Nel momento in cui la fortuna di Liala inizia a declinare, cioè dagli anni Ottanta in poi, ma non a interrompersi del tutto, perché questo non è avvenuto neanche ai giorni nostri, ecco farsi avanti un’altra scrittrice di grande successo, e nello stesso settore, genericamente definibile della narrativa rosa, ma questo comunque lo vedremo meglio più avanti: Sveva Casati Modignani. Come premesso non è che quest’ultima si possa far rientrare del tutto all’interno del genere rosa, come si fa per Liala, perché sarebbe ingeneroso e immeritato nei suoi confronti, in quanto ha delle doti letterarie ben più solide e profonde, che la collocano al di sopra di una qualunque altra narratrice rosa.
Nei confronti di Liala poi le differenze non sono poche: il tipo di scrittura della Casati Modignani è più completo, ricco, corposo, presenta una varietà di trame e di contesti incomparabilmente superiore, e non di rado assistiamo a voli descrittivi di pregio.
Inoltre è molto più aderente alla realtà sociale e politica del paese, con le sue problematiche affrontate anche con durezza quando necessario, che Liala è stata sempre e assolutamente restia a introdurre nei suoi romanzi.
Non che Liala non avesse un suo orientamento politico. Tutt’altro! Era infatti di tendenze vicine alla destra monarchica, forse anche a causa dei grandi amori della sua vita, tutti ufficiali di marina o di aviazione. Ma nei romanzi preferiva non inserire queste tematiche, le lasciava fuori dalle storie con le quali stregava le sue appassionate lettrici. E dal suo punto di vista non aveva neanche torto: negli oltre 80 romanzi che ha composto, i temi politici sarebbero entrati in conflitto con le aspettative e le attese delle sue lettrici, che di tutto volevano leggere, pur di allontanarsi dalla realtà e dalla quotidianità, delle quali si alimenta invece la politica, e rimanere immerse in quella che si può definire la terra dei sogni. Meglio evitarlo.
80 romanzi, 12 milioni di copie.
Stessa cosa non si può dire della Casati Modignani, che da giornalista quale è stata per lunghi anni, in coppia col marito Nullo Cantaroni, conosceva, affrontava e trattava la realtà nelle sue tante sfaccettature, e sapeva che essa può, anzi deve, servire come materia da sviscerare nei romanzi. Cosa che ha fatto più volte.
Forse le ha nuociuto il fatto che nei suoi libri, pur ambientati in contesti estremamente diversificati, ci sia sempre una storia d’amore a coronamento della vicenda. Una storia che si conclude positivamente, lasciando il lettore con quel nascosto compiacimento che deriva dall’happy end. Forse una conclusione meno lieta avrebbe giocato a favore della narratrice, ed eliminato le remore che qualcuno avverte nel collocarla al di fuori del reticolo del rosa. Cosa che oggi, a dir il vero, avviene sempre meno.
Il successo invece arrise ad entrambe, e in larghissima misura: milioni e milioni di copie, non si sa con esattezza quanti, per Liala. Circa 12, al momento, considerando anche le traduzioni, per la Casati Modignani. Senza naturalmente porre limiti alla provvidenza, dato che la nostra simpatica autrice è ancora in vita e gode di ottima salute, nonostante gli 80 anni portati splendidamente. Basta vedere le immagini e le registrazioni delle sue interviste sui vari social per rendersene conto. E dato che non ha nessuna intenzione di mettere a riposo la penna, noi non possiamo che augurarle una carriera ancora lunga e piena di soddisfazioni.
La vita
Bice Cairati, questo il suo vero nome, nasce a Milano nel 1938 in una famiglia modesta che abita a due passi da piazzale Loreto, una volta quartiere artigiano e piccolo borghese, ora zona degradata. Ma in quella stessa casa, costruita dai nonni ai primi del Novecento, dove è nata e ha sempre vissuto, continua ad abitare ancora oggi, che potrebbe permettersi ben altra dimora. Ma è sempre attaccatissima a quella strada, alla casa, al giardino che cura con infinito amore, e nessuno riuscirà a smuoverla da lì.
