Marie Kondo è una giovane giapponese che ha dedicato tutta la sua vita all’arte di mettere in ordine gli armadi e, più in generale, la casa. Tutti noi, più o meno, dedichiamo la nostra vita a qualcosa, ma in Giappone si dedica anche l’anima, e questo fa la differenza. Preparare bene il tè da noi significa imparare un gioco o, professionalmente, diventare un bravo barman. In Giappone significa iscriversi dopo un duro tirocinio a una delle tre grandi scuole di preparazione che datano dal XVI secolo, seguire tutta la vita un Maestro del Tè (o diventarlo), specializzarsi in una sola delle numerose tecniche e onorare ogni anno con la propria confraternita, il 21 aprile, la morte di Rikyu, il più grande maestro di tutti i tempi che mise fine ai suoi giorni, con un suicidio rituale, dopo avere concluso la più sublime cerimonia del tè che sia mai stata tramandata.
In questo spirito di passione totalizzante, dunque, Marie Kondo ha condensato in un libro, tradotto in trenta lingue, la sua conoscenza assoluta su come mettere e mantenere in ordine l’armadio. Il tema le occupa la mente da quando aveva 5 anni. Sulla questione ha sofferto profondamente e meditato a lungo fino a quando, in un momento mistico, ha avuto il suo Satori, l’esperienza zen di risveglio e illuminazione. Da quel momento la sua vita è cambiata ed è diventata piena di luce e di felicità, una sensazione condivisa da moltissimi seguaci entusiasti in tutto il mondo. La rivelazione sapienziale di Kondo è che si può anche mettere in ordine l’armadio un po’ alla volta, ci si può anche proporre di buttare via una cosa al giorno. L’armadio, in questo modo, sarà alla fine anche più a posto, ma questo non cambierà la nostra vita. Perché invece tutto cambi per sempre occorre organizzare una specie di big bang in cui si butta via in una sola volta tutto quello che non ci dà più emozione. Si dispongono insieme tutti gli oggetti di un certo tipo, per esempio le scarpe, li si osserva a lungo e con molta attenzione fino a quando alcuni di questi, a un certo punto, iniziano a illuminarsi, pulsare, palpitare, insomma a trasfigurarsi. Solo questi verranno salvati, agli altri si darà un addio rispettoso. A un vecchio golfino si parlerà, gli si ricorderanno il momento dell’acquisto e le gioie condivise, gli si augurerà di proseguire la sua esistenza su questa terra nel migliore dei modi e poi lo si butterà.
Elaborato così il lutto, il proprietario dell’armadio inizierà una nuova vita in cui, senza alcuno sforzo, nulla di non luminoso e palpitante entrerà mai più nella sua casa (e quindi nel suo armadio). Una volta vissuta, l’esperienza dello svuotamento-arricchimento (presente in molte tradizioni mistiche d’Asia e d’Europa) sarà irreversibile. Deve ancora nascere la Marie Kondo dei portafogli azionari e obbligazionari. Che siano grandi o piccoli, i portafogli si riempiono negli anni di cianfrusaglie. Titoli un tempo gloriosi e poi decaduti, spezzature di spinoff, tracce residue di obbligazioni con piano di ammortamento, azioni sotto il prezzo di carico, grandi occasioni che ci hanno regalato per un attimo l’emozione di chissà quali rivalutazioni e che hanno subito iniziato a inabissarsi. Alla fine, scorrendoli, resta una sensazione di disordine, di illusioni perdute e di fallimenti. Bisognerebbe analizzare il portafoglio ogni giorno, ha scritto un grande gestore inglese, e chiedersi, titolo per titolo, perché lo si è comprato, perché lo si tiene ancora e che obiettivo di prezzo ci si sta prefiggendo. Se non si riesce a dare una risposta razionale alla seconda e alla terza domanda il titolo va semplicemente venduto. Fatto questo, direbbe Marie Kondo, si è solo all’inizio.
