Qualcuno ha detto che Donald Trump è stato e continua ad essere il più grande incentivo all’industria del libro nella storia americana. I libri su Trump si vendono e si divorano come le ciambelle colorate. Il recente Fear: Trump in the White House di Bob Woodward (trad. it. Solferino) ha esaurito la tiratura iniziale di 750 mila copie in pochi giorni. Fire and Fury di Michael Wolff (trad. it. Rizzoli), stando alle dichiarazioni dell’editore Simon & Schuster, ha superato in un anno i due milioni di copie vendute. Il libro dell’ex-direttore della FBI, James Comey, A Higher Loyalty: Truth, Lies, and Leadership ha spaccato: in una settimana ha piazzato 600mila copie, un record per un civl servant che ai lettori suona così: “James, chi?”. Le vendite dei libri su Trump sono ai livelli dei romanzi dei James Patterson o di Stephen King.
Negli ultimi anni la narrativa è andata a picco nel mercato del libro più grande del mondo e la saggistica, soprattutto grazie a Trump e ai temi delle sue politiche, sta conoscendo una sorta di Primavera di Praga. Il presidente, con le sue politiche incendiarie, ha stimolato le mente migliori dell’ Intelligencija d’oltre Oceano a uscire allo scoperto e a dire la loro sui temi all’attenzione brutalmente sollevati dal nuovo inquilino della Casa bianca.
Ma c’è di più. Grazie a Trump il Washington Post è risorto dalla ceneri, la CNN è uscita dallo stato catatonico in cui si trovava nell’era Obama e il “New York Times”, paranoico nei confronti di Trump, ha aggiunto quasi un milione di abbonati da quando il palazzinaro di New York siede nello studio ovale.
Dove si può andare a ricercare un fenomeno editoriale similmente esplosivo nella storia dell’editoria? Bisogna venire in Italia e l’omologo di Trump, senza voler stendere alcun parallelismo tra i due personaggi, è Benito Mussolini. Il fenomeno editoriale nato intorno a Mussolini è ancora più grande di quello nato intorno a Trump. E siccome molti italiani non lo conoscono, ma è parte della storia nazionale, abbiamo pensato di ripercorrerlo nelle sue manifestazioni essenziali.
C’è però una differenza sostanziale tra il fenomeno editoriale Trump e quello di Mussolini che rispecchia la profonda differenza tra la democrazia americana e l’Italia fascista. Mentre i libri su Trump fustigano il presidente americano mettendone in luce il carattere distopico della sua amministrazione, le storie su Mussolini esaltano le doti e mitizzano in piena luce il personaggio senza lasciar alcun spazio alle zone d’ombra della sua carriera politica e di capo di Stato. In questo caso il confine tra l’agiografa e la biografia tende a svanire.
Siamo così arrivati al sesto episodio sui bestseller italiani del recente passato parlando delle oltre 100 biografie di Mussolini scritte durante il periodo in cui il figlio del fabbro di Predappio governò l’Italia con la carota e il bastone. Buon viaggio nel passato!
Se mezzo milione di copie, vi sembran poche
Se uno volesse sapere quale fu in assoluto il libro più letto durante il fascismo, il best seller dei best seller del periodo, riceverebbe questa risposta: fu Mussolini di Giorgio Pini.
La biografia del duce che stilò Giorgio Pini nel 1926, in seguito aggiornata nel corso degli anni, fu il principale best seller del ventennio nero, con oltre 400.000 copie vendute sino al 1943. La cosa lì per lì potrebbe stupire, dato che ai nostri tempi non sono certo le biografie dei politici ad attrarre le simpatie dei lettori. Ma se si pensa al momento storico, alla popolarità di cui bene o male, per via democratica o no, godeva il capo del regime, e al fatto che egli aveva dietro di sé un enorme apparato di propaganda, la cosiddetta fabbrica del duce, che svolse fedelmente ed efficacemente il compito di rendere più amabile e attraente possibile la sua figura, la cosa non appare poi tanto stramba. Anzi, lo sarebbe il contrario.
