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Borsa e investimenti: “Cosa fare con l’America?” I consigli dello strategist Alessandro Fugnoli (Kairos)

Imagoeconomica

Nella seduta di mercoledì la Borsa Usa ha finalmente rialzato la testa dopo alcune sedute molto difficili, ma il dubbio si è ormai insinuato nella testa di moltissimi investitori: dato tutto ciò che sta succedendo, date le intemperanze giornaliere di Trump, date le incertezze esistenti sull’economia a stelle e strisce, “cosa fare con l’America”? Conviene ancora investire negli Usa o è meglio emigrare su altri, più sicuri, lidi? E nel caso in cui la risposta fosse sì, quali?

A queste domande risponde la puntata di marzo 2025 del podcast “Al 4° piano” con Alessandro Fugnoli, strategist di Kairos Partners SGR.

La fine dell’impero d’Occidente

Per descrivere la realtà attuale, Fugnoli scomoda addirittura gli imperi e le diverse fasi della loro vita. “C’è una fase – spiega – in cui quello che sembrava solido e invincibile appare caduco e fragile”. È accaduto con l’impero austroungarico, con quello ottomano, con l’Unione Sovietica. Ebbene, “nell’anno di grazia 2025, “l’impero di Occidente, guidato dall’America ritorna Stati Uniti”, afferma l’economista.

E se ciò che sta accadendo nel corso delle ultime settimane (Trump è tornato al potere da meno di due mesi) ricorda la parabola di alcuni imperi, secondo Fugnoli “Trump fa pensare a quegli imperatori romani, come Diocleziano, impegnati ad arrestare il degrado dei conti pubblici o a decentralizzare un impero troppo esteso per poterlo difendere meglio, ritirandosi anche da qualche provincia lontana”. Una realtà ben visibile sulla questione del dollaro. Il presidente Usa, spiega lo strategist di Kairos, “vuole assolutamente mantenerne il ruolo di valuta di riserva, ma non a discapito della competitività di un’America che cerca di reindustrializzarsi. L’indebolimento del dollaro già iniziato, quindi, proseguirà e i momenti di forza, legati agli annunci di introduzione di nuovi dazi, andranno utilizzati per alleggerire l’esposizione”.

Ad essere ridimensionato e capovolto, sarà inoltre lo schema per cui gli Usa immettevano nella loro economia, attraverso  l disavanzo pubblico, grandi quantità di dollari che finivano all’estero in cambio di prodotti e venivano poi riciclati nel mercato finanziario americano. “Con l’America che si accinge a risparmiare ed Europa e Cina che si mettono a spendere, i flussi che si indirizzavano verso gli Stati Uniti hanno preso a correre verso Europa e Cina”, conclude Fugnoli.

Cosa sta succedendo in Borsa

Al processo che abbiamo appena descritto, contribuiscono le valutazioni azionarie “elevate in America e più basse nel resto del mondo e, ancora di più, il posizionamento, commenta l’economista nel suo podcast, sottolineando che “Il mondo scopre di avere troppa America in portafoglio, la tesi per cui l’innovazione tecnologica era monopolio americano regge meno di prima e tutti cercano ora di riequilibrare l’allocazione geografica e quella settoriale”.

A questo punto, per Fugnoli, “l’unica area in cui l’America può continuare a fare non solo bene, ma anche meglio degli altri, è quella obbligazionaria”, con i Treasuries lunghi che con ogni probabilità faranno meglio dei Bund, quanto meno per quest’anno.

 “Un’atmosfera di fine impero è anche un segnale di liberi tutti. Se fino a oggi tutti gli asset del mondo si muovevano insieme, tutti su o tutti giù nello stesso momento, da qui in avanti ognuno farà storia a sé. Ritorna, insomma, l’allocazione attiva, che ha molto più spazio di prima per battere i semplici portafogli passivi”.

Lo strategist consiglia però di non esagerare. “Così come l’impero è ridimensionato, ma non terminato, così è difficile che un’America in bear market possa ritrovarsi fianco a fianco con un resto del mondo in pieno rialzo”, dice, aggiungendo che “se l’azionario americano dovesse concludere l’anno in declino, qualche effetto negativo sarebbe visibile anche sugli altri mercati”.

Borse e investimenti: cosa fare con l’America?

Si torna così alla domanda iniziale: “cosa fare con l’America”? Prima di arrivare a una risposta bisogna considerare due fattori: il primo è che, nonostante l’incertezza creata da Trump, “non ci sono ragioni per ipotizzare una recessione nell’orizzonte prevedibile. La crescita americana sarà per quest’anno più bassa, probabilmente tra l’uno e il due per cento, ma non in modo preoccupante”.  In secondo luogo, “l’innovazione tecnologica continuerà ad arrivare più probabilmente dall’America e dalla Cina che non dall’Europa”. 

“In sintesi, questo appare l’anno ideale per essere sovrappesati di Europa e sottopesati di America, ma questo non significa ancora che i rapporti di forza si siano spostati per sempre in modo decisivo”, conclude Fugnoli.

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