Altro che crisi, è proprio nei periodi di recessione come quello che l’economia globale sta attraversando che le imprese, soprattutto quelle finanziariamente più sane, non dovrebbero lasciarsi sfuggire l’occasione per ottenere extrarendimenti doppi attraverso operazioni di fusione e acquisizione.
Lo dice uno studio condotto Carefin Bocconi e Goldman Sachs, presentato oggi nell’ateneo milanese, che contiene un’analisi di Stefano Gatti e Carlo Chiarella del Carefin: il position paper ha analizzato 1.248 operazioni di M&A dal valore medio di 1 miliardo di euro condotte in Europa da inizio 2001 a fine 2012, in cui sia l’impresa acquirente che l’impresa target erano quotate in borsa. Ebbene, le 348 operazioni di fusione e acquisizione portate a termine nei periodi di crisi seguiti all’esplosione della bolla tecnologica del 2002, a quella del mercato immobiliare del 2008 e alla crisi dei debiti sovrani del 2011 hanno conseguito extrarendimenti doppi rispetto alle 900 operazioni concluse in tempi normali. A 180 giorni dalla conclusione dell’operazione, le azioni delle imprese acquirenti battono il mercato del 2,62% nei periodi di tranquillità economica e del 5,34% nei tempi di crisi.
Il risultato contrasta tuttavia con l’osservazione (confermata anche dai dati di questa ricerca) che in tempi di incertezza economica il numero delle operazioni di M&A diminuisce sensibilmente. Da una parte, infatti, la turbolenza economica rende più difficile la valutazione delle imprese target, pregiudica il valore dell’esperienza dell’acquirente in operazioni dello stesso genere e complica la fase post-integrazione. Dall’altra, però, i tempi di crisi rappresentano una grande finestra di opportunità per i compratori migliori, ovvero le imprese finanziariamente sane che dispongono di liquidità, hanno forte potere contrattuale e possono perciò permettersi di scegliere i target migliori.
I due studiosi osservano anche che le caratteristiche delle operazioni in tempi di crisi non differiscono sostanzialmente da quelle dell’M&A in tempi normali. Le uniche differenze sostanziali sono la rilevante diminuzione del valore delle operazioni di takeover ostile e un maggiore utilizzo della modalità di pagamento in azioni, anziché in cash, anche a costo di riconoscere al target un premio maggiore rispetto alla sua valutazione di mercato.
L’andamento storico del numero e del valore delle operazioni concluse dal 2007 al 2012 mostra che le imprese americane, giapponesi e asiatiche hanno saputo reagire alla situazione di incertezza e, dopo il calo generalizzato registratosi tra fine 2008 e inizio 2009, hanno riassorbito lo shock e sono tornate sul mercato. A non sfruttare l’opportunità di crescita esterna offerta dal mercato dell’M&A sono, invece, le imprese europee: nel terzo trimestre del 2007 l’Europa rappresentava il 42% del mercato mondiale dell’M&A ed è crollata al 21% nel quarto trimestre del 2012.
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