Il Toro aspetta, cauto, le decisioni della riunione del direttorio della Bce, il più incerto da non pochi anni a questa parte. L’indice +0.04% galleggia così attorno alla parità senza grandi emozioni. A turbare l’attesa è il tonfo di Campari -5% abbondante, trascinata all’ingiù dalla conferma della prossima uscita di scena del ceo Bob Kunze-Concewitz. In compenso, sul fronte dei rialzi, si distingue Stellantis +1,6% rimbalzata attorno a 17,60 euro in un giorno chiave per le sorti del gruppo sul mercato Usa.
La Borsa galleggia, Stellantis rimbalza
Certo, a favorire il rialzo contribuisce il buon andamento della produzione, in risalita a mano a mano che tornano ad affluire negli stabilimenti i chips, materia prima rara lo scorso anno. Il settore, poi, festeggia il nuovo allungo di Tesla +10%, vicina ad affidare, via computer, la gestione delle macchine a guida autonoma all’intelligenza artificiale. E, non meno importante, prendono velocità le elettriche cinesi assieme al rally delle auto giapponesi, Mazda in testa. Ma la prossima partita di Stellantis, in attesa dell’accordo di programma che dovrebbe essere siglato entro l’anno per il rilancio della produzione in Italia, si gioca sul terreno più importante: Detroit, la patria di Jeep e Ram da cui dipende in larga misura la redditività di Stellantis.
Stellantis prende quota in Borsa: come va la trattativa a Detroit?
Di qui l’importanza della trattativa per il rinnovo del contratto con il sindacato Usa, deciso stavolta a dar battaglia dopo le tante concessioni garantite ai tre Big Usa, non solo l’ex Chrysler, ma anche Gm e Ford. Non sarà una trattativa facile, come dimostra il no alle offerte di Gm, ritenute “un insulto” dai rappresentanti delle tute blu. Ma Stellantis ci prova. Stasera, infatti, i luogotenenti di Carlos Tavares presenteranno al sindacato dell’auto Usa le controproposte di Stellantis alla piattaforma contrattuale presentata la scorsa settimana dall’Uaw. Nell’attesa, ieri il gruppo ha inviato segnali concilianti: “Confermiamo il nostro impegno a raggiungere un accordo provvisorio senza un’interruzione del lavoro, che avrebbe un impatto negativo sui nostri dipendenti e sui nostri clienti”, è scritto in un’e-mail inviata ai dipendenti.
Giovedì lo sciopero dell’auto Usa: le richieste del sindacato
Ma è assai improbabile che si possa scongiurare lo sciopero che scatterà, salvo un’intesa, già giovedì. L’Uaw infatti ha alzato l’asticella con una proposta definita “audace” dai suoi stessi rappresentanti: in particolare, il sindacato ha presentato numerose richieste, tra cui l’aumento dei salari del 46% in quattro anni con un 20% di incremento sin dalla firma del rinnovo; il ripristino degli incrementi automatici legati all’inflazione; l’eliminazione del sistema salariale su più livelli attualmente in vigore (oggi le Case pagano 28 dollari l’ora i lavoratori con più anni di servizio e tra 16 e 19 dollari gli assunti dopo il 2007). Non solo: si chiede il debutto di un nuovo regime pensionistico con benefici predefiniti per tutti i lavoratori; la reintroduzione delle prestazioni mediche per i pensionati; garanzie sul diritto di sciopero per le chiusure di stabilimenti imposte per la transizione all’auto elettrica; la trasformazione di tutti i contratti a tempo determinato in indeterminati; l’istituzione di una settimana lavorativa di 32 ore. In tutto un salasso per il settore di almeno 80 miliardi di dollari spalmati sui prossimi quattro anni.
L’Uaw vuole riscuotere il dividendo della ripresa
Troppo? Dopo i contratti al ribasso negli anni della crisi, il vertice del sindacato rinnovato dopo gli scandali recenti, intende riscuotere il dividendo della ripresa. Di qui la prospettiva di una lunga agitazione a cui l’Uaw si è preparata con un forte aumento dei contributi per sostenere una lunga agitazione, ben più pesante di quella che nel 2019 costò alla sola Gm uno stop di sei settimane, la vertenza più lunga dal 1970, che produsse la chiusura di 34 impianti e costi aggiuntivi per circa 2 miliardi di dollari. Peanuts, di fronte ai rischi attuali. Per gli analisti di Anderson Group la chiusura per 10 giorni delle fabbriche delle Big Three potrebbe costare oltre 5 miliardi di dollari ai costruttori, ai fornitori e agli stessi lavoratori. Deutsche Bank ha calcolato, invece, che ogni settimana di fermo produttivo potrebbe impattare per cifre comprese tra i 400 e i 500 milioni di dollari.
Per Stellantis incontro strategico con il sindacato
Di qui l’importanza dell’incontro di stasera, che d’inquadra in un momento di forte ripresa dei sindacati, avviati a recuperare le posizioni perdute. L’ultimo esempio di ieri è l’accordo tra i ristoratori ed i camerieri in California, chiuso ieri con un minimo salariale salito a 20 dollari. Ma dalla vittoria degli autisti di camion Ups a quella dei piloti di American Airlines si allunga la lista delle vertenze vinte dal sindacato, in piena ripresa grazie anche ai successi nei magazzini di Amazon o nelle cafeterias di Starbuck.
L’opinione pubblica sembra solidale con la ripresa delle Unions. Secondo un sondaggio Gallup di fine agosto il 71% degli intervistati ritiene positiva la svolta. Un netto cambiamento rispetto agli anni Ottanta, quando la vittoria di Reagan nella trattativa con i controllori di volo segnò l’avvio del declino dei sindacati. Da allora, secondo uno studio di Harvard, meno della metà degli aumenti di produttività è finita in salari.