Il genio del Bitcoin è uscito dalla lampada. E non illudiamoci che ci possa rientrare da solo. “Le autorità non riusciranno a riportarlo dentro – ammonisce Paolo Savona – perché esso agisce nella sfera immateriale o infosfera controllabile solo cambiando protocollo di scambio delle informazioni, ossia frammentando l’unità del mercato mondiale e così riducendo il saggio di competitività internazionale”. Suona così l’allarme della Consob, ancor più accorato e vibrante di quello lanciato nel recente passato da Christine Lagarde o da Jerome Powell.
“La piramide di bit, l’unità di misura dell’informatica, è cresciuta enormemente ed è penetrata nel mercato degli strumenti tradizionali perdendo il contatto territoriale implicito nella loro trattazione su basi legali”, ha affermato Savona. Eppure, continua il presidente, “la Consob ha cancellato più di 400 siti che proponevano sollecitazioni scorrette al risparmio per lo più tramite criptovalute. Sulla base di Internet sappiamo che esistono in circolazione dalle quattro alle cinquemila cryptocurrency (nelle forme di stable coin, ma in gran parte floating) che operano più o meno indisturbate. Se ad esse si applica l’esperienza fatta in poco tempo dalla Consob nell’oscurare in Italia centinaia di siti web che raccoglievano illecitamente risparmio, il quadro che ne risulta appare preoccupante”, ha spiegato Savona. È una valanga che ogni giorno rovescia nella rete una mole impressionante di dati, più o meno veritieri: una quantità pari a10 alla diciottesima di Bit, qualcosa che sfugge a qualsiasi controllo sulla trasparenza a posteriori.
Di fronte a questi numeri rischia di tornare d’attualità lo scenario che ha preceduto la crisi del 2008/09, salvo che stavolta il rischio, trasferito dai derivati alle criptovalute, è ancora più elevato. In cambio, però, c’è la fiducia nella maggior sensibilità dei mercati e dei regolatori, oltre al fatto, naturalmente, che stavolta l’allarme è suonato per tempo. Ma non facciamoci illusioni: le regole attuali non sono sufficienti. “Non è più possibile distinguere, con certezza tecnica e giuridica, in che cosa oggi consistano legalmente la moneta e i prodotti finanziari, un contenuto che si presenta interrelato per la connessione garantita dalle piattaforme di conversione tra strumenti virtuali e tradizionali. Il mercato usa un metro diverso da quello della normativa esistente, che richiede di essere in questa integrato”.
La partita, poi, non riguarda solo le attività speculative e il moral hazard ma s’innesca in un conflitto più ampio tra la democrazia e l’illegalità diffusa che sfocia nel terrorismo e nell’uso delle tecnologie da parte di dittature senza scrupoli. “L’attività in forme mobiliari che si svolge nell’infosfera – spiega il presidente – va sempre più interferendo anche con le relazioni internazionali e gli equilibri geopolitici, la cui stabilità riveste un ruolo importante per gli scambi monetari e finanziari, soprattutto a seguito del peso crescente che essi hanno in un habitat politico non più al meglio dei risultati di pace e prosperità raggiunti nell’ultimo trentennio di integrazione e cooperazione tra Stati”.
Savona, a differenza di altri regolatori o banchieri di alto lignaggio (pensiamo a Goldman Sacsh o alle banche elvetiche più importanti) non nutre alcuna indulgenza sul nuovo che avanza. “L’attuale sistema degli strumenti criptati si regge sulle convenzioni dominanti tra privati, che ignorano il ruolo centrale che svolge nel buon funzionamento del mercato la natura legale della moneta come unico mezzo di scambio e di liberazione dei debiti”.
Certo, l’innovazione tecnologica è una conquista, ma l’attitudine favorevole alle nuove tecniche va accompagnata “con norme chiare sulla nascita e sugli scambi degli strumenti criptati e sui loro intrecci tra attività/passività monetarie e finanziarie tradizionali, siano esse già digitalizzate o meno, come guida indispensabile per gli operatori che gestiscono la liquidità e i risparmi”, ha indicato il numero uno della Consob.
Non è esagerato l’allarme se si pensa al vantaggio accumulato dalla diffusione degli strumenti virtuali “con la nascita di piattaforme tecnologiche che consentono accesso ai servizi di pagamento e di negoziazione in titoli più rapide e meno costose rispetto a quelle offerte dalle banche: le funzioni di custodia e scambio si sono evolute per accogliere operazioni sempre più articolate e complesse, ivi incluse la concessione di crediti garantiti da propri o altrui strumenti virtuali o la stipula di contratti derivati usando come collateral le cryptocurrency. Di qui un allarme che, in realtà, riecheggia l’atteggiamento delle autorità cinesi di fronte al rischio rappresentato dal boom di Ante di Alibaba”.
“Questi nuovi comparti del mercato sono in rapida evoluzione e sembra ripetersi l’esperienza antecedente la crisi del 2008, quando i contratti derivati si svilupparono fino a raggiungere una dimensione di dieci volte il pil globale, assumendo forme complesse che ricevettero un rating elevato. Pur con le dovute distinzioni, è prevedibile che stia accadendo qualcosa di analogo nel mercato dei prodotti monetari e finanziari virtuali, soprattutto criptati”.
Il professor Savona, insomma, ha colto l’occasione della relazione annuale (stavolta in remoto, sperando di tornare in Piazza Affari già dal prossimo anno) per lasciare l’impronta della sua personalità di studioso che guarda avanti piuttosto che soffermarsi sul mercato così come è oggi: il presidente si è limitato ad assicurare “l’attento monitoraggio” dell’integrazione di Borsa italiana in Euronext senza nulla concedere alle preoccupazioni dei Cinque Stelle.