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Borsa elettrica, il Brasile entra a far parte dell’European Energy Exchange: cos’è e cosa significa

Pixabay

La Borsa europea dell’energia (European Energy Exchange) sbarca in Sudamerica, per la precisione in Brasile, prima economia dell’area e sesto mercato del mondo per consumo di elettricità, con quasi 600 terawatt nel 2022, oltre che settimo produttore, con una capacità installata di oltre 190 gigawatt, di cui una grandissima parte, il 93%, derivante da fonti di energia rinnovabile.

La notizia era già ufficiale dall’anno scorso, ma il debutto del Paese sudamericano nell’indice che ad oggi opera in 21 Paesi tra Europa, Stati Uniti e Giappone, è finalmente arrivato: avverrà nel mese di giugno attraverso N5X, la joint venture costituita ad hoc tra Nodal Exchange, indice dei derivati dell’European Energy Exchange, e L4 Venture Builder, un fondo di investimento legato all’indice di riferimento della Borsa brasiliana, l’Ibovespa di San Paolo.

A Lipsia la più grande Borsa dell’energia elettrica del mondo

L’European Energy Exchange ha sede a Lipsia, in Germania, ed è la più grande Borsa dell’energia elettrica del mondo: è una piattaforma che si occupa di sviluppare, gestire e collegare mercati sicuri, liquidi e trasparenti per l’energia e i prodotti correlati, compresi i contratti derivati, le quote di emissione, i prodotti agricoli e il trasporto merci.

Il mercato energetico brasiliano, dalle dimensioni non indifferenti per via della presenza di colossi del settore come Petrobras, ma non solo, entra dunque a tutti gli effetti nei meccanismi finanziari internazionali legati all’energia, che forniscono strumenti in grado di fungere da “copertura” contro le fluttuazioni dei prezzi e l’imprevedibilità della produzione dovuta ai cambiamenti climatici. In questo modo la Borsa europea potrà accogliere un nuovo player come il Brasile, che a sua volta ne beneficerà per scambiare in maniera più strutturata l’enorme quantità di energia che produce.

L’apporto del Brasile

“Ad oggi – ha commentato la Ceo di N5X, Dri Barbosa – il fatturato in Brasile è 4,7 volte il volume di energia negoziata nei contratti in rapporto ai consumi, mentre nel resto del mondo il benchmark è 10 volte. Esiste quindi l’opportunità realistica di scambiare un volume maggiore”. Tra i gruppi che aderiscono a questa prima fase sperimentale ci sono grandi player locali come Raízen, terza compagnia energetica brasiliana per fatturato (si occupa di trasformazione dello zucchero in etanolo), Assaí Atacadista e soprattutto, come detto, Petrobras, il colosso petrolifero da 100 miliardi di euro di fatturato, di cui lo Stato è primo azionista con quasi il 29% del capitale. Petrobras è peraltro in una fase delicata, con l’interferenza politica del governo Lula che vorrebbe limitarne la generosità con i dividendi, la sfida della transizione energetica e i continui cambi al vertice: pochi giorni fa è stato allontanato il Ceo Jean Paul Prates proprio per dissapori con Lula, e al suo posto è arrivata Magda Chambriard.

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