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Bocconi: le partnership pubblico-privato e il nuovo ruolo della Cdp

Si è tenuto all’università Bocconi il primo convegno annuale dell’Osservatorio MP3 sulle PPP (partnership pubblico-privato) e sulla necessità in tempi di crisi di una convergenza tra strategie pubbliche e capitali privati – Il nuovo (e decisivo) ruolo della Cassa Depositi e Prestiti – L’esempio fallimentare del Portogallo e quello virtuoso tedesco.

Bocconi: le partnership pubblico-privato e il nuovo ruolo della Cdp

Chi meglio della Cassa Depositi e Prestiti, esempio naturale di simbiosi fra pubblico e privato (il capitale è all’80% del Ministero dell’Economia e al 20% privato), poteva avere un ruolo chiave nelle cosiddette PPP, partnership pubblico-privato, ovvero quelle politiche economiche non convenzionali necessarie in tempi di crisi, quando lo Stato è costretto a chiudere i rubinetti e ad allearsi col mondo imprenditoriale? Lo ha spiegato, ospite in Bocconi al primo convegno annuale dell’Osservatorio Mp3, lo stesso Ceo della Cdp, Giovanni Gorno Tempini: “Per un secolo e mezzo la Cassa si è occupata degli investimenti della Pa in infrastrutture, adesso si occupa di infrastrutture in generale e soprattutto di supporto all’economia tramite l’accesso al credito e al capitale di rischio per tutte le imprese, e tramite attività di vero e proprio capital management attraverso il Fondi Italiano degli Investimenti e il Fondo Strategico Italiano”.

Il ruolo, verrebbe da dire, di una moderna banca “pubblica”, non come quelle che negli anni ’70, quando l’Italia cresceva più degli Usa e dell’Europa (3,1% contro 2,2 e 2,6 secondo i dati Fmi), costituivano più del 75% del panorama bancario (adesso solo il 10%) e facevano dello Stato un grande erogatore di capitali per la crescita, accrescendo a dismisura il debito pubblico. “Dopo Maastricht e con l’avvento dell’euro, e il conseguente cambiamento del sistema bancario – ha spiegato sempre in Bocconi Andrea Montanino, Executive Director del Fondo Monetario Internazionale -, lo Stato è sempre meno erogatore, perché non può più permetterselo, e sempre più promotore di una convergenza tra pubblico e privato, in cui l’apporto di capitali arrivi dal mondo privato”.

Questo strumento alternativo, che sarà necessario per almeno altri 20 anni, cioè fino a dopo il 2030, quando secondo il calcolo dell’Fmi la forbice tra la linea del debito pubblico e quella del Pil sarà finalmente chiusa in Italia, coincide perfettamente col nuovo ruolo della Cdp: “Una volta – spiega ancora Gorno Tempini – gli enti pubblici centrali o locali bussavano alla Cdp e chiedevano un mutuo, del quale la Cdp valutava la fattibilità e poi erogava il denaro. Da quando sono al vertice della Cassa, e cioè da 4 anni, l’erogazione di capitale è scesa ogni anno del 50%”.

Niente soldi a pioggia, dunque, ma una nuova politica economica basata sugli investimenti strategici del pubblico, con la partnership economica del mondo privato. Quello, nella sintesi che emerge dal convegno bocconiano, che non si è fatto per decenni, “quando lo Stato – spiega Montanino dell’Fmi – ha sì aumentato la spesa pubblica per provare a sostenere la crescita, ma lo ha fatto nel modo sbagliato favorendo le spese correnti piuttosto che gli investimenti, in particolare nelle infrastrutture”. E così, mentre il rapporto debito pubblico/Pil italiano è salito dal 38% del 1970 a oltre il 100% degli anni ’90, in Italia, per citare un paio di esempi, la rete stradale è stata incrementata solo del 7%, al cospetto del 61% della Francia e del 171% della Spagna, e siamo ultimi tra i principali competitor europei per km di ferrovia ad alta velocità, con neanche 700 chilometri di rete coperta.

La partnership pubblico-privato è dunque urgente e necessaria ma non va comunque abusata, come nel caso poco virtuoso del Portogallo, Paese europeo che ne ha fatto maggior ricorso, soprattutto per strade e investimenti in sanità, ma che si è trovato con molte operazioni esplose nelle mani per l’eccessiva quantità di capitali investiti in poco tempo e con poca attenzione ai rischi. L’esempio virtuoso è invece ancora una volta la Germania, grazie alla KfW, acronimo Kreditanstalt für Wiederaufbau (Banca della Ricostruzione), la famosa banca pubblica fondata nel dopoguerra per volere degli Usa, a sostegno del Piano Marshall. La KfW funziona attualmente proprio come la nostra Cdp: l’80% del capitale è detenuto dal governo federale mentre il restante 20% è detenuto dai Länder.

Attraverso la KfW, il Governo tedesco canalizza tutta una serie di operazioni che altrove figurerebbero nei conti dello Stato per cifre ingenti: l’attivo dell’istituto con sede a Francoforte ha sfiorato lo scorso anno i 500 miliardi di euro, più del doppio che all’inizio del decennio passato, anche per effetto del trasferimento sotto il suo ombrello di molte attività in precedenza di competenza dell’amministrazione pubblica, o di nuove attività, come quelle riguardanti la protezione ambientale.

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