Nuova, pesantissima, flessione per il Bitcoin. Dopo aver galleggiato per tutta la settimana intorno a quota 10mila dollari (raggiungendo anche i dodicimila dollari lo scorso 28 gennaio) la criptovaluta più famosa del mondo è scesa sotto la soglia dei novemila dollari
Nel corso della mattinata di venerdì 2 febbraio il Bitcoin ha toccato uno dei punti più bassi dell’ultimo anno, toccando quota 8352 dollari, ai minimi dallo scorso novembre, con una flessione di oltre dodici punti percentuali sulla giornata, il 35% negli ultimi tre mesi.
A dicembre, poche settimane fa, il Bitcoin è arrivato a toccare quota 20mila.
Il mercato delle criptovalute è estremamente volatile, e flessioni come quella delle ultime ore sono state frequenti anche in passato. Questa volta però il crollo arriva dopo mesi di record ed euforia.
Analisti ed esperti finanziari fanno fatica a trovare una spiegazione al precipitoso crollo. Le vendite sono dovute senza dubbio all’alto livello di realizzi connesso al Bitcoin. Il capital gain per gli investitori è corposo: non dimentichiamoci che appena un anno fa la criptovaluta era ancora sotto i mille dollari.
I profitti realizzati da investimenti su criptovalute sono esenti da tassazione diretta sul capital gain. Anche l’Agenzia delle Entrate si è pronunciata esplicitamente in materia, equiparando tali operazioni a quelle sulle monete “tradizionali”. E’ proprio dietro al tema fiscale che potrebbe cercarsi la ragione dell’andamento negativo del Bitcoin.
Da qualche settimana molti governi hanno iniziato a muovere i primi passi verso misure più rigide di controllo e monitoraggio delle operazioni connesse alle criptovalute. Il timore dell’introduzione di nuove misure fiscale potrebbe aver frenato gli investitori.
Il settore si presta a iniziative ambigue e truffe. Basti pensare che anche Facebook si è mosso per regolarizzare le operazioni, vietando le pubblicità legate alle criptovalute e alle Ico (le offerte iniziali di valute proliferate fino a raccogliere 5,6 miliardi di dollari nel 2017). La Sec – la Consob statunitense – ha bloccato un’Ico bancaria da 600 milioni di dollari in Texas.
Il sospetto fondato delle autorità di controllo e sorveglianza dei mercati è che il boom del Bitcoin sia strettamente connesso ad azioni di manipolazione dei prezzi su Bitfinex, la “Borsa” delle criptovalute.
Il sospetto è che la piattaforma abbia gonfiato i prezzi finanziando con i fondi raccolti attraverso l’emissione di Tether, formalmente effettuata da un’altra società che però farebbe capo alla stessa struttura di controllo, anch’essa sotto inchiesta. Tether è un token utilizzato per i servizi su Bitfinex legato al dollaro con una parità di uno a uno. Forte di questo supporto era spesso utilizzato per ingenti acquisti di criptovalute. Non sarebbe quindi un caso che la notizia del faro acceso dalle autorità Usa sia coincisa con l’avvio di ondate di vendite su tutto il comparto.
Seguendo le orme di Cina e Corea del Sud, anche l’India ha deciso di fare passi avanti per contrastare l’illegalità legata al comparto: “il governo non considera le attività legate alle offerte di criptovalute e prenderà tutte le misure per eliminare tutte le operazioni che utilizzano i cripto-asset per finanziare attività illecite o come strumento di pagamento”, ha affermato il ministro delle Finanze Arun Jaitley.
Le vendite non hanno interessato solamente il Bitcoin, ma sono apparse generalizzate su tutto il comparto. Crollo vertiginoso anche per Ripple (-30% a 0,7 dollari, che a metà gennaio aveva raggiunto il picco di tre dollari) ed Ethereum, che perde più del 20% a 870 dollari, solo quindici giorni fa a quota 1400 dollari.