Nato nel 1941 a Duluth, nel Minnesota, il cui vero nome é Robert Zimmermann, trascorse la sua infanzia a Hibbing, un centro minerario ad un centinaio di chilometri del confine con il Canada. Il padre, un rivenditore di elettrodomestici, regalò alla fine degli anni quaranta, un pianoforte ai figli, Bob e David. Poco più tardi, in forma autodidatta, Bob imparò a suonare non solo il pianoforte ma anche la chitarra e l’armonica. Alle scuole medie mise insieme un gruppo e cominciò a suonare musica rock-‘n – roll, che in quel periodo stava diventando popolare. Finita la scuola decise di darsi un nome d’artista, divenne così Bob Dylan e se ne andò via di casa. Si iscrisse all’Universitá del Minnesota, ma non avama molto lo studio, preferiva suonare nei locali. Decise così di abbandonare l’Universitá e viaggiare in autostop, fermandosi dove gli capitava offrendosi per suonare nei locali.
Aveva un suo idolo, Woody Guthrie, il cantautore divenuto famoso ala fine degli anni venti. Sapendolo malato decise di recarsi all’ospedale dove era ricoverato e divennero subito amici. Ed è da lui che Dylan trasse quello stile malinconico e discorsivo con quella trascinata cadenza popolare.
Nel 1961 arrivò a New York, cominciò a girare per i caffè di Greenwich Village; nelle sue canzoni folk la struggente malinconia si mescolava ad un sentimento di protesta. Un giorno un rappresentante della Columbia Record lo sentì cantare e gli fece firmare subito un contratto per l’incisione di dischi. Nel 1962 compose Blowin’ in tre Wind, e fu la vera conquista di pubblico. Quella canzone costituì il primo grande successo di Dylan, venne incisa da più di cinquanta cantanti e complessi. Aderì al movimento americano per i diritti civili e partecipò attivamente intervento in marce e ai raduni nel Sud, cantando in serate di beneficenza.
Il ritmo dei suoi spettacoli divenne incessante, saliva e scendeva da continui aerei e alla sera si esibiva senza sosta. Lo stesso Dylan dichiarò che si cominciò a drogare per poter tenere quel ritmo sfibrante. Nonostante la sua popolarità, fu sempre riservato verso la sua vita privata. Difficilmente parlava della sua famiglia o del tempo che le dedicava. Scriveva dove gli capitava, dal motel al taxi, gli bastava essere ispirato per comporre e ogni momento poteva essere propizio. “Cerco di scrivere le canzoni quando mi vengono“.
La sua musica continuò ad evolversi continuamente, ogni disco sembrava volesse andare in una direzione diversa, conquistano nuovi ammiratori e a volte perdendo quelli più vecchi. Nel 1965, durante un’esibizione al Festival di Newport, venne fischiato perché si presentò con una chitarra elettrica dotata di amplificatore. Ma conquistò un pubblico giovanissimo che cominciavano a immaginare la musica solo se accompagnata da luci psichedeliche. Nel 1966 ebbe un grave incidente motociclistico e rimase per molto tempo immobile ed isolato, mentre i suoi fan lo immaginavano paralizzato al punto che non avrebbe più potuto esibirsi. Ci vollero circa due anni perché Dylan uscisse dal suo isolamento per cantare in uno spettacolo benefico alla Carnegie Hall. Dopo aver girato in lungo e in largo per cinque anni, si convinse di non fare più uso di droghe e iniziò a vivere una vita più tranquilla è riservata con la moglie e i suoi cinque figli.
Il critico Alfred Arnowitz un giorno disse di lui ” Ha cambiato quasi da solo la forma della musica popolare americana. Ha dato vita a una nuova generazione di poeti e ha contribuito a far sì che la musica contemporanea diventasse la letteratura del nostro tempo”
Dylan è uno dei cantautori più famosi, ma è rimasto quel ragazzo serio e riservato, nonostante il successo e l’idolatria di milioni di giovani di allora e anche di oggi. Nel 2016 Bob Dylan ha vinto il premio Nobel per la letteratura. E’ stato insignito del massimo premio dall’Accademia di Svezia ”per aver creato una nuova espressione poetica nell’ambito della grande tradizione della canzone americana”.