Piazza Affari annusa aria di battaglia su Mediobanca, premiata da un rialzo nell’ordine del 7% dopo la richiesta alla Bce di Leonardo Del Vecchio dell’autorizzazione per superare la soglia del 10% ed arrivare fino al 20% dell’istituto nonostante la ferma opposizione di Alberto Nagel. Sale anche seppur in maniera più contenuta Generali +3,16%, il vero oggetto della contesa: se Del Vecchio, forte del 4,7% di partecipazione nel Leone diventasse l’unico azionista di riferimento di piazzetta Cuccia, che controlla il 13% circa della compagnia, il re degli occhiali potrebbe mettere una seria ipoteca sui destini della compagnia che è, tra l’altro, uno dei principali scrigni in cui gli italiani, tramite le polizze vita e i fondi, custodiscono i propri risparmi. Anche per questo il mondo politico ha già fatto sentire la sua voce, anticipando eventuali sortite all’insegna dell’italianità, che pur paiono bizzarre alla luce del fatto che Del Vecchio, 84 anni, è milanese purosangue, così come i suoi sei figli (nati da tre matrimoni) mentre il consulente finanziario dell’operazione è nientemeno che l’ex ministro dell’Economia Vittorio Grilli.
Ma il sospetto è avvalorato dai precedenti di mister Luxottica. Sia nel caso di Foncière des Regions, confluita dopo l’acquisto nell’impero immobiliare dell’ex Martinitt, sia in occasione della fusione tra Luxottica ed Essilor, Del Vecchio ha prima rafforzato la sua quota azionaria per poi procedere a nozze con un partner francese da una posizione di forza. La strategia, è il sospetto, potrebbe essere replicato in occasione di un’integrazione con Axa che, peraltro parte da un valore di mercato più che doppio di Generali. Considerazioni ipotetiche e, almeno per ora, fantasiose, anche perché un conto è la leadership in un settore industriale, altro è il controllo di una delle stanze dei bottoni più influenti, qual è la banca d’affari italiana per eccellenza. Senza peraltro tacere le criticità più evidenti: l’età dell’imprenditore, arrivato alle 84 primavere senza aver predisposto una linea di successione nota ai mercati; l’assenza di una tradizione di governance condivisa, amplificata dalla limitata esperienza nel settore, sottolineata dal commento di Citigroup che prevede volatilità sul titolo “finché non saranno chiari gli obiettivi”.
Morgan Stanley, dopo aver rilevato che il parere di Francoforte via Banca d’Italia arriverà probabilmente solo a settembre sottolinea che la presenza di un socio industriale al 20% sarebbe fonte di “incertezze per l’istituto”. Gli ostacoli, insomma, non mancano ma a favore del piano congiurano sia il livello infimo delle quotazioni (6,20 euro, contro 11 euro circa di fine ottobre) che l’aria di novità che circola nel sistema: da una parte la battaglia attorno ad Ubi, dall’altra, sotto la spinta delle autorità Ue, il varo della bad bank per Mps. Il tutto sotto l’influsso delle novità previsto dal piano sul recovery fund, denominato “Next Generation EU” che serve a risvegliare gli spiriti dormienti del capitalismo nostrano. In questa cornice non si può non apprezzare l’intraprendenza di un grande imprenditore, pronto a rischiare e rimettersi in gioco con lo spirito di un ragazzo.