Avanzano a piccoli passi le Borse in attesa dei dati chiave della settimana, a partire dall’inflazione Usa in uscita giovedì. Piazza Affari +0,10% prende coraggio nel primo pomeriggio grazie alla spinta di alcune trimestrali. Continua, a un ritmo sostenuto la corsa del Btp Valore: con ordini oltre i 3 miliardi. Ma i mercati sono già concentrati sul dato capace di influenzare le aspettative sull’avvio del taglio dei tassi da parte della Federal Reserve, oggi alle 16. L’indice sulla fiducia dei consumatori di Conference Board dovrebbe salire per il quarto mese consecutivo in febbraio, a 115, da 114,8. Ma c’è chi, come gli economisti di Bloomberg si aspettano invece un calo a 113,5 in quanto le condizioni del mercato del lavoro, sono peggiorate, rispetto all’incremento boom delle paghe orarie registrato il mese scorso. Di qui l’attesa contrastata dei mercati.
Europa pronta al taglio dei tassi
Anche il vecchio Continente guarda con grande interesse alle mosse della Fed. L’Europa sembra ormai pronta per il tanto sospirato taglio dei tassi a fronte di una situazione complicata. Si fa sentire l’eco del richiamo di Mario Draghi: “Il divario dell’Ue rispetto agli Usa si sta allargando soprattutto dopo il 2010 – ha detto – agli Usa sono serviti due anni per tornare ai livelli precedenti, all’Ue nove anni, e da allora non siamo saliti. C’è un gap di investimenti dell’1,5% del Pil pari a 500 miliardi di euro”. E la contesa non riguarda solo gli Usa. La Cina sta mobilitando le sue risorse con l’obiettivo di accelerare la ripresa dalla crisi dell’immobiliare. E così, dai pannelli solari all’auto elettrica cresce la pressione dell’industria e della finanza verde.
Cresce l’influenza degli Etf cinesi
A dare ossigeno ai gruppi industriali sono gli acquisti degli Etf sugli indici, da parte dii soggetti vicini al governo. Secondo i calcoli di Ubs, i componenti di quella che sulla stampa viene definita la squadra nazionale cinese, ha rastrellato da inizio anno 410 miliardi di yuan, 57 miliardi di dollari. L’analista Lei Meng, scrive nella nota che l’intervento dei soggetti “rimane ben al di sotto del livello storico, con il potenziale di aumentare ulteriormente in condizioni estreme”. La logica? Aumentare le vendite, anche sacrificando i guadagni. Una sora di dumping di Stato concentrato sull’industria, ormai l’anello debole della vecchia Europa che, colpevolmente, ha accettato senza reagire che il deficit commerciale con Pechino salisse d 180 a 400 miliardi di dollari in solo tre anni dal 2019 al 2022.
È questo il tema della conferenza dell’organizzazione mondiale del commercio in programma questi giorni ad Abu Dhabi, probabilmente l’ultima occasione per scongiurare una nuova disfatta per l’Europa come quella che ha segnato la produzione dei pannelli solari. Bruxelles, per la verità, prova a reagire: la settimana scorsa è stata aperta un’inchiesta sulle sovvenzioni di Stato all’industria ferroviaria di Pechino. Ma nel frattempo le automobili di Pechino già controllano l’8% del mercato europeo dell’auto. Un solo Draghi non basta.