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Bolivia, tentativo (fallito) di golpe militare. Nel mirino l’ex presidente Evo Morales

Nel pomeriggio di ieri le Forze Armate hanno occupato le strade della capitale La Paz, facendo irruzione nel palazzo presidenziale. In serata i soldati si sono poi ritirati ma la tensione resta alta. Preoccupazione in America Latina, vigilano gli Usa. Condanna Ue

Bolivia, tentativo (fallito) di golpe militare. Nel mirino l’ex presidente Evo Morales

Il primo allarme, nel primo pomeriggio in Sudamerica, lo ha dato l’ex presidente boliviano Evo Morales, ancora oggi leader del partito di maggioranza, Movimento per il Socialismo, che esprime l’attuale presidente, il 60 enne Luis Arce, in carica dal 2020. Poco dopo è stato proprio quest’ultimo, sui suoi canali social, a dare la notizia ufficiale e a chiedere l’appoggio della popolazione in favore della democrazia: a La Paz, capitale della Bolivia, le Forze Armate hanno occupato la piazza principale, dove ha sede il palazzo presidenziale, con l’intenzione di dare inizio ad un golpe militare. “Dichiariamo il blocco generale a tempo indeterminato e la chiusura delle strade – aveva scritto su Instagram Morales -. Non permetteremo che le Forze Armate violentino la democrazia e intimidiscano la popolazione”. “Denunciamo mobilitazioni irregolari di alcune unità dell’Esercito boliviano – ha poi confermato Arce su X -. La democrazia deve essere rispettata”.

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A guidare il tentativo di colpo di Stato, poi rientrato in serata con le truppe che si sono ritirate ma con la tensione ancora altissima, sono stati i soldati dell’ormai ex generale Juan José Zúñiga, che era già stato destituito martedì dal presidente Arce insieme ad altri tre vertici dell’Esercito per aver rivolto – secondo la versione istituzionale – minacce esplicite contro Evo Morales. Zúñiga ha detto che “per ora” riconosce Arce come capo delle Forze Armate, ma che ci sarà un cambio nel governo: “Ci sarà un nuovo gabinetto dei ministri, le cose cambieranno sicuramente, ma il nostro Paese non può continuare così”, ha detto il generale ai media locali. In gioco c’è anche la liberazione dei prigionieri politici, tra cui la ex presidente Jeanine Añez, condannata a dieci anni di carcere nel giugno del 2022 per aver tentato a sua volta di ordire un colpo di Stato contro Evo Morales, nel 2019. Tentativo che costrinse l’ex presidente alla fuga all’estero, salvo poi ritornare in patria ma lasciando la guida del Paese ad Arce.

La stessa Añez si è però dissociata almeno formalmente dall’azione militare, facendo scrivere sul suo Twitter, dato che si trova in prigione, che rinnega “completamente la mobilitazione militare che tenta di sovvertire l’ordine costituzionale. Arce ed Evo devono essere rimossi con un voto nel 2025. Noi boliviani difenderemo la democrazia”. Sono proprio le elezioni dell’anno prossimo, secondo la visione di Zúñiga, a rendere necessario l’intervento dell’Esercito, dato che Evo Morales, già presidente per tre mandati dal 2006 al 2019, vorrebbe nel 2025 sfidare il suo compagno di partito e ricandidarsi alla presidenza, cosa che però gli è vietata dalla Costituzione. “Non permetterò di calpestare la Costituzione – ha detto ancora Zúñiga, prima di essere arrestato in serata -, di disobbedire al mandato del popolo. Le Forze Armate sono il braccio armato del popolo”.

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I video che circolano in rete mostrano tra gli altri un veicolo blindato dell’esercito che si schianta contro l’ingresso del palazzo presidenziale e soldati che entrano nell’edificio. Prima di ciò, le truppe erano state viste marciare per le strade della capitale, prima di ritirarsi in serata dopo la nomina dei nuovi capi dell’Esercito. A quanto pare, Zúñiga è anche entrato nella sede del governo e si è confrontato personalmente con Arce. “Il Paese sta affrontando un tentativo di colpo di stato – ha poi detto il presidente, ancora dentro al palazzo -. Oggi, ancora una volta, il Paese si trova di fronte a interessi che vogliono porre fine alla democrazia in Bolivia. Invito il popolo boliviano a organizzarsi e mobilitarsi contro il colpo di stato e a favore della democrazia”.

Preoccupazione anche sul fronte internazionale. Il presidente brasiliano Lula, come tutti gli altri dell’area oltre agli stessi Stati Uniti e all’Unione europea, osserva con attenzione l’evolversi della vicenda e condanna fermamente l’iniziativa dei militari. La Bolivia peraltro è nel mirino degli Usa per la convinta vicinanza alla Russia di Vladimir Putin espressa dal presidente Arce in questi mesi. E soprattutto possiede nel suo territorio la più grande riserva al mondo di litio, il metallo fondamentale per fabbricare batterie elettriche: 21 milioni di tonnellate ancora da estrarre.

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