Tanta paura, ma la grande crisi sembra già alle spalle. Dopo il tracollo di lunedì, i mercati azionari, Wall Street compresa, hanno avviato un rapido recupero. L’indice Nikkei guadagna l’8%. Il cross Yen/usd segna +1% a 145,7. In Giappone, i salari reali dei lavoratori sono aumentati per la prima volta in più di due anni, smentendo il rischio recessione.
Stesso copione in Occidente: i future di Wall Street anticipano un avvio in rialzo, Nasdaq +1,7%. Anche l’Europa tenta il recupero: Piazza Affari apre in rialzo, trainata da Mps (+10%) dopo i conti sopra le attese. Svanisce il rischio recessione, una delle cause del tracollo di inizio settimana. Tre dati hanno ridimensionato la paura:
- L’andamento anomalo dell’oro, che ieri è arrivato a perdere il -3%, mentre in uno scenario del genere avrebbe dovuto salire di prezzo;
- L’andamento sopra le attese dell‘indice Ism non manifatturiero Usa, migliorato a luglio a 51,4 punti grazie all’aumento degli ordini e dell’occupazione. Il dato si è allontanato dai minimi degli ultimi 4 anni toccati a giugno;
- Le parole del presidente della Federal Reserve di Chicago, Austan Goolsbee, secondo cui i dati sull’occupazione negli Stati Uniti di venerdì non fanno pensare a una recessione, ma solo che i funzionari della Fed devono evitare di essere troppo restrittivi con i tassi di interesse.
Per spiegare il crollo non resta che la discesa anomala dello yen (-56% dal 2021), “drogata” dal momento in cui la Fed ha cominciato ad alzare i tassi, portando i Fed Funds dallo 0,25% al 5,50%, mentre la Banca Centrale giapponese ha mantenuto i tassi vicini allo zero. Una forbice che si è via via allargata, rendendo sempre più attraenti i titoli di Stato Usa rispetto a quelli giapponesi.
Causa del crollo: la discesa dello yen
In estrema sintesi, qual è stata la vera ragione del crollo delle borse? Siamo convinti che la chiave di lettura sia da indagare nello yen. Da inizio 2021 a luglio, lo yen si è svalutato del 56% contro il dollaro Usa. La discesa ha accelerato quando la Federal Reserve statunitense ha iniziato ad aumentare i tassi, con conseguente aumento dell’indebitamento in yen per comprare asset più remunerativi al di fuori del Giappone. Il fortissimo recupero delle ultime tre settimane (+12% vs Usd) deve aver costretto gli investitori più speculativi (hedge funds?) a smontare velocemente le operazioni di carry trade, molto vantaggiose solo se lo yen si svaluta, ma molto dannose se lo yen si rivaluta.
Se così fosse, la crisi potrebbe rientrare piuttosto rapidamente, perché le “operazioni di pulizia” sono estremamente dolorose, ma durano pochissimo. Per cui è bene attendere un assestamento della volatilità per tornare a guardare con serenità alle azioni.
Il dollaro consolida dopo due sedute di vendite. Ieri ha toccato quota 1,10 per la prima volta da inizio anno, quando si è diffusa la voce di una riunione d’emergenza del Federal Open Market Committee. I dati macro Usa sopra le attese di lunedì hanno parzialmente mitigato quelli negativi di venerdì: l’indice Ism non manifatturiero, per il mese di luglio, è migliorato a 51,4 dai 51 già stimati.
Il petrolio rialza la testa
Il Brent apre in rialzo dell’1,4% a causa delle preoccupazioni per l’offerta, mentre cresce la tensione in Medio Oriente, dei dati più solidi delle attese nel settore dei servizi degli Stati Uniti e del taglio alla produzione in un importante giacimento petrolifero libico di Sharara. Lunedì, almeno cinque membri del personale statunitense sono rimasti feriti in un attacco contro una base militare in Iraq, hanno riferito funzionari statunitensi a Reuters. Operatività: il cedimento della media mobile a 100 giorni (85 Usd) ha provocato un peggioramento del quadro di fondo con obiettivi di breve intorno a 77 Usd, dove si può cominciare a comprare sulla debolezza con un ottimo rapporto rischio/rendimento.