Ecco cosa la scrittrice scrive della sua vita nella capitale lombarda :
A me piace presentarmi così: sono nata a Milano, dove vivo con un bassotto prepotente. Ho due figli, un numero ragionevole di parenti e amici affettuosi, che mi sopportano con infinita pazienza. Alcune (un paio) amiche del cuore, con le quali litigo spesso, per il piacere di far pace. Cucino volentieri, ricamo a punto croce, coltivo l’arte del sonno. Mi piacciono le torte fatte in casa, i film sentimentali, le canzoni di Paolo Conte e Frank Sinatra, i fiori del mio giardino e la neve. Vorrei avere la battuta pronta, scrivere commedie brillanti, saper usare il computer e non sentirmi in colpa quando non lavoro. Detesto gli elettrodomestici, la pentola a pressione, la pioggia e le persone arroganti.
Frequenta le scuole sino al liceo e poi si iscrive all’università, ma dopo alcuni esami la famiglia messa davanti all’alternativa di poter far studiare solo uno fra lei e il fratello opta per quest’ultimo, che prenderà la laurea e diventerà docente alle superiori.
Bice entra invece nel mondo del lavoro, prima come segretaria, poi, data la sua scarsa propensione per quest’attività, la abbandona ed entra come giornalista al quotidiano “La Notte” di Milano, diretto da Nino Nutrizio. Nel frattempo si fidanza e nel 1971 si sposa con il collega Nullo Cantaroni, di dieci anni più vecchio di lei.
Per parecchi anni fa la giornalista, e con qualche successo. La scrittura è il suo mondo. Fin da piccola il padre l’ha abituata a leggere e ad ascoltare i racconti degli altri. In tempo di guerra, fra gli sfollati nei casolari di campagna, la sera sentiva nella stalla le storie dei vecchi, incantata dalla bellezza e varietà di quelle vicende. Ha sempre coltivato insomma la passione la narrativa, tanto che anche da piccola riempiva quaderni su quaderni, che poi buttava.
Ma più che il giornalismo, che richiede buona dose di verità e poca di inventiva, anzi nessuna, per lei è quasi il contrario. Nel mondo della stampa è rimasta famosa una sua celebre intervista ai Beatles, assai apprezzata, ma tutta inventata. Era riuscita a convincere una cameriera a cederle il suo posto, farle indossare la sua veste e introdursi nella dimora dove il celebre complesso risiedeva per il concerto a Milano nel giugno del 1965. Scoperta, la cacciarono. L’intervista però doveva farla, e ne uscì una “taroccata”, che peraltro piacque anche molto. Ma si capiva che come giornalista non avrebbe potuto durare a lungo. Il suo mondo era un altro: non quello del giornalismo, ma quello della narrativa.
L’inizio come scrittrice
Nel 1980 inizia a battere sulla sua Olivetti rossa, quella che usa per lavoro, la storia della sua famiglia, una cartella dietro l’altra. Lo fa per settimane intere, per lasciarla poi al figlio e non disperdere il grande patrimonio di memorie dei suoi antenati. Il marito guarda a cosa la moglie stia lavorando con tanta passione e dedizione, ne intuisce il valore, la potenzialità, risistema un po’ la storia, la corregge nei punti deboli, la potenzia in quelli forti, dopo di che i due si rivolgono a Tiziano Barbieri, patron della Sperling e Kupfer. Questi apprezza subito il romanzo, consiglia come nome dell’autore di non puntare sui loro due nomi, ma di ricorrere a uno pseudonimo, e conia quello che dà vita a una nuova scrittrice: Sveva Casati Modignani. Il libro si intitola Anna dagli occhi verdi, e senza grande pubblicità si esaurisce in pochissimo tempo. L’editore ha visto bene. Il romanzo viene subito ristampato e raggiunge tirature da autentico best seller: ad oggi oltre 300.000 copie.
