La maledizione della Champions League insegue la Juventus anche sulla rete virtuale di Piazza Affari. Stamane il titolo del club bianconero, come prevedibile, è stato fin dalle prime battute sotto il tiro dei venditori, lasciando sul terreno fino all’11% ad un minimo di 0,814 euro. In cifre, il valore di Borsa della società, che capitalizza poco più di 1,2 miliardi di euro, si riduce di 110 milioni abbondanti, molto di più dei 20 milioni di mancati introiti per il fallito ingresso nei quarti di finale di Champions. Ma l’ingresso nell’Olimpo del calcio europeo poteva fruttare assai di più se la squadra avesse superato gli ostacoli fino alla conquista della Coppa dalle lunghe orecchie. Senza quantificare il danno in termini di prestigio e di ritorno commerciale per il club bianconero, oltre ai mancati introiti per i diritti tv.
Lo shock, prevedibile, è parzialmente rientrato nel corso della seduta. Alle 12 la perdita si è ridotta al 6,65% per un valore unitario di 0,862 euro, anche grazie al l’appeal del nome di Andrea Pirlo, chiamato alla ricostruzione dopo l’era Sarri. Il club, che riunirà il cda il18 settembre prossimo per l’approvazione della relazione finanziaria annuale, affronta su queste basi la campagna di rafforzamento della squadra. Finora, in questa stagione, la Juve ha ceduto diversi giocatori giovani a cifre elevate come Eric Lanini, classe ’94, passato per due milioni al Parma o Simone Muratore, ceduto all’Atalanta dopo l’esordio in Serie A per 7 milioni.
Se la Juventus non ride, la situazione borsistica della Roma lascia prevedere una prossima uscita dei giallorossi da Piazza Affari. Le azioni non riescono ad aprire e segnano un prezzo indicativo di 0,31 euro dalla chiusura di venerdì a 0,40 euro, in forte calo rispetto alle quotazioni segnate prima della cessione da parte di James Pallotta: il prezzo di vendita del club pari a 591 milioni di euro sta penalizzando le azioni del club avviato a un probabile se non scontato delisting.
La pattuglia dei club quotati (il terzo è la Lazio, stamane in lieve progresso) rischia perciò di assottigliarsi a pochi giorni dall’assemblea della lega del 24 agosto che dovrà decidere quale sia il miglior modo per commercializzare i diritti del calcio in tv. O la nascita di un canale della Lega, oppure la creazione di una jv con un fondo di private equity oppure un accordo a debito con un partner finanziario. Un passaggio chiave per il futuro di un movimento che, come si ricava dal recente Report Calcio 2020, conta oltre 32 milioni di tifosi, 1,4 milioni di tesserati e 3,8 miliardi di euro, con una contribuzione fiscale e previdenziale superiore al miliardo di euro. Insomma, un impatto economico di 3,1 miliardi, per un’incidenza sul Pil nazionale arrivata allo 0,22%, dallo 0,16% del 2014. Numeri imponenti all’apparenza. Ma che celano il peggioramento (-83,9%) del risultato netto nella stagione 2018/19, che si è chiuso con una perdita di 395 milioni. Come se non bastasse, è peggiorato ulteriormente l’indebitamento complessivo del calcio professionistico, che nel 2018-2019 ha superato la soglia di 4,6 miliardi (+9,3%), quasi tutti riconducibili alla Serie A.
In questa cornice la notizia positiva arriva dall’Atalanta. A pochi giorni dal confronto con il Paris Saint Germain il club ha sottoscritto un accordo di sponsorship con Intesa Sanpaolo che così valorizza il suo recente approdo in Ubi. La banca di Carlo Messina e di Gaetano Miccché (già presidente della Lega, oggi alla guida di Ubi in attesa della fusione) investirà tra l’altro 40 milioni nello stadio della Dea.
Banco Bpm è diventato invece lo sponsor di maglia della prima squadra femminile del Milan.