La quotazione in Borsa rappresenta da sempre la “grande opportunità” per le aziende che hanno ambizione di crescere. Non soltanto per raccogliere capitali di rischio che non bisognerà mai restituire a chi li ha sottoscritti, ma anche perché è una vetrina nella quale l’impresa si propone agli occhi anche di tutti gli altri: fornitori, clienti, opinione pubblica, altre aziende, investitori istituzionali, banchieri e consulenti. Ma come quotarsi in Borsa?
Non tutte le società possono però risultare appetibili per gli investitori e di conseguenza possono passare l’”esame” delle autorità di vigilanza. Occorre innanzitutto esporre una bella “equity story”, cioè prospettare una strategia vincente che lasci presumere la crescita di valore, una gestione trasparente oltre che un impiego intelligente e ottimale delle risorse che l’impresa raccoglierà sul mercato.
Ovviamente non sono molte le imprese che risultano già pronte per la quotazione: in molti, moltissimi casi ci sono tutte le potenzialità che servirebbero ma vanno opportunamente espresse e il management va opportunamente preparato per mostrarsi all’altezza degli obiettivi dichiarati, perché all’atto pratico l’operazione di IPO (initial public offering) funzioni. E qui interviene una figura centrale nel processo di quotazione, che apparentemente non risulta essenziale nei ruoli previsti per adempiere a tutti i passaggi, ma che in realtà rappresenta l’”abilitatore” del processo e che vigila costantemente sulla qualità dei lavori in corso.
Le 4 “diligences” per quotarsi in Borsa
È vero, infatti, che per andare a quotarsi in borsa le aziende devono superare le famose 4 “diligences” (quella legale, quella fiscale, quella contabile e quella di business, per ciascuna delle quali bisogna incaricare dei professionisti tra coloro che risultano “accettati” nell’ambiente di Borsa). Ma gli imprenditori devono anche poter reclutare una banca o una Società di Intermediazione Mobiliare per coprire i ruoli di Euronext Advisor (chi vigila per conto delle autorità di Borsa), di “global coordinator” (chi colloca i titoli), e di “specialist” (chi si impegna a fare mercato sui titoli quotati). E soprattutto devono poter attrarre gli investitori (tra i quali alcuni necessariamente istituzionali), esprimere il più elevato valore aziendale possibile, e presentarsi capaci di proseguire nel percorso di crescita anche negli anni successivi alla quotazione.
Un buon advisor e una strategia di comunicazione
Già da queste considerazioni si può comprendere che il mettere insieme un “dream team” adeguato ai compiti da assolvere non è proprio così immediato. L’esperienza di un buon advisor per la quotazione può aiutare moltissimo, tanto nel valutare la qualità dei soggetti quanto nel limitarne il costo al minimo possibile. Ma c’è di più: per riuscire ad andare in Borsa nel modo migliore non basta “barrare le caselle” degli adempimenti previsti, bensì occorre esprimere una vera e propria strategia di comunicazione, capace di centrare l’incontro tra le prospettive di sviluppo aziendale e le esigenze di chi investe, che variano parecchio a seconda del momento di mercato. Cosa che rende davvero utili poter avere dalla propria parte degli advisor qualificati.
Quotarsi in Borsa: tempistiche
La tempistica per poter sbarcare sul listino di Piazza Affari si può dunque comprendere che non è brevissima: si va da un minimo di 4-5 mesi per le aziende campionesse del mondo capaci di risultare praticamente già pronte, sino ad un massimo di 12-15 mesi per quelle che invece non dispongono ancora di alcun sistema di controllo gestionale, e che devono innanzitutto prepararsi iniziando a scrivere un ”piano industriale” (alla base di ogni altro documento aziendale) e contemporaneamente devono iniziare ad ottenere la prima certificazione di bilancio.
Un buon motivo per rivedere la propria organizzazione aziendale
Non tutti i mali però vengono per nuocere, poiché molto spesso gli imprenditori che si avventurano su questo cammino ne approfittano per rivedere profondamente la propria organizzazione aziendale, l’impostazione del modello di business, e talvolta persino la strategia di mercato e le fonti di acquisizione delle materie prime, dei semilavorati e delle lavorazioni esterne. Per non parlare della quasi certa revisione che interverrà a seguito della suddetta preparazione nei campi della strategia finanziaria, o dell’altrettanto probabile revisione e ottimizzazione del capitale circolante netto che capita dopo aver esaminato approfonditamente le tematiche di valutazione. Non sono nemmeno da escludere riflessioni (conseguenti alla revisione del piano industriale) che riguardano una più attenta valutazione dell’effettiva opportunità di procedere con determinati investimenti, che siano produttivi, di marketing o tecnologici.
Quotarsi in Borsa? Percorso faticoso ma pieno di opportunità
Insomma, il percorso che può portare le imprese alla quotazione in Borsa rischia di essere molto faticoso ma carico di possibili risultati “collaterali” derivanti dall’importante setaccio che le procedure per la quotazione impongono alle imprese e ai loro sistemi interni di gestione, governance e revisione delle performances. Per non parlare infine dell’utilissimo confronto, quando si arriva in fondo a parlare con i possibili investitori nei cosiddetti “road show” o nelle fasi immediatamente precedenti, tra imprenditore e investitori terzi, le cui domande spesso rappresentano un momento di elevatissima consulenza strategica, che deriva dal fatto che gli investitori, nel valutare l’opportunità, si pongono dalla stessa parte dell’imprenditore per comprendere se ne condividono le strategie!
Con queste righe ovviamente non possiamo consigliare a tutte le imprese che possono vantare aspettative di crescita di quotarsi in Borsa. Ma sicuramente il percorso di avvicinamento all’obbiettivo aiuta moltissimo le imprese a rimettersi in discussione, e a educarsi ad avviare un dialogo con il mercato dei capitali, anche solo per emettere bond o per studiare fusioni e acquisizioni.