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Bonus assunzioni, il Governo pensa al bis per i giovani

Bonus assunzioni, atto secondo. Il Tesoro sta valutando la possibilità d’introdurre nella prossima legge di Bilancio un nuovo sgravio triennale per le assunzioni a tempo indeterminato o le stabilizzazioni dei lavoratori under-30 o under-35, le fasce d’età più colpite dalla disoccupazione. Si tratterebbe di una riedizione corretta delle agevolazioni introdotte dal governo Renzi nel 2014, la cui spinta alla ripresa del mercato del lavoro si è ormai esaurita.

In questo modo il governo punta a riaccendere l’occupazione stabile per cavalcare la ripresa del Pil e degli investimenti, su cui le previsioni sono state riviste al rialzo nelle ultime settimane.

Allo stesso tempo, questa misura consentirebbe di andare incontro a una delle richieste che da vari anni le istituzioni internazionali rivolgono al nostro Paese: la riduzione del cuneo fiscale. In Italia la differenza fra lo stipendio lordo e l’assegno netto di un lavoratore è una delle più alte fra i Paesi avanzati: in media, per ogni 100 euro pagati dall’azienda, 47,9 se ne vanno in contributi e tasse.

In passato l’Ocse, il Fmi e l’Unione europea hanno chiesto più volte al nostro Paese di ridurre il cuneo. Ora torna a parlare di questo argomento anche la Bce, che nel suo ultimo bollettino mensile esorta tutta l’Eurozona a tagliare “le tasse sul lavoro”, perché questo “favorirebbe molto la crescita”. Secondo l’Eurotower, bisognerebbe fare “maggiore affidamento” sulla tassazione dei consumi e delle proprietà, che è “meno distorsiva”, perché pesa meno sul Pil rispetto al prelievo sul lavoro. Il dilemma è sempre lo stesso: la scelta più conveniente, stando agli economisti di Bruxelles e di Francoforte (ma non solo), sarebbe alzare l’Iva e reintrodurre l’Imu per abbassare l’Irpef, ma una manovra del genere sarebbe difficilmente gestibile in chiave elettorale.

Il governo perciò non sembra puntare su un intervento strutturale, ma ancora una volta su una misura temporanea e per di più limitata ai giovani neoassunti. Nel dettaglio, si punta a ridurre della metà i contributi previdenziali, che pesano sulla busta paga per il 33% (24% a carico dell’azienda e 9% a carico del lavoratore). Il costo per lo Stato sarebbe di 1,5-2,5 miliardi l’anno. In ogni caso non è da escludere che lo sgravio possa sopravvivere anche dopo il terzo anno, seppure in misura molto ridotta.

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