Il presidente Usa Joe Biden accusa direttamente il suo predecessore Donald Trump per l’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021. E’ lui il responsabile della rivolta di un anno fa, afferma nel discorso pronunciato giovedì, a un anno esatto da quei fatti. E di fatto si apre la campagna elettorale per il voto di Mid Term fissato al prossimo novembre.
«Per la prima volta nella nostra storia, un presidente non solo ha negato di aver perso le elezioni, ma ha cercato di impedire il pacifico passaggio di poteri, mentre una calca violenta irrompeva a Capitol Hill. Questo è successo davanti agli occhi del mondo. Ma c’è qualcosa che non abbiamo visto. Dopo aver fomentato i tumulti, l’ex presidente sedeva nella sala da pranzo della Casa Bianca, senza fare nulla per ore, mentre la polizia veniva assaltata, vite umane erano in pericolo e il Congresso della Nazione sotto assedio». E ancora: «L’ex presidente ha diffuso una fitta rete di bugie, ha cercato di rovesciare il risultato di elezioni libere, di sovvertire la Costituzione».
Per la prima volta il presidente degli Stati Uniti attacca così direttamente il suo predecessore e lo accusa direttamente di essere il responsabile morale della drammatica giornata di un anno fa, quando centinaia di persone – sostenitori di Trump – assalirono la sede del Congresso e ne devastarono la sede, mettendo in pericolo anche la vita dell’ex vice presidente, reo di non avere invalidato le elezioni presidenziali che avevano, pochi mesi prima, decretato la vittoria del rivale democratico.
Il discorso di Biden apre dunque una nuova strategia, decisamente più incisiva, in vista della prossima scadenza elettorale. La risposta di The Donald arriverà sabato 15 gennaio, con un comizio a Florence, 105 chilometri a sud di Phoenix, in Arizona. Trump parlerà al «Country Thunder Festival Grounds», un popolare festival musicale in una cittadina che è soprattutto una roccaforte trumpiana, la città nella quale l’ex presidente sconfisse il candidato democratico con un margine di 17 punti percentuali. Nel 2020 Arizona e Georgia si rivelarono i nuovi «swing states»: fondamentali per la vittoria di Biden. Da qui dunque si riparte per la nuova fase politica.
Sono tre, nel discorso pronunciato da Joe Biden, le “bugie” (testuale) dell’ex presidente – mai nominato con il proprio nome ma solo come “former president” – e le ha elencate ad una ad una.
La prima è di avere sostenuto che «truffa del secolo», cioè «il furto della vittoria» dello schieramento trumpiano, sia avvenuta il 3 novembre2020, il giorno delle elezioni presidenziali. «Ve lo immaginavate? Secondo l’ex presidente 150 milioni di americani hanno partecipato a una frode e non al momento più alto della democrazia, cioè il voto». Seconda bugia è che il risultato delle urne non sia stato certificato legalmente. «Ma queste sono state le elezioni più controllate e verificate della storia — osserva Biden — tutti i ricorsi presentati sono stati esaminati e respinti dai giudici, compresi quelli nominati dall’ex presidente». Terza bugia l’aver accolto come “veri patrioti” gli assalitori del Campidoglio. «Gente che ha rotto vetri, devastato gli uffici dei parlamentari, letteralmente defecato nei corridoi di Capitol Hill. Questi sarebbero patrioti? Non per me. I veri patrioti sono i poliziotti che hanno difeso il Congresso; gli elettori che hanno espresso la loro preferenza; i funzionari leali che hanno certificato i risultati».
Si arriva così alle conclusioni. «Siamo a un bivio. Tocca a noi americani decidere se vogliamo un Paese in cui sia considerata normale la violenza politica. Ma voglio essere chiaro: io non consentirò a nessuno di puntare un coltello alla gola della democrazia americana». Biden attacca anche i governatori di alcuni Stati americani che hanno consentito il varo di leggi che riducono il diritto di voto. E proprio sulle garanzie offerte a chi va a votare, in particolare alle fasce più deboli della popolazione come gli afroamericani e gli ispanici, sarà dedicata ora l’attenzione di Biden, della vice Kamala Harris e del partito democratico in vista delle prossime elezioni di metà mandato.