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Bioeconomia: Friuli, Toscana e Marche le regioni più bio d’Italia

La ricerca fatta da SRM- Intesa Sanpaolo evidenzia come l’Italia sia uno dei primi paesi in Europa per incidenza della bioeconomia ma che le regioni non viaggiano tutte alla stessa velocità.

Bioeconomia: Friuli, Toscana e Marche le regioni più bio d’Italia

SRM, centro studi legato al gruppo Intesa Sanpaolo, ha redatto una ricerca sulla filiera bioeconomica italiana. Da questo studio è emerso che il Friuli Venezia-Giulia, la Toscana e le Marche sono le regioni più bio d’Italia, seguite dal Veneto, l’Emilia-Romagna e l’Umbria.

La classifica è stata creata mettendo al primo posto l’importanza che i settori completamente e parzialmente bio hanno sul PIL regionale insieme al livello di transizione bioeconomica delle singole regioni, cioè il cambiamento, grazie all’innovazione tecnologica, di un settore da parzialmente a totalmente bio.  

La classifica vede un primo gruppo formato dalle regioni sopracitate, caratterizzato da una grande attenzione al bio e con un processo di transizione bioeconomica elevato, al quale segue il secondo gruppo di regioni (Abruzzo, Puglia, Basilicata, Trentino Alto-Adige, Molise, Sardegna e Calabria) che ha un’impronta bio elevata ma uno scarso livello di transizione bioeconomica. Nelle ultime posizioni troviamo un gruppo formato dalla Lombardia, dal Piemonte, dalla Campania e dalla Sicilia, mentre ancora più in basso si trovano la Valle D’Aosta, la Liguria e il Lazio.

All’interno della ricerca è stato specializzato che quelle regioni come la Lombardia, il Lazio e la Campania, che hanno una variegata specializzazione industriale e che diversificano la produzione, tendono a essere penalizzate all’interno della classifica a causa dei parametri sui quali si basa.

A livello nazionale la bioeconomia ha un valore di circa cento miliardi di euro e conta oltre due milioni di lavoratori. Queste somme pongono l’Italia ai primi posti tra i paesi in Europa per incidenza della bioeconomia all’interno del proprio sistema economico, per l’esattezza l’8% per l’occupazione e il 6,4% di valore aggiunto.

Nella bioeconomia nazionale il settore agro-alimentare rappresenta l’attività con maggiore rilevanza, nonché la più diffusa, specialmente nel Mezzogiorno, dove costituisce un valore aggiunto all’economia locale pari al 79%, contro il 62% del valore nazionale.

Il PNRR rappresenta un’enorme opportunità di rilancio per il settore bioeconomico perché destinerà la quota più rilevante dei fondi proprio alla transazione ecologica del Paese. Si tratta di 59,47 miliardi di euro ai quali andranno aggiunti altri 9,16 miliardi del Piano Complementare e 1,31 miliardi di React EU. In Italia quasi il 33% dei fondi sarà destinato proprio al Mezzogiorno. Quest’ultimo avrà quindi un ruolo primario nella transizione verde del Paese per le opportunità che potrà creare e l’incremento dell’impronta bioeconomica dell’economia italiana.

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