Che cos’è la blockchain? Conosciuta principalmente come libro mastro digitale per gli scambi in bitcoin, la catena di blocchi è una tecnologia che in futuro potrebbe rivelarsi utile in molti altri campi, a cominciare dalle politiche attive per l’occupazione.
Il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, in uno dei suoi quaderni, dà questa definizione della blockchain: “Un database decentralizzato e distribuito che archivia in blocchi informazioni e rapporti giuridici (transazioni) su una rete di tipo peer-to-peer (vale a dire tramite collegamento diretto, non supervisionato) in grado di garantire la decentralizzazione, la trasparenza, la sicurezza e la reale immutabilità dei dati e della loro storia”.
IL FASCICOLO ELETTRONICO DEL LAVORATORE
Ma in che modo la blockchain può essere utilizzata per far progredire il mercato del lavoro? Un gruppo di ricerca dell’Università Roma Tre e dello stesso Cnel – in collaborazione con l’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro e con il Garante della Privacy – propone di creare un nuovo strumento: il fascicolo elettronico del lavoratore.
In sostanza, si tratterebbe di inserire le informazioni relative a ogni lavoratore in un documento digitale accessibile solo ai soggetti della rete nazionale per le politiche del lavoro (Inps, Anpal, centri per l’impiego, patronati, agenzie per il lavoro). I dati non verrebbero archiviati nei database tradizionali dei vari enti, ma – appunto – nei blocchi che compongo un’unica blockchain. In questo modo l’efficienza delle politiche attive crescerebbe, perché tutte le istituzioni avrebbero accesso contemporaneamente a informazioni aggiornate, corrette e coerenti, eliminando costi e ritardi connessi al trasferimento di dati fra enti.
Ecco i dati che ogni fascicolo dovrebbe contenere:
- stato di stato di occupazione/disoccupazione/inoccupazione nel tempo;
- domanda ed eventuale fruizione di ammortizzatori sociali;
- situazione contributiva;
- titoli di studio;
- percorsi formativi seguiti.
LA BLOCKCHAIN DI DISTRETTO
Non solo. Sempre nell’ambito delle politiche attive per il lavoro, la blockchain potrebbe essere usata anche per propiziare l’incontro fra domanda e offerta di lavoro, favorendo la cooperazione fra soggetti pubblici e privati come centri per l’impiego, agenzie private per il lavoro, imprese, lavoratori, università e scuole superiori.
“La blockchain – scrive ancora il Cnel – consente a tali soggetti di condividere in tempo reale informazioni aggiornate, certificate, attendibili, complete, relativamente alle caratteristiche dell’offerta e della domanda di lavoro in un determinato ambito territoriale, accrescendo in modo esponenziale le opportunità di machting tra chi cerca e chi offre lavoro”.
Una sperimentazione di questa “blockchain di distretto” sarà avviata a breve in tre regioni: Lombardia, Lazio e Sardegna. “Si rileveranno non solo i dati occupazionali – conclude il Cnel – ma anche le condotte amministrative, per dimostrare la maggiore efficacia della blockchain”.