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Boom dell’Intelligenza Artificiale in Italia: +52% nel 2023 ma lavoro a rischio per quasi 4 milioni di persone

Nel 2023 il mercato dell’IA, dominato dalle grandi aziende, ha raggiunto il valore di 760 milioni di euro. Tutti gli italiani conoscono l’IA ma quasi tre persone su quattro ne hanno timore. Nei prossimi dieci anni, con il gap demografico in arrivo, possibile l’automazione di 3,8 milioni di posti di lavoro. Ecco i risultati della ricerca dell’Osservatorio Artificial Intelligence del Polimi

Boom dell’Intelligenza Artificiale in Italia: +52% nel 2023 ma lavoro a rischio per quasi 4 milioni di persone

È boom dell’intelligenza artificiale in Italia. Nel 2023 il mercato dell’IA è cresciuto del 52% raggiungendo il valore di 760 milioni di euro. La maggior parte degli investimenti è focalizzata su soluzioni di analisi testuale, classificazione, sintesi e agenti conversazionali, mentre i progetti di Generative AI rappresentano solo il 5%. Sei grandi imprese su dieci hanno avviato progetti di Intelligenza Artificiale, ma solo due su tre hanno esplorato le applicazioni della Generative AI.

La preoccupazione maggiore riguarda il mondo del lavoro. Oggi l’IA svolge principalmente un ruolo di supporto anziché di sostituzione. Ma, da qui ai prossimi dieci anni, le nuove capacità delle macchine potrebbero sostituire il lavoro di 3,8 milioni di persone.

Sono i risultati della ricerca dell’Osservatorio Artificial Intelligence della School of Management del Politecnico di Milano.

“Il mercato è in forte crescita – dice Giovanni Miragliotta, Direttore dell’Osservatorio Artificial Intelligence – Nel valutare il reale impatto sul lavoro bisogna tenere in considerazione le previsioni demografiche che, a causa dell’invecchiamento della popolazione, prospettano un gap di 5,6 milioni di posti di lavoro equivalenti entro il 2033. In questa prospettiva, la possibile automazione di 3,8 milioni di posti di lavoro equivalenti appare quasi una necessità per ribilanciare un enorme problema che si sta creando, più che un rischio”.

IA: gli italiani la conoscono ma temono per il futuro lavorativo

Secondo i dati dell’Osservatorio quasi tutti gli italiani (98%) sono a conoscenza dell’Intelligenza Artificiale, con solo il 29% che ha una conoscenza medio-alta. C’è un notevole interesse, ma anche confusione: mentre il 75% è a conoscenza di ChatGPT, (con uno su quattro che dichiara di aver interagito con il chatbot di OpenAi), solo il 57% è familiare con il termine “Intelligenza Artificiale Generativa”.

C’è poi la preoccupazione per il futuro lavorativo. Il 77% degli italiani (+4% rispetto al 2022) manifesta preoccupazione per l’Intelligenza Artificiale, soprattutto per i possibili impatti sul mondo del lavoro. Solo il 17% però si oppone categoricamente all’adozione dell’IA nelle attività professionali.

Il mercato dell’intelligenza artificiale

Il 90% del mercato dell’Intelligenza Artificiale in Italia è dominato dalle grandi imprese, mentre Pmi e Pubblica Amministrazione condividono equamente il restante 10%. La principale quota del mercato italiano dell’IA (29%) è attribuita a soluzioni per l’analisi e l’estrazione di informazioni dai dati, seguite dal 27% per progetti di interpretazione del linguaggio.

In dettaglio, il 22% è dedicato agli algoritmi che suggeriscono contenuti personalizzati, il 10% all’analisi di video ed immagini, il 7% ai sistemi di orchestrare processi, e il 5% alla Generative AI.

La spesa media in Intelligenza Artificiale per azienda è più elevata nel settore Telco-Media e Assicurazioni, seguito da Energy, Resource & Utility e Banche e Finanza.

Grafico Polimi

“Nel 2023 il mercato italiano dell’Intelligenza Artificiale cresce in maniera significativa segnando un +52%, raggiungendo il valore di 760 milioni di euro, in accelerazione rispetto al +32% registrato nell’anno precedente. La gran parte degli investimenti riguarda soluzioni di analisi e interpretazione testi per ricerca semantica, di classificazione, sintesi e spiegazione di documenti o agenti conversazionali tradizionali, mentre i progetti di Generative AI pesano solo per il 5%, sebbene vi sia però un grande interesse – ha evidenziato Alessandro Piva, Direttore dell’Osservatorio Artificial Intelligence –. Due organizzazioni su tre hanno già discusso internamente delle applicazioni delle Generative AI e tra queste una su quattro ha avviato una sperimentazione (il 17% del totale). L’avvento della Generative AI non sembra tuttavia essere una via per ridurre il gap nell’adozione dell’Intelligenza Artificiale tra le grandi organizzazioni, chi è indietro nel percorso di adozione dell’AI, infatti, non riesce a trarre beneficio delle opportunità della generative AI (nel 77% dei casi).”

IA: quanto è diffusa tra le aziende

Il 61% delle grandi imprese ha avviato almeno un progetto di Intelligenza Artificiale, principalmente a livello sperimentale, mentre tale percentuale scende al 18% per le piccole e medie imprese (+3% sul 2022). L’adozione dell’IA rimane sostanzialmente stabile rispetto all’anno precedente, con aziende già coinvolte che accelerano i loro progetti.

Tra le imprese in ritardo, l’adozione della Generative AI è ancora limitata. Il 37% delle grandi aziende senza progetti intende avviarne nei prossimi 12 mesi, evidenziando crescenti iniziative di workshop e formazione sull’argomento. Circa due terzi delle grandi aziende hanno discusso delle applicazioni della Generative AI, con il 25% di esse che ha avviato una sperimentazione.

Al contrario, solo il 7% delle Pmi sta considerando potenziali applicazioni, e solo il 2% ha effettivamente avviato una sperimentazione.

IA: cinque profili di adozione

L’Osservatorio ha valutato la maturità delle grandi organizzazioni nell’adozione dell’Intelligenza Artificiale, identificando cinque profili distinti.

L’11% è classificato come avanguardista: aziende con piena maturità a livello tecnologico, organizzativo e gestionale nell’adozione di soluzioni di IA. Il 23% è apprendista, con vari progetti avviati ma gestiti in modo informale, spesso con soluzioni standard. Nel restante 66%, si trovano situazioni eterogenee: organizzazioni in cammino (29%), con elementi abilitanti ma pochi progetti, e aziende che non considerano il tema rilevante e mancano di un’infrastruttura IT adeguata alla gestione di grandi quantità di dati.

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