L’autore, Giorgio Pini, era all’epoca un giovane giornalista di 27 anni. Aveva partecipato alle ultime fasi della guerra, come uno dei tanti ragazzi del ’99. In seguito fu un politico e un giornalista di rango, fra l’altro direttore del “Resto del carlino”, oltre che di altre testate. Fedelissimo di Mussolini fino in fondo, nel 1946 fu tra i fondatori del Movimento Sociale, nonché autore, insieme a Duilio Sismel, di una monumentale storia del fascismo in quattro volumi, Mussolini, l’uomo e l’opera.
Margherita Scarfatti, Mussolini e oltre
Non fu però solo la biografia di Giorgio Pini a incontrare il favore dei lettori; ce ne furono altre che ebbero un successo tale da collocarsi ai primi posti delle classifiche editoriali del ventennio. La prima in tal senso fu DUX di Margherita Sarfatti, un personaggio che ebbe molto a che vedere con Mussolini. Di ricca e prestigiosa famiglia veneziana, la Sarfatti fu tra le prime collaboratrici di Mussolini fin dai suoi esordi. Fervente socialista come lui, lo seguì nella sua uscita dal PSI nel 1914, lo affiancò nella fondazione del “Popolo d’Italia” e ne divenne redattrice d’arte e di letteratura. Animatrice di uno dei più ambiti ed esclusivi salotti di Milano negli anni Venti, fu una giornalista, una scrittrice, una raffinatissima critica di arte, fra le fondatrici del movimento “Novecento italiano”.
Fu per lungo tempo sua confidente, ispiratrice e amica sino ai primi anni trenta, allorché si allargarono i dissensi di carattere politico, mentre affettivamente fu spodestata da Claretta Petacci nel suo cuore. Si allontanò allora dall’Italia, nel 1938 emigrò per le sue origini ebraiche in Sud America, mantenendo sempre uno stretto riserbo sulle vicende private e affettive che l’avevano legata per un ventennio al duce: un atteggiamento improntato a intelligenza e signorilità, che ben si riassume nel titolo delle sue memorie Acqua passata, quasi a sancire l’inutilità di rimestare il passato.
La sua biografia, DUX, uscita nel 1926, lo stesso anno di quella del Pini, (ma in realtà era uscita l’anno prima in Inghilterra col titolo The life of Benito Mussolini, con grande successo e oltre 150 recensioni) fu venduta sino al 1943 in oltre 2000.000 copie, collocandosi fra i primissimi best seller del ventennio.
Tradotta in 18 lingue fu la più nota e apprezzata biografia “internazionale” di Mussolini, contribuendo in maniera notevolissima a costruirne il mito mondiale. In Giappone, ad esempio, se ne vendettero 300.000 copie, più che in Italia. Il libro della Scarfatti contribuì moltissimo alla notorietà di Mussolini e fu un formidabile strumento di propraganda della fabbrica del “consenso” fascista
Oltre 100 biografie
Ma, si diceva, ne uscirono molte altre di biografie: agiografiche, certamente, tuttavia come pretendere allora l’obiettività dello storico? Nell’insieme furono oltre cento, distribuite irregolarmente nel corso del ventennio. Senza contare poi quei libri che videro Mussolini come protagonista, pur non essendo in senso stretto delle biografie, come i celeberrimi Colloqui con Mussolini, di Emil Ludwig del 1932, che ottennero un successo strepitoso, all’estero più che in Italia.
Del resto Mussolini stesso aveva scritto nel 1928 una sua autobiografia per il pubblico americano, su invito dell’ex-ambasciatore americano in Italia Richard Washburn Child. Compose una prima stesura il fratello, Arnaldo Mussolini, che Benito poi corresse e sistemò. Ne venne fuori La mia vita, uscita prima sul giornale americano “Saturday Evening Post” con grande successo, poi in volume in Inghilterra e in altre parti del mondo.
