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Borsa chiusura 13 gennaio: Big Tech Usa sotto pressione e Wall Street azzera l’effetto Trump ma petrolio e dollaro corrono

Imagoeconomica

La settimana finanziaria europea si apre con una seduta in rosso sia per l’azionario sia per l’obbligazionario, con la ripresa dei prezzi dell’energia che allarma sul lato inflazione e conseguentemente su quello della politica monetaria. Sui cambi è ancora superdollaro, mentre volano i prezzi del petrolio e del gas.

Così Piazza Affari perde lo 0,83%, arretra a 34.799 punti base e chiude la seduta un po’ peggio di Amsterdam -0,56%, Francoforte -0,4%, Londra -0,31%, Parigi -0,3%, Madrid -0,3%.

Si allarga lo spread Btp-Bund, ma i Gilt vanno a picco

Sul secondario sale anche lo spread tra decennale italiano e tedesco, con i rendimenti orientati al rialzo in tutta Europa. Il differenziale tra i due benchmark è oggi a 124 punti base, da 121 di venerdì scorso e tassi rispettivamente al 3,83% (dal 3,76%) e al 2,59% (dal 2,57%). Salgono i rendimenti della carta italiana anche sul primario nell’asta del Tesoro per Btp a 3 e 7 anni per complessivi 5,75 miliardi di euro.

Il quadro della zona euro è ancora roseo rispetto alla situazione britannica: il Gilt decennale vede infatti il rendimento avvicinarsi al 5% (4,933) e lo spread allargarsi oltre i 235 punti base. Sulla carta inglese pesa ancora la diffidenza del mercato sulla capacità del governo di tenere in ordine i conti, in un quadro di economia in affanno e inflazione persistente. Cercando di allentare queste tensioni il primo ministro Keir Starmer ha ribadito oggi che La Gran Bretagna si atterrà alle regole fiscali stabilite nella manovra di ottobre della ministra delle Finanze Rachel Reeves.

Wall Street contrastata, ma T-Bond alle stelle  

A indurre cautela in Europa è inoltre l’andamento negativo di Wall Street, che ha visto anche oggi un’opening bell stonata, prendendo poi un andamento contrastato, con il DJ in timido rialzo e il Nasdaq in netto ribasso. Mentre Los Angeles continua a bruciare e gli Stati Uniti si preparano ad affrontare il disastro più costoso della loro storia, gli indici di New York azzerano praticamente i loro guadagni dalla vittoria di Donald Trump alle elezioni. L’insediamento dei tycoon alla Casa Bianca avverrà esattamente tra una settimana e non si sa quale potrà essere l’impatto sui mercati se verranno rispettate molte promesse elettorali a partire dall’inasprimento dei dazi in ogni direzione. 

Nell’attesa gli Stati Uniti da un lato si godono un’economia ancora molto forte, dall’altro temono che la Fed quest’anno potrà tagliare i tassi al massimo una volta o addirittura mai se invece di un atterraggio morbido l’economia continuerà a dimostrare che vola sempre più alto. A riprova è il brillante rapporto sull’occupazione di dicembre visto venerdì scorso, che carica di ulteriore peso specifico il dato sull’inflazione in uscita mercoledì.

Oggi sull’azionario si vedono ingenti vendite i titoli del settore chip e in generale su tutto il settore tech, dopo che l’amministrazione Biden ha annunciato nuove e ampie restrizioni sull’esportazione di chip avanzati per l’intelligenza artificiale prodotti da Nvidia e altre aziende, con l’obiettivo di limitare la loro vendita a paesi non alleati degli Stati Uniti. Si muovono caute le grandi banche che nei prossimi giorni daranno il via alla stagione delle trimestrali. 

A frenare la propensione al rischio inoltre sono i rendimenti dei titoli di Stato, che in un contesto di tassi che potrebbero decrescere i tempi più lunghi, vedono salire i rendimenti. Anche oggi il decennale è in leggera crescita, vicino al 4,8%.

Euro-dollaro sotto 1,02, sterlina a picco

Con Donald Trump ormai prossimo a riprendere le redini e la Fed imbrigliata dai dati il dollaro continua a rafforzarsi contro le principali valute. La traiettoria euro-dollaro sembra avviata verso la parità. Al momento la moneta unica cambia sotto 1,02 a 1,0193. 

La sterlina è ancora oggi la più penalizzata e vede una perdita dello 0,5% per un cross a 1,214. Sulla valuta inglese c’è stato un “aumento del 300% delle richieste di negoziazione perché gli hedge fund scommettono su un ulteriore calo”, spiega a Bloomberg Mimi Rushton, responsabile globale della distribuzione valutaria di Barclays.

Tra le materie prime si conferma in denaro il petrolio. I future di marzo di Brent e Wti si muovono oggi in netto progresso, con il primo che tratta oltre 81,30 dollari al barile (+1,97%) e il greggio texano a 77,45 dollari (+2,24%).  

Entrambi i contratti sono saliti del 7% circa dall’8 di gennaio, dopo che il Tesoro statunitense ha imposto sanzioni più ampie sul petrolio russo. Le nuove sanzioni riguardano i produttori Gazprom Neft e Surgutneftegaz, oltre a 183 navi che hanno trasportato il petrolio russo, prendendo di mira i ricavi che Mosca ha utilizzato per finanziare la guerra con l’Ucraina. Intanto da Mosca giunge notizia che Gazprom sta valutando di tagliare 1600 posti di lavoro nell’ufficio centrale duri san Pietroburgo per fronteggiare parte delle perdite dovute alle sanzioni.

Rialzano la testa oggi anche i prezzi del gas, con i future ad Amsterdam lanciati verso 48 dollari al Mwh.

Piazza Affari cerca di limitare i danni con Amplifon, titoli oil e banche

Piazza Affari si è difesa oggi con gli acquisti sui titoli energetici e sulle banche. Guida il listino però Amplifon +2,5%, grazie anche alla promozione a “outperform” di Intermonte.

Tra gli energetici brillano Tenaris +0,98%, Snam +0,098%, Eni +0,93%, Terna +0,11%.

Le banche guardano con maggior favore a un costo del denaro più sostenuto e salgono timidamente con Unicredit +0,75%, Bper +0,67%, Banco Bpm +0,3%.

Prudenza anche negli acquisti su Telecom Italia, +0,31%, nel giorno della sentenza del giudice sul contenzioso legale promosso da Vivendi contro la modalità con cui il Cda di Tim ha approvato la cessione di NetCo. Bene nel lusso Moncler +0,6%.

Le blue chip in maggior ribasso sono Nexi -3,85%, Prysmian -3,07%, Ferrari -2,77%, Stm -2,6%.

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