La vera rivoluzione interviene solo quando si cambiano radicalmente i comportamenti d’acquisto. Per esempio, gli oggetti che intasano di più gli armadi sono quelli comperati in saldo. La logica che troppo spesso ispira l’acquisto in saldo è che se un prezzo è stato abbassato del 50-60-70 per cento deve trattarsi per forza di un’occasione. Se poi è in supersaldo, non importa che sia brutto, strano e ben poco entusiasmante, al limite si butteranno via pochi spiccioli. In questo periodo di prezzi alti per obbligazioni e bond, molti sono tentati dal rifugiarsi nei due comparti che sono scesi, le materie prime e i paesi emergenti. In effetti il petrolio offerto in saldo al 50 per cento e gli emergenti che hanno contemporaneamente valuta e titoli ai minimi possono apparire come una grande occasione. Deve però fare riflettere che Buffett abbia appena venduto una parte importante dei suoi titoli petroliferi e che se ne stia lontano dagli emergenti. Sconto non significa valore. Materie prime ed emergenti possono ogni tanto recuperare da una settimana all’altra il 10 o il 20 per cento, ma questo è trading. Se si sbagliano i tempi, ci si ritrova l’armadio pieno di cose immobilizzate. Ora è vero, come dice Jeffrey Currie, che i preziosi sono facilmente immagazzinabili con poco costo (tutti i lingotti del più grande Etc di oro fisico potrebbero stare in un piccolo armadio), ma se ci si avventura sul petrolio, il costo da pagare per tenerselo (il contango) è in questo momento del 16 per cento all’anno (e lo si paga tutto anche attraverso un Etc). Le materie prime sono infatti entrate da qualche mese nella fase discendente del loro superciclo.
Il petrolio potrà avere un recupero nel 2016, ma resterà dentro un bear market di medio periodo. Chi ha seguito in questi ultimi due anni la rottura dei cartelli del minerale di ferro e della potassa sa quanto possa essere lunga e dolorosa la ricerca di un nuovo equilibrio. Quanto agli emergenti, non è un caso se si trovano a sconto. Fragilità politica, guerre, politiche fiscali populiste e corruzione piagano molti paesi, mentre all’orizzonte si profila il rialzo dei tassi americani, temutissimo nei paesi più deboli. Ogni paese, in ogni caso, fa storia a sé. La Cina, se è ancora il caso di chiamare emergente la più grande economia del mondo a parità di potere d’acquisto (e fra poco anche in dollari), sta vivendo un rialzo di borsa esplosivo (Shanghai è raddoppiata da settembre). L’economia non va affatto bene, ma il partito, sei mesi fa, ha deciso che la politica monetaria doveva essere allentata e che la borsa doveva salire. Ancora nei giorni scorsi l’agenzia ufficiale di stato Xinhua ha pubblicato un articolo in cui si sostiene che l’economia cinese, che quest’anno dovrà fronteggiare una fase piuttosto difficile, avrà bisogno di un forte sostegno da parte del mercato azionario. È difficile essere più chiari di così. A chi fosse tentato di cavalcare l’onda suggeriamo di guardare ai titoli cinesi quotati a Hong Kong, a forte sconto rispetto a quelli di Shanghai. Esplosivo anche il rialzo del mercato russo. La borsa di Mosca, con l’aiuto del potente recupero del rublo, è in crescita del 47 per cento dall’inizio dell’anno.
La stabilizzazione monetaria e il congelamento della guerra in Ucraina spiegano questa specie di resurrezione. Nonostante il rialzo il mercato non è caro, ma rimane fragile. Il petrolio e il gas rimarranno deboli, il recupero del rublo non può continuare e il conflitto in Ucraina potrebbe riaprirsi in qualsiasi momento. A chi volesse comunque investire in Russia suggeriamo di acquistare tasso fisso lungo in rubli, coprendo il cambio o, meglio ancora, di andare lunghi sul decennale future. Il Brasile ha avuto un certo recupero dopo il momento di panico causato dalla crisi politica. Il governo sta tentando di stabilizzare la situazione e potrebbe anche riuscirci, ma questo non significa un’inversione di tendenza. L’impostazione populista e dirigista verrà attenuata, ma non abbandonata. L’India resta interessante a medio-lungo termine, ma nel breve comincia ad essere cara. In pratica, gli emergenti su cui c’è valore (ma anche una buona dose di incertezza) sono Messico, Turchia e Vietnam. Più in là, sulla frontiera, sono da seguire Etiopia e Iran. Attenzione, in ogni caso. Gli armadi sono spesso pieni anche di ricordi di viaggio in paesi esotici. Se si ha una casa grande ci si potrà allestire una Wunderkammer permanente, se la casa è piccola la selezione dovrà essere rigorosa.