Fra le altre numerose biografie ricordiamo quella di Antonio Beltramelli del 1923, L’uomo nuovo, una delle prime, composta da un autore particolarmente ispirato, e all’epoca assai famoso per i suoi romanzi. Oppure quella di Paolo Orano, Mussolini da vicino, uscita nel 1928, e stampata in oltre 10 edizioni sino al 1943, che riscosse anch’essa un grande successo. L’autore, inizialmente socialista, poi confluito come molti altri nel fascismo, deputato e senatore del regno, docente universitario e rettore, giornalista, saggista e scrittore è stato uno degli ideologi e ispiratori della campagna antisemita in Italia.
Questo fiorire di scritti sulla sua vita avveniva nonostante che nel lontano 1914 Mussolini avesse risposto a un amico giornalista, incaricato di redigerne la biografia, Torquato Nanni: “Biografie da vivo mai. Quando sarò morto subirò l’oltraggio perché non potrò impedirlo”. E poco dopo: “Torno a pregarti di passare al cestino la mia biografia. È di cattivo gusto far le biografie, come i monumenti ai vivi, c’è già troppo clamore intorno a me”. Si riferiva, in quel periodo, al clamore per la sua uscita dal PSI per il passaggio nel fronte interventista. Quella biografia alla fine uscì nel 1915 per la “La Voce”, e fu la prima del futuro duce. Dello stesso tenore le parole che Mussolini vergò di suo pugno nella prefazione a DUX:
“Io detesto coloro che mi prendono a soggetto dei loro scritti e dei loro discorsi. Bene o male che essi mi trattino, non importa. Li detesto ugualmente…
La mitizzazione della vita di Mussolini
Nonostante queste e altre sue affermazioni di ugual tenore, nessun altro personaggio pubblico in Italia è stato messo sotto la lente di ingrandimento come lui. In queste biografie Mussolini viene esaminato, sempre da un’angolatura, si diceva, agiografica, sotto ogni punto di vista: come politico, giornalista, uomo di stato, economista, finanziere, ma anche aviatore, sportivo, violinista, scrittore, semplice marito, padre di famiglia. Messo a confronto con i più vari e impensati personaggi storici, da Napoleone a S. Francesco, da Giulio Cesare a Crispi, da Sisto V a Pio IX. Studiato nella sua politica interna, estera, sociale, religiosa, diplomatica, economica e finanziaria. Seguito in qualsiasi manifestazione, dalle sue innumerevoli visite a città e paesi, ai suoi gusti a tavola; dalle vicende familiari, agli incontri di stato. Studiato fin dalle lontane origini della sua famiglia …
Riandando un po’ lontano si scopre che la famiglia Mussolini ebbe notorietà nel XII secolo nella città di Bologna. Nel 1270 Giovanni Mussolini fu a capo di quella città aggressiva e bellicosa… Nel 1800 si trova un Mussolini buon musicista a Londra…
Il professor Dall’Osso, insigne romanista, scopre dopo approfonditi studi e scrupolose ricerche che la famiglia del duce era già nota nella Roma repubblicana, 200 anni avanti Cristo.
Intorno alla sua nascita vengono ricercati segni prodigiosi che ne possano anticipare e avvalorare la predestinazione. Il Kemeckj, un giornalista ungherese, scrive che nella stessa ora in cui nacque Mussolini, un’aquila veniva colpita a morte da un fulmine a Schönbrunn, residenza degli Asburgo, quasi il cielo stesso volesse ammonire che quel bambino avrebbe provocato trenta anni dopo, con la sua campagna interventista, il crollo dell’impero austriaco. Vero o falso, l’unico fatto certo e documentabile che si possa ricollegare alla nascita di Mussolini è il terremoto di Casamicciola, che avvenne il 28 luglio 1883, il giorno prima della sua nascita. Ma di questo nessun biografo si accorse o volle parlare.
