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Bologna, nasce la Disneyland del cibo

Firmata ieri la lettera di impegni da parte degli investitori – Nel 2015 nascerà Fico, acronimo che sta per Fabbrica Italiana Contadina, ed è un progetto ambizioso, innovativo, nazionale e internazionale.

Bologna, nasce la Disneyland del cibo

Bologna sta cambiando, anche se i bolognesi, forse, non se ne sono ancora accorti. Dopo anni di galleggiamento, lamentele, veti incrociati, serpeggianti insoddisfazioni e moniti cardinalizi, la bella addormentata batte di nuovo le ciglia. Chiusa l’era del laboratorio politico e superato il trauma dell’assenza di ruolo, Bologna, grazie ai suoi mecenati, ma anche grazie a un’amministrazione con le antenne, mostra segnali di rinascimento. 

L’ultimo di questi sintomi positivi si chiama Fico, acronimo che sta per Fabbrica Italiana Contadina, ed è un progetto ambizioso, innovativo, nazionale e internazionale, semplice come tutte le buone idee, che dovrebbe vedere la luce entro giugno 2015. Ieri è stata posta la prima pietra con la firma di una lettera di impegni da parte degli investitori. L’obiettivo è trasformare l’attuale centro agroalimentare in una Disneyland del cibo: 80mila metri quadri a disposizione di stalle, acquari, campi, orti, officine di produzione, laboratori, banchi serviti, grocery, ristoranti, botteghe e campi per mostrare la coltivazione e il trattamento di un prodotto, la sua lavorazione ed eventuale cottura, dal grano al pane, dall’olivo all’olio, o secondo uno degli slogan coniati, dal forcone alla forchetta. 

Un‘idea che può trasformare Bologna nella capitale nazionale dell’alimentazione, in omaggio a uno dei suoi storici appellativi: “la grassa”. Dietro a questo progetto, che vuole diventare realtà in un anno e mezzo per mettersi in scia con l’Expo, ci sono il Comune, nonché Oscar Farinetti, patron di Eataly e Daniele Segrè, docente universitario, presidente di Caab, un centro agroalimentare con 400 milioni di fatturato, le cui aziende sono pronte a trasferirsi altrove.  

Si tratta di un’idea con una forza locale, ma anche nazionale e internazionale visto che il cibo italiano è apprezzato nel mondo, ma non adeguatamente tutelato e valorizzato. Si pensi, dice Segrè, che “il nostro paese esporta 32 miliardi di prodotti agroalimentari, cioè, paradossalmente, solo la metà di un paese come l’Olanda”. Si può fare di più e Bologna ci vuole provare, riunendo per la prima volta sotto uno stesso tetto quanto c’è di più gustoso nella penisola. Sulla carta la nuova struttura porterà nel capoluogo dai 6 milioni agli 8 milioni di visitatori ogni anno, un terzo dei quali stranieri e darà lavoro direttamente a 1500 persone e indirettamente a altre 5000 con l’indotto.

Roba importante, che piace a molti e resta indigesta a qualcuno. Le obiezioni? Potrebbe trasformarsi in un fiasco; arenarsi in un cambio di giunta comunale; morire in un passaggio burocratico. O peggio: sarà l’ennesimo centro commerciale, che danneggerà ulteriormente i piccoli commercianti o i contadini della zona, un altro “category killer” che, per un posto di lavoro creato, ne distruggerà altri sei. Difficile però pensare che i piccoli agricoltori possano soffrire la concorrenza di una struttura grande come un parco tematico; commercianti e artigiani d’altra parte hanno già sposato l’iniziativa e Ascom e Cna figurano fra i finanziatori, insieme, fra gli altri, alle fondazioni bancarie cittadine, alla Banca Imi, alle coop (Lega, Confcooperative, Coop Adriatica), all’Unione industriali,  alla Camera di Commercio, a imprenditori privati come Facchinetti e Alberto Masotti. 

Per ora si sono raccolti 34 milioni di euro, ma presto diventeranno 40 milioni in base a impegni già presi. Il Comune conferisce la struttura e si aspetta di pagare le spese, contribuendo a rivitalizzare la città. Uno sforzo corale, compiuto sulla base di un piano industriale e di un business plan messi a punto da  Caab con EY Transaction  Advisory Services. La realizzazione di Fico sarà invece a cura di un Fondo immobiliare con una dotazione compresa fra i 95 milioni e i 400 milioni di euro.

Il ritorno dell’investimento è stimabile sulla base di un afflusso di 6,6 milioni di visitatori fin dal primo anno di attività, ma la cifra potrebbe essere vista al rialzo del 30%, in uno scenario più ottimistico. Un mare di gente per Bologna, che dovrà prevedere anche dei collegamenti mirati fra il centro storico e la città del cibo, situata nella periferia settentrionale del capoluogo, vicina al casello autostradale. Se è una scommessa si direbbe che vale la pena di rischiare.

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