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Big Tech, in vista dalla Ue un contributo a favore delle reti Tlc. Con 20 miliardi l’anno, spinta al Pil di 72 miliardi

FIRSTonline

Lo strapotere dei Big Tech è sempre più sotto esame. E la Ue studia di imporre loro un contributo sulle reti Tlc grazie alle quali incassano giganteschi guadagni. A smuovere le acque è anche l’ultimo grido d’allarme lanciato dai grandi operatori tlc, impegnati con monumentali investimenti per spingere la fibra ottica e il 5G a fronte di ricavi in calo per la forte pressione competitiva. L’Etno, l’associazione europea degli ex incumbent, ha chiesto ad Axon Partners di fare i conti. Ecco cosa è venuto fuori.

Big Tech, reti e operatori Tlc: un rapporto sbilanciato

Chi sono i Big Tech? Ricordiamolo: 

  • Alphabet con Google e YouTube;
  • Amazon con Aws e Amazon Prime; 
  • Apple con iTunes, iCloud e AppStore; 
  • Meta con Facebook, Instagram e WhatsApp; 
  • Microsoft con MS Office e Xbox;
  • Netflix.

Nell’Etno sono invece associati Deutsche Telekom, British Telecom, Orange, Telefonica, Telia, Telenor, Telecom Italia e Vodafone.

Secondo il rapporto di Axon Partners i sei giganti del Web, da soli, rappresentano quasi il 56% dell’intero traffico dati sulle reti, un traffico cresciuto esponenzialmente con lo sviluppo massiccio di Internet.

Le Telco (Telecom company) hanno investito 500 miliardi sulle infrastrutture negli ultimi dieci anni per facilitare questa corsa del Web, con un contributo pressoché nullo da parte dei Big Tech allo sviluppo delle reti. Questi ultimi in compenso scaricano sulle Telco costi stimati tra i 36 e i 40 miliardi l’anno.

A sbilanciare ulteriormente il rapporto, è l’andamento dei ricavi contrapposto: gli operatori europei di tlc hanno registrato una flessione del 7% dei ricavi tra il 2015 e il 2021. Facebook, Amazon, Google e Netflix li hanno invece aumentati del 500% nello stesso periodo. la forte sproporzione delle forze in campo è documentata anche dalla capitalizzazione di Borsa: 0,24 trilioni di euro per le Telco a fronte di 7,11 trilioni di euro per le Big Tech, con un calo del 40% per gli operatori Tlc europei e una crescita del 385% dei colossi del web, nel periodo considerato. Migliore è stata, negli stessi anni, la performance delle Telco giapponesi e americane probabilmente per una diversa pressione regolatoria.

Axon Partners Group

Big Tech e operatori Tlc: come riequilibrare il rapporto

Alla luce del rapporto di Axon Partners la richiesta dell’Etno è chiara: serve un contributo dei Big Tech alla realizzazione delle nuove reti Ftth e 5G. Il rapporto prefigura tre scenari da 10, 20 e 30 miliardi l’anno. Se fosse di 20 miliardi l’anno, potrebbe generare una crescita del Pil di 72 miliardi e 840mila posti di lavoro in più nel 2025, accelerando gli obiettivi di digitalizzazione delle reti. Dal punto di vista ambientale, il contributo consentirebbe una riduzione del 28% dei consumi energetici e del 94% dell’impronta carbonica.

La Ue raccoglie l’allarme, i Big Tech passano al contrattacco

Se questo è il grido d’allarme delle Telco europee, la Ue sembra decisa ad accoglierlo. “Vediamo che alcuni attori generano molto traffico consentendo alla loro attività di esistere ma non contribuiscono a fare in modo che questo traffico possa funzionare. La questione di un giusto contributo alle reti deve essere considerata con grande attenzione” ha affermato la vice-presidente Ue Margrethe Vestager lunedì, riferisce il quotidiano francese Les Echos. “Il principio è ormai acquisito”, prosegue il quotidiano citando Thierry Breton, commissario al Mercato unico. “Le regole in vigore da vent’anni segnano il passo e gli operatori non hanno più il giusto ritorno sugli investimenti. Bisogna riorganizzare un’equa remunerazione delle reti”.

Parole che piacciono alle Telco, ma molto meno ai Big Tech. “È sbagliato – riporta ancora Les Echos citando Christian Borggreen, vice-presidente Ccia – considerare che i mancati investimenti degli operatori tlc siano causati dai servizi appassionanti che stimolano la domanda di Internet. Gli operatori sono già pagati dai loro clienti”. L’accusa niente affatto velata è che le Telco vogliano “raddoppiare i ricavi facendo pagare il traffico ai fornitori di contenuti e servizi, nonostante l’impegno europeo in favore della neutralità del Net”. La battaglia è avviata, ma si preannuncia lunga e complessa.

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