Arriva il successo
La scrittrice a questo punto ritiene conclusa la sua missione, ma l’editore, non diversamente da come avrebbe fatto poco dopo Elvira Sellerio con Andrea Camilleri, la consiglia, la sprona, la invita pressantemente a proseguire con un altro romanzo. Coglie insomma le sue straordinarie doti e vuole sfruttarle sino in fondo.
Inizia così la lunga trafila dei titoli, oltre trenta al momento. La vera scrittrice fra i due coniugi è lei. Col marito compone soltanto altri tre romanzi, poi lei prosegue da sola, pur mantenendo lo stesso fortunato pseudonimo, mentre il marito la corregge, la consiglia, ne migliora ove possibile il testo, ma nulla più. Una malattia lo coglie poco dopo, una malattia lunghissima, di 20 anni, che ne mina l’operatività e nel 2004 lo conduce alla morte. La Casati comunque ha oramai preso l’avvio e procede con la regolarità del mulo a riempire, sempre con la stessa Olivetti rossa, pagina dopo pagina, la montagna dei suoi romanzi. E sempre con lo stesso editore, al quale la lega una sorta di affetto e di stima. Senza di lui probabilmente non ci sarebbe stata nemmeno lei.
La scrittura? Quasi una mission
La scrittura è quasi una mission per la Casati. Avverte di romanzo in romanzo che quella è l’attività più consona alla sua personalità: un’attività che invece di stancarla la esalta, la rende felice, attiva, gioiosa, ne impreziosisce l’esistenza, che diventa invece grigia e dolente quando non può praticarla. E quando uno ha la fortuna di amare quello che sta facendo giorno per giorno, perché smettere?
Vengono così fuori, titolo dopo titolo, i suoi innumerevoli best seller, tradotti in tutte le principali lingue del mondo: Come stelle cadenti, Disperatamente Giulia, Il cigno nero, Caterina a modo suo, Lezione di tango, Qualcosa di buono, Rosso corallo, La moglie magica, Dieci e lode, Un battito d’ali, Una pioggia di diamanti, Un amore di marito, Come stelle cadenti, Suite 405 e molti altri.
Da alcuni sono stati tratti dei film, e anche la televisione ha pescato a piene mani nella sua produzione, realizzando degli sceneggiati.
Poco importa a questo punto la diatriba se vada considerata una scrittrice rosa o una scrittrice a tutto tondo, senza aggettivi che ne pregiudichino e ne limitino in qualche misura la letterarietà. I contesti che affronta, la varietà di tematiche, di ambienti, di personaggi che descrive, lasciano tuttavia intendere quanto l’aggettivo rosa sia inadeguato. Lei parla di tutto, dal mondo degli affari a quello della scuola, da quello della sanità, al quale sta lavorando per il prossimo romanzo, a quello del lavoro e dell’industria.
Un’eccellente professionista
La caratteristica inoltre di informarsi bene prima di iniziare un romanzo, di impiegarvi un anno intero, dedicando poi alla stesura vera e propria del libro solo sei mesi la dice lunga anche su come si prepari, prima di scrivere un romanzo. In tempi recenti si è addirittura incontrata per più giorni col leader sindacale Maurizio Landini per informarsi e documentarsi bene sul mondo del lavoro e trascriverlo poi nell’ultimo romanzo (per ora): Suite 405. Un romanzo che parla della vita di un sindacalista. Cosa c’è di rosa in tutto questo?
Tutto sommato la Casati Modignani si può definire come una eccellente professionista nel suo settore, che è quello della narrativa, non diversamente da come si può qualificare un ingegnere, un avvocato, un medico, un qualunque altro libero professionista.
Non entrerà nel ristretto numero degli autori del Novecento che i giovani studieranno a scuola nel futuro, né le verrà assegnato il premio Nobel, ma un suo ruolo ben preciso nella narrativa a cavallo dei due secoli se lo è conquistato e sarebbe ingeneroso negarglielo. E poi, per lei, non sarebbe un problema. Lei, da buona signora della agiata borghesia milanese quale è diventata in virtù della sua penna, piena di concretezza e di sano spirito realista, siamo sicuri che alla questione risponderebbe con un bel: “Ma chi se ne frega!”
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