio l’uscita di Atlantia, che venerdì scorso ha lasciato la Borsa di Milano dopo 35 anni di permanenza in seguito all’accordo tra Edizione, Blackstone e Fondazione Crt. Al momento dell’addio, la capitalizzazione della holding della famiglia Benetton era pari a quasi 19 miliardi di euro. 

Le tre opa di dicembre 

Se non fosse abbastanza, a dicembre sono state lanciate altre tre Opa di peso per un totale di 750 milioni di euro di capitalizzazione: quella di De Agostini e della famiglia Drago sull’ormai ex regina dei dividendi Dea Capital, quella di Credem su Finlogic e quella di Alpha Private Equity e Peninsula Investments su Prima Industrie

Volendo guardare il bicchiere mezzo pieno, però, dicembre non sarà solo un mese di addii. Dopo il debutto di Erredue avvenuto il 6 dicembre, altre 3 società sbarcheranno a Piazza Affari entro la fine dell’anno. Si tratta di Saccheria Franceschetti, società attiva nel packaging industriale in tessuto di rafia di polipropilene, Impianti, attiva come System Integrator nei settori ICT & Audio/Video, ed E-Novia, azienda che costituisce e sviluppa società innovative nelle aree robotica veicolare, robotica industriale e robotica indossabile. 

Gli altri addii alla Borsa di Milano

È lungo l’elenco delle società delistate nel corso dell’anno. C’è Banca Finnat, che ha lasciato la Borsa dopo 80 anni, ma ci sono anche società più “pesanti” come Autogrill (2,5 miliardi di capitalizzazione), Cattolica Assicurazioni (1,5 miliardi), Cerved (2 miliardi), Falk Renewables (2,8 miliardi).

E le Ipo? Sono in tutto 28, tra le quali spiccano quelle di Iveco e Technoprobe. Il totale dovrebbe aggirarsi intorno ai 5 miliardi di capitalizzazione.

“Osserviamo ciclicamente fenomeni di delisting su tutte le borse, europee e non solo. La maggior parte degli asset finanziari, incluse le azioni, ha subito un forte re-pricing nel corso del 2022 dovuto prevalentemente a fattori macroeconomici e geopolitici, creando un contesto favorevole a offerte pubbliche finalizzate al delisting»” ha spiegato il Ceo di Borsa Italiana Fabrizio Testa a Milano Finanza. Ogni uscita dalla Borsa “è una storia a sé. I delisting sono parte del normale ciclo di vita e sviluppo di un’azienda e sono fisiologici sul mercato. Se guardiamo al loro numero, quest’ anno non sono di più di quelle avvenute negli anni passati”. 

Nel 2022 persi quasi 50 miliardi di capitalizzazione

Per il Ceo di Borsa Italiana, insomma, non c’è nulla di cui preoccuparsi, ma se si guardano i numeri il peso dei molteplici addii aumenta in modo preoccupante. Il 2022 si chiuderà infatti con 33 miliardi in meno di capitalizzazione dovuti a opa e delisting. Se a questa cifra aggiungiamo anche il trasloco di Exor – con 15 miliardi di market cap – da Milano ad Amsterdam, si arriva a oltre 48 miliardi di capitalizzazione evaporati in un solo anno su un totale di 695 miliardi.

Resta (per ora) Tod’s

Per il momento invece rimane dov’è Tod’s. Venerdì, a mercati chiusi, la famiglia Della Valle ha annunciato di aver deciso di non avanzare la richiesta di procedere con la fusione mediante incorporazione della società di moda in DeVa Finance, rinunciando quindi al delisting. La scelta è stata motivata con la volontà di tenere conto del parere del mercato che ha ritenuto non adeguato il prezzo di 40 euro per azione offerto con l’Opa lanciata ad agosto e andata fallita, con adesioni rimaste sotto la soglia del 90% (all’86,95% considerando le azioni in mano a Lvmh). Questa mattina, dopo l’annuncio, il titolo Tod’s cede il 3,1% a 32,38 euro per azione.

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