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Borsa, Fca dribbla le polemiche e vola con Ferrari

Le polemiche sollevate a sinistra sulla garanzia pubblica di Sace al prestito di Intesa per gli stabilimenti italiani di Fca e le Pmi dell’automotive non frenano la corsa del titolo in Borsa, a cui si accoppia anche Ferrari, ma non Exor

Prendono il volo a Piazza Affari i motori del gruppo Agnelli, ma segna il passo Exor, ancora tramortita dalla rottura delle trattative per la vendita di Partner Re. Le polemiche sulle garanzie pubbliche chieste da Fca al governo italiano sulla linea di credito a favore delle attività italiane della multinazionale – prima azienda manifatturiera privata nel Bel Paese, dove conta 55 mila addetti – non hanno frenato la corsa del titolo, su del 4,1 per cento circa alle 12, del tutto impermeabile alla rinuncia al dividendo, scelta obbligata per aver diritto alla garanzia fornita da Sace, l’agenzia italiana per il credito all’export. Del resto, per restare nell’ambito della scuderia, avanza anche Ferrari (+2,5%), sostenuta dagli acquisti di Third Point, il grande investitore Usa.

Il mercato ha preso atto con favore che stavolta quello che Sergio Marchionne definiva “il pregiudizio negativo dell’Italia verso Fiat” non dovrebbe pregiudicare un’operazione a vantaggio del settore automotive che, tra l’altro, promette di essere replicata in altre filiere della manifattura italiana. In sintesi, la linea di credito da 6,3 miliardi da attivare con Intesa Sanpaolo (durata 3 anni) servirà esclusivamente a supportare la filiera automotive, composta da almeno 10 mila aziende di varia dimensione che così potranno disporre di liquidità, merce tanto rara quanto preziosa in questi frangenti.

Cadono nel vuoto gli spunti polemici, a partire dalla richiesta di “rientro in Italia” di Fca quale presupposto per poter accedere ai benefici del decreto. In realtà, la richiesta è stata avanzata da una società italiana al 100%, domiciliata in quel di Mirafiori. Altra cosa è la sede legale della holding industriale, domiciliata in Olanda per sfruttare le opportunità in materia di governance garantite dalla legge di Amsterdam, o la sede fiscale, sita a Londra (che non è un paradiso fiscale) con benefici per gli azionisti. È questa la filosofia della risposta del premier Giuseppe Conte, che ha riconosciuto che la richiesta riguarda “fabbriche italiane, che producono in Italia e occupano tantissimi lavoratori”. Sulla stessa onda le reazioni sindacali. “La richiesta – replica secco Marco Bentivogli, numero uno della Fim Cisl – non è affatto un regalo e sovrapporlo con il fatto che l’azienda ex Fiat ha la sede in Olanda significa solo fare populismo da salotto. Anche se non si dovrebbe far capo ad un Paese che pratica il dumping fiscale a danno di altri Paesi Ue”.

Per quanto riguarda Fca italiana, però, il problema riguarda il riavvio di fabbriche e investimenti, nonché l’appuntamento ormai vicino del matrimonio con Psa: in quale misura l’epidemia rischia di danneggiare la fusione con il grippo transalpino? I vertici dei due gruppi al proposito ostentano sicurezza. Anche se le novità dovrebbero incidere sui rapporti di concambio. L’ottenimento della garanzia dovrebbe in particolare vietare anche la distribuzione di dividendi, inclusa la cedola straordinaria della fusione con Psa che gli accordi iniziali vedevano a 5,5 miliardi.

Inoltre, bisogna vedere se Peugeot intenderà procedere comunque allo spin-off di Faurecia, scelta che implica per Fca la distribuzione di un dividendo extra pari a 2,8 miliardi o 1,79 euro per azione.

Altre novità, infine, possono arrivare da Parigi. Stamane il ministro dell’Economia Bruno Le Maire ha annunciato l’arrivo, entro 15 giorni, di incentivi all’acquisto di auto elettriche da parte del governo francese.

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