La chiamano mobilità dolce ed è quella sulla quale scommettono oggi molti Paesi avanzati, compresa l’Italia che attraverso il Pnrr investirà 600 milioni di euro per realizzare 1.800 km tra piste ciclabili urbane e ciclovie turistiche. Ma già oggi gli italiani sono un popolo di ciclisti: lo conferma il Marketwatch sull’ecosistema della bicicletta presentato da Banca Ifis, l’istituto mestrino sempre più presente nel mondo dello sport (è sponsor sulla maglia della Sampdoria) e in particolare delle due ruote, in quanto premium partner delle Classiche ciclistiche in territorio italiano. L’industria della bici vale 9 miliardi di euro e nel 2020 è stata sostenuta soprattutto dalle e-bike, che da sole hanno venduto il 44% in più. Nell’intero anno solare sono state 2 milioni le bici vendute, di cui 280mila biciclette elettriche, agli oltre 10 milioni di appassionati di cui 4 milioni praticano attivamente ciclismo sportivo e cicloturismo.
Soprattutto al Nord infatti, secondo l’analisi di Banca Ifis, sta esplodendo una vera e propria bici-mania: il 71% degli appassionati, la maggior parte dei quali vive in Lombardia, vorrebbe ridurre l’utilizzo dell’auto, il 72% preferisce che le vacanze includano attività fisica. Ecco perché un altro grande driver sarà la crescita del cicloturismo, un business finora poco esplorato ma al quale già oggi sono riconducibili 55 milioni di pernottamenti l’anno sul territorio nazionale. In questo caso, sempre al Nord, la regione virtuosa è il Trentino-Alto-Adige, che offre un’ampia offerta di percorsi, una rete di trasporti, punti ristoro e servizi dedicati alle due ruote. E non a caso ottiene in media 338 mila euro di ricavi per chilometro ciclabile, a testimonianza del fatto che oltre al valore ambientale, la mobilità dolce ne ha anche uno economico: dal cicloturismo, secondo le stime dell’Ufficio studi di Banca Ifis, si potrebbero ricavare a livello nazionale circa 20 miliardi di euro, quadruplicando di fatto i volumi attuali.
Ma già oggi la filiera delle due ruote è tutt’altro che secondaria. L’ecosistema conta 2.900 imprese, la maggior parte delle quali ancora una volta al Nord, che impiegano 17mila persone e che non hanno nulla da invidiare ad altri comparti manifatturieri: dal 2018 a oggi la produzione italiana segna +20% (3 milioni di bici prodotte nel 2020) e un’azienda su due prevede un ulteriore aumento dei ricavi da qui al 2022, mentre solo il 10% stima una contrazione. La filiera è fiduciosa (il 90% dei produttori italiani ha aumentato o lasciato invariata la quota destinata agli investimenti) e rispetta le pratiche della sostenibilità: la riduzione dell’impatto ambientale è una priorità per circa 8 imprese su 10. Nel dettaglio, il 69% dei produttori è impegnato nel riciclo dei rifiuti, il 24% si è attivato per ridurre gli scarti di produzione, il 21% punta sulla riduzione dei consumi e su opere di efficientamento energetico, il 16% sull’utilizzo di fonti di energia rinnovabili e il 9% è riuscito a ridurre le emissioni e l’utilizzo di inquinanti. Un quarto delle aziende si impegna in azioni di economia circolare.
Il made in Italy delle due ruote va forte anche all’estero: il 53% dei produttori esporta, per il 52% con destinazione nei Paesi europei. Non manca tuttavia qualche elemento di preoccupazione. L’import ad esempio, soprattutto quello della componentistica, ha un forte peso: oltre la metà dei produttori e grossisti importano materiale dall’estero. Il primo fornitore è la Cina e su questo fronte l’industria italiana sta soffrendo l’aumento dei prezzi delle materie prime. L’elevata dipendenza dall’estero ha determinato nel 2020, anche a causa della pandemia, tempi di attesa fino a circa 300 giorni per le forniture di componentistica in Europa. Di conseguenza, i produttori europei di componentistica (25% la quota di mercato Italia) si sono posti come obiettivo una minore dipendenza dalla fornitura extra-Ue e di triplicare nel 2025 il valore prodotto fino a 6 miliardi di euro.