Oggetto raro, che costituisce un’importante acquisizione nel corpus dei nuovi lavori da riferire a Giovanni della Robbia -come facilmente rivela il confronto con le vivaci, sapide figurette che animano la predella della Natività oggi al Bargello, modellata nel 1521 è senz’altro questa insolita, suggestiva pace in terracotta invetriata, raffigurante il Cristo in Pietà tra i dolenti circondato dai simboli della Passione: ammirabile nel riproporre nelle piccole dimensioni una pala d’altare e nel condensare nell’iconografia così devota nell’ostentazione dei simboli della redenzione, una tradizione figurativa tardogotica che dalla Pietà di Lorenzo Monaco alla Galleria dell’Accademia di Firenze si proietta nel primo Cinquecento.
Un’immagine che possiamo immaginare stretta un tempo tra le mani da qualche uomo di chiesa durante le sue meditazioni sulle sofferenze del Cristo, puntualmente descritte con vivezza narrativa proprio per accompagnare la riflessione e sospese sul cielo quasi fossero un’apparizione. La pace, con un foro in alto praticato dopo la cottura e che presenta sul retro, levigato e smussato ai bordi, un’iscrizione ottocentesca a inchiostro con un riferimento a Luca della Robbia, si presenta in buono stato di conservazione, eccetto modeste sbeccature sui bordi e sulla fronte del Cristo e del san Giovanni e qualche caduta nella figura inginocchiata a sinistra. Inconsueti nella produzione robbiana, i simboli della Passione che potrebbero avere un precedente nello straordinario altare marmoreo della cappella Corbinelli (1490-1492 circa) in Santo Spirito a Firenze di Andrea Sansovino, dove nelle paraste compaiono appesi a nastri con uno straordinario e bizzarro gioco illusionistico, sono attestati nella monumentale pala della Visitazione fra i santi Sebastiano e Rocco (post 1524) di Giovanni della Robbia a Lamporecchio (Gentilini 1992, p.323). Intorno al medesimo giro d’anni verso il 1530, compaiono anche nell’arco della pala di Re-nacavata, presso Camerino, raffigurante la Madonna col Bambino tra i santi Francesco e Agnese, modellata da Santi Buglioni forse in occasione della fondazione del convento cappuccino (San- tarelli, 1998).
Proprio la presenza così visibile in quest’opera dei simboli della Passione di Cristo, almeno in questo specifico caso sembra riflettere una forma di devozione prediletta e in stretta relazione con la spiritualità cappuccina, attestata fin dalle Costituzioni di Albacina: “che li frati non tengano in cella figure curiose ma alcune poverine cose, o ver qualche crocefisso, o ver qualche altra semplice crociolina con li misteri della Passione, come lancia, spongia, chiodi”.
Giova infine rammentare che nell’ambito della produzione in terracotta invetriata, ancora a Santi Buglioni, nel novembre 1553, furono commissionate da parte dell’abate della Badia fiorentina, due perdute tavole per la chiesa della Croce dell’Alpe presso Cutigliano di Pistoia, entrambe con, nelle cornici, i simboli della Passione: una Pietà e santi “co pilastrj cornice et pre- della co trofej della passione, e un Cristo crocifisso dintorno uno ornamento di trofei di passione” (Gentilini, 1992, p. 441). Dal testo di Alfredo Bellandi.