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Biodiversità: la legge non passa in Europa. Il no di agricoltori e centrodestra

Pixabay

Tre bocciature hanno seppellito la « Nature restoration law », la legge
sulla biodiversità che obbliga i Paesi europei a tutelare il 20% della superficie terrestre o
marina. Tutto nei prossimi sette anni, in coerenza con gli obiettivi climatici dell’Ue. La legge è stata bocciata in sequenza dalle Commissioni Pesca, Agricoltura e Ambiente. L’ultimo no è arrivato dalla Commissione Ambiente due giorni fa, la Commissione che ha un potere e una visione più larga sulle questioni del Green New Deal. Il prossimo passaggio sarà nella seduta plenaria del Parlamento europeo a luglio. Ma ormai il provvedimento è dato per morto. La prima vittima del diniego sulla biodiversità è proprio il New Deal che contempla più protezione di terre e fondali marini entro il 2030. Le posizioni politiche in campo sono chiare con i conservatori da una parte e i socialisti progressisti dall’altra. Paradossalmente a nessuno dei due schieramenti sfuggono gli effetti a lungo tempo sulla tutela e riorganizzazione degli spazi agricoli. L’Italia, che nel 2022 ha toccato la cifra record di 60,1 miliardi di euro in esportazioni, con la riduzione dei terreni agricoli vedrebbe ridotto di
molto il suo trend positivo.

Perché gli agricoltori sono contenti della bocciatura

Le coincidenze hanno valore anche in politica economica. Il giorno in cui la legge veniva respinta per la terza volta, a Roma al Ministero dell’Agricoltura si firmava un’intesa per le esportazioni delle pere italiane in Cina. Le pere vendute e mangiate in Cina possono suscitare sarcasmo, ma l’Italia qualche giorno prima ha firmato un altro accordo per esportare carne bovina e sta lavorando per quello sulle farine di frumento. Una coincidenza con la sovranità non solo agricola, declamata dal Ministro Francesco Lollobrigida, ma indice di una opposizione a tutto l’impianto del New Deal, con il quale la destra europea non è mai andata molto d’accordo. Per uscire dal tunnel in cui si sono infilate le forze politiche a Bruxelles occorre sicuramente una nuova proposta di legge. Gli agricoltori non hanno dubbi e a testimoniarlo basta ciò che ha scritto Confagricoltura: quello che è accaduto alla Commissione Ambiente dell’Ue dimostra «  la necessità di ritirare l’attuale testo per ripartire su basi nuove e maggiormente concertate con le imprese del settore ». Non sarà facile trovare un equilibrio tra la tutela della biodiversità e la tutela del potenziale produttivo agricolo dell’Unione. L’ennesima divaricazione tra interessi ambientali ed agricolo-industriali in un passaggio delicato della nuova economia. La legge contestata è scaturita dai dati dell’Agenzia europea dell’ambiente secondo cui l’80 % degli habitat è in cattivo stato di conservazione e 1.677 specie sono a rischio estinzione. La visione “verde” di Agenzia e Commissione ha trovato una forte opposizione nel Copa-Cogeca, sindacato che riunisce i rappresentanti degli agricoltori e delle cooperative agricole. Un buon alleato della destra con manifestazioni a Bruxelles che hanno convinto i parlamentari a stare dalla parte opposta della transizione ecologica. È diffusa la preoccupazione di ridurre la capacità di produrre cibo sano, una filiera che sempre in Italia fattura 300 miliardi di euro. Se passa il « Nature restoration law »  saremmo più esposti alle importazioni che noi e tante Ong e organizzazioni della società civile considerano rischiose.” Dietro queste affermazioni c’è il dilemma se, come e quando aprire alle esportazioni dagli altri Paesi da cui arrivano mais, frumento, latte, patate, orzo, olio di oliva. L’Italia plaude alla bocciatura della legge in virtù di quella sovranità alimentare che non vuole misurarsi con i cambiamenti climatici e la globalizzazione. Il governo ha lanciato una consultazione pubblica sulla biodiversità, ma alla fine bisognerà scegliere. Dimostrando, magari, di saper affrontare il nodo gordiano tra sviluppo e tutela ambientale.

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Categories: Politica