Dollaro/yen: segnali di ripresa
Lo yen è in ripresa dopo aver toccato i massimi da inizio anno nella drammatica seduta di ieri a 141,7. I vertici del Giappone hanno deciso di convocare una riunione d’emergenza. L’agenzia Kyodo riferisce che la Banca del Giappone, il Ministero delle Finanze e l’Agenzia per i Servizi Finanziari si incontrano oggi a Tokyo per scambiarsi informazioni sui mercati dei capitali finanziari internazionali. Operatività: lo yen ha confermato i segnali di inversione del trend negativo grazie non solo alla discesa sotto 155 (media mobile a 100 giorni), ma anche allo sfondamento della soglia discriminante verso 150, che aveva frenato per qualche tempo la risalita. Una chiusura settimanale sotto 144 aprirebbe la strada a un ulteriore allungo in direzione di area 130.
Rimbalza il Bitcoin
Bitcoin apre in rialzo del +2%, dal -8% di ieri. Lunedì ha toccato quota 49.212 Usd nel momento di massima tensione, il livello più basso da febbraio. Gli investitori hanno sottratto quasi mezzo miliardo di dollari dai fondi legati alle criptovalute, in quattro giorni consecutivi di deflussi, secondo i dati compilati da Bloomberg. I deflussi hanno contribuito al peggior esodo settimanale dall’inizio di maggio per il gruppo di quasi una dozzina di Etf spot lanciati a gennaio. È probabile che qualche investitore sia stato “costretto” a chiudere le posizioni sulle criptovalute per far fronte a sofferenze accumulate altrove (yen?!). Operatività: sembra piuttosto centrato il nostro suggerimento di sfruttare gli strappi verso i top assoluti a 74.000 Usd per prendere profitto e altrettanto centrato il suggerimento di rientrare in area 50.000 Usd.
Bond: stabilità e opportunità
I bond governativi si assestano dopo un paio di sedute brillanti. Rendimento del Treasury Note a dieci anni a 3,86%, da 3,74%, livello più basso da oltre un anno. Bund decennale tedesco a 2,19%, da 2,17%. BTP decennale a 3,68%, da 3,63%. Spread a 149 punti base.
BCE. Nel primo pomeriggio, Francoforte diffonde il consueto aggiornamento sul disimpegno dal programma QE – terminato a fine giugno 2022 con i reinvestimenti chiusi nell’estate 2023 – e dal PEPP, chiuso a fine marzo 2022 con i reinvestimenti che dovrebbero essere ridotti fino a fine anno al ritmo di 7,5 miliardi di euro al mese. Nell’ultimo aggiornamento sul PEPP, relativo ad aprile-maggio, la BCE aveva varato una riduzione di 413 milioni di euro, mentre nell’analogo dato relativo al QE, a giugno, aveva ceduto 245 milioni.
Australia. L’istituto centrale ha mantenuto i tassi a 4,35%, in linea con le attese, ribadendo di non escludere altri rialzi dei tassi se necessari per mantenere l’inflazione sotto controllo. Operatività: la prospettiva di una generale frenata della crescita economica ha rafforzato gli acquisti di bond a medio/lungo termine, considerati ora meno rischiosi, meno volatili e più profittevoli delle azioni, in vista del taglio dei tassi da parte di Fed e BCE. Perciò rafforziamo la view positiva. La chiusura di settimana ha fornito un marcato segnale di inversione per il Treasury a 10 anni sotto il 4,0% e per il Bund a 10 anni sotto il 2,30%. Ci attendiamo gli stessi segnali dal BTP a 10 anni sotto il 3,45%.