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Bolaffi: “Ci vuole un Patto Italia-Germania”

FIRSTonline

Definisce il nuovo governo tedesco, guidato dal socialdemocratico Olaf Scholz, un “Merkel plus”. Considera il programma dell’esecutivo di Berlino il migliore possibile. Ritiene “pregiudiziali” (o perlomeno) prematuri i timori che il prossimo ministro alle Finanze della Germania, il liberale Christian Lindner, possa costringere il Paese (e quindi l’Europa) a tornare indietro verso le posizioni di rigida ortodossia economico-finanziaria. Quanto al patto del Quirinale, tra Francia e Italia, va benissimo, ma ora bisogna affiancarlo con un altro, quello fra Germania e Italia, perché questo è il futuro della nuova Europa che viene fuori dopo il terremoto provocato dalla pandemia di Covid. 

È la sintesi estrema della conversazione di FIRSTonline con Angelo Bolaffi, filosofo della politica e germanista, conoscitore profondo del Paese tedesco al quale ha dedicato gli studi di una vita, e già direttore dell’Istituto italiano di cultura di Berlino.

Cominciamo dal governo: si può definire più progressista di quello di Merkel? 

“Sarebbe il minimo visto che è guidato da un socialdemocratico: Olaf Scholz è il leader della Spd e il suo partito ha battuto la Cdu tornando dopo 16 anni al potere. Detto questo, non dimentichiamo però che il nuovo premier è stato anche il vice di Angela Merkel e che si è presentato alle elezioni come l’unico vero erede della politica della Cancelliera democristiana. Perché mentre il partito di Merkel, la Cdu, aveva fatto capire che era pronto a grandi cambiamenti, la Spd di Scholz aveva sottolineato il contrario, e cioè che essa avrebbe governato nel solco della continuità. Ed è questo che hanno premiato i tedeschi, la continuità. Tuttavia siamo di fronte a un governo differente da quello di Merkel. E la differenza la faranno gli alleati di Scholz, i Verdi in primis. Rispetto al Covid per esempio, assente rumoroso sia nel programma sia in tutta la campagna elettorale, quale delle due loro anime prevarrà? La romantica o l’illuminista? La prima è sensibile alle sirene dei No vax, la seconda alla scienza. Credo che la pandemia, giunta in Germania a livelli drammatici, sarà il primo banco di prova per giudicare il nuovo governo”.

E a questo proposito, in Italia molti sono sorpresi della mancata performance tedesca sul controllo del virus, sorpresi soprattutto di essere stati noi più bravi dei nostri vicini. Come se lo spiega?

“Temo che valga la regola nota: non si affronta ciò che non si vuole vedere. L’intera classe politica tedesca ha chiuso gli occhi di fronte alla necessità di dover prendere decisioni impopolari. Prima la campagna elettorale, poi la difficoltà di trovare accordi per formare un governo. In un contesto in cui è parso più facile far finta che il peggio fosse alle spalle piuttosto che rimettere in discussione le libertà personali e delle imprese. Senza contare la difficoltà di affrontare i delicati equilibri del sistema federale tedesco, in primis quello del rapporto fra governo del Bund e governo dei Lander. Tutte cose, purtroppo, che si sarà costretti a fare ora, visto la piega che la pandemia ha preso di nuovo”.

Torniamo al programma. Tutti d’accordo a non mettere nuove tasse; ad aumentare il salario minimo da 9,50 a 12 euro l’ora; a permettere ai sedicenni di votare. Solo sullo sfondo le questioni energetiche, la transizione ecologica e la parità di bilancio. Perché?”.

“Il programma è il migliore possibile. Lo definirei un “Merkel plus” perché oltre alla continuità con quello della Cancelliera, per i valori profondamente europeisti, aggiunge molto sul versante sociale, l’aumento del salario minimo appunto, ma anche nuovi diritti per gli immigrati. Per esempio è stato annunciato che le regole saranno cambiate per dare loro la possibilità riunire le proprie famiglie. Quanto alle questioni energetiche, la transizione ecologica e la parità di bilancio, più che naturale che siano rimasti sullo sfondo:  possono essere temi divisivi avendo ognuna delle famiglie politiche che compone il governo una propria linea ideologica su ciascun argomento. Meglio attendere che si vada avanti con il governare, risolvendo problema dietro problema. Si chiama riformismo.”  

Il ministero delle Finanze è andato a un liberale, partito che ha una linea dura sui Paesi “non frugali”. L’Italia deve preoccuparsi?

“Christian Lindner non guida il governo, è solo un ministro. Certo, è un osso duro, ma la politica del governo tedesco la fa il Cancelliere e sappiamo quanto Scholz abbia condiviso la linea di Merkel a proposito di spesa e debiti. Credo che qui in Italia bisogna uscire dal vittimismo. E abbandonare timori pregiudiziali. Sono almeno prematuri.”  

In conclusione: che tipo di politica dobbiamo aspettarci dal nuovo corso della Germania? 

“La Germania resterà profondamente europeista, su questo non possono esserci dubbi. Piuttosto può esserci un interrogativo a proposito della politica estera. Come si risponderà per esempio alla pressione da est da parte di Putin? Il presidente russo, lo abbiamo visto in Bielorussia e in Ucraina, usa in maniera spregiudicata forme ibride di conflitto, come l’utilizzo dei migranti o il ricatto energetico. E qui l’interrogativo non riguarda solo il comportamento dei Verdi, ai quali è andato il ministero degli Esteri, ma anche quello della Spd che, non dimentichiamolo, non ha mai avuto negli anni un rapporto aspro con la Russia. Ma ancora più importante di tutto questo sarà vedere se la nuova Germania vorrà  assumere il ruolo di leadership dentro l’Unione che da tempo le viene richiesto. Merkel l’aveva immaginato nel 2017 quando dichiarò che “tocca agli europei prendere in mano il loro destino non potendo più contare sul sostegno degli altri”. Certo, aveva di fronte Trump quando lo disse, ma cambiando il presidente Usa non è cambiato l’obiettivo: l’Europa  deve emanciparsi e la Germania è indispensabile perché questo accada. Ora spetta ai nuovi governanti decidere se e come farlo”. 

Francia e Italia hanno firmato un patto di collaborazione, quello del Quirinale: mette in ombra quello franco-tedesco?

“E perché mai? Si tratta piuttosto di andare a firmare un altro patto, con la Germania stavolta. Magari chiamandolo del Campidoglio, o di Roma, visto che a Roma si formò quello che fece nascere l’Europa. Parigi, Berlino e Roma sono i punti cardine dell’Unione, sottolinearlo anche con patti specifici non può che fare bene a tutti”.  

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