Evento notorio, e riportato unanimemente da tutti i biografi, che il futuro duce sia nato a Predappio, in provincia di Forlì, nel 1883, figlio naturale di un fabbro, che faceva anche l’oste, e di una maestra elementare. Va a studiare e diventa maestro elementare anche lui, non senza peraltro destare l’interesse del sommo poeta Giosuè Carducci, in visita alla scuola normale di Forlimpopoli, diretta dal fratello del poeta, dove il giovane Benito studiava.
Dopo il diploma inizia l’attività politica, segnata dall’augurio paterno:
Va là figliuolo, questo non è il tuo posto ( gli era stato rifiutato il posto di scrivano al comune di Predappio), va per il mondo. In ogni caso con Predappio o senza Predappio tu sarai il Crispi di domani.
Per evitare il servizio militare Mussolini emigra in Svizzera, dove fa il muratore e altri lavori umili, e dove entra in contatto con i gruppi rivoluzionari europei, all’interno dei quali conosce anche Lenin. In Svizzera finisce in prigione per la sua frenetica attività politica antisistema. Espulso rientra in Italia, si mette a insegnare francese dopo un brillante esame durante il quale però i professori stavano per bocciarlo per essersi presentato con il sigaro in bocca. Sigaro che doveva essergli familiare se a soli 4 anni ne aveva fatto conoscenza: “A me fanciullo di appena 4 anni un calzolaio aveva già dato da fumare un mezzo sigaro toscano…”
La sua carriera politica all’interno del PSI è indubbiamente rapida; non ancora trentenne, il 10 dicembre 1912, diventa direttore dell’“Avanti”, con un successo enorme se commisurato alla tiratura del quotidiano, che passa dalle 34.000 alle 100.000 copie giornaliere in pochi mesi, mentre in cambio il neodirettore “aveva innanzi tutto preteso una diminuzione di stipendio.”
Molta attenzione viene riservata dai biografi, come è ovvio, alla sua campagna per l’entrata in guerra dell’Italia, che ne determina l’espulsione dal partito socialista e la fondazione in una sola settimana del quotidiano “Il popolo d’Italia”. Anche la ferita in guerra, provocata dallo scoppio di un mortaio durante un’esercitazione, suscita enorme scalpore. “Aveva più di quaranta gradi di febbre eppure dovettero scalpellargli la tibia ed estrargli le schegge delle 42 ferite ond’era crivellato” Scrive il Pini. Più dettagliata la Sarfatti, che nel suo DUX annota: aveva “42 ferite, per più di 80 cm complessivi, il corpo tutto piagato e bruciacchiato, una moltitudine di schegge conficcate nella carne, come le frecce di un San Sebastiano; due ore di medicazione dolorosa ogni giorno, squarci larghi da entrarvi col pugno, complicazioni infettive, minaccia di cancrena, suppurazione, la febbre, sofferenza e delirio….E’ moribondo. — dissero subito a Milano — Forse già morto a quest’ora.”
Seguono via via le altre tappe della sua storia, fino alla marcia su Roma e alla convocazione dal re per formare un nuovo governo, alla cui notizia anche la borsa ha un benefico sobbalzo, mentre il cambio col dollaro scende da 27 a 24, il 12% in una sola giornata, e la sterlina da 118 a 112. E poi le vicende successive della storia sua e d’Italia, oramai fuse in maniera inscindibile, si snodano in successione una dietro l’altra: il Concordato, la fondazione dell’impero, l’alleanza con Hitler e via così.
Le biografie in genere si concludono con i lineamenti della sua personalità, rappresentata come quella di un titano: “Nulla che sia meschino alligna in lui… Meditabondo e impulsivo; realista e idealista; frenetico e sagace; romantico nelle aspirazioni e classicamente concreto nei raggiungimenti pratici… Ama il pericolo. Ha un’intolleranza fisica della viltà… Molto parco e sobrio… Mussolini non fuma ( oramai la storia del sigaro i lettori se la sono già dimenticata), non gioca, non è un buongustaio né un gaudente. Non beve liquori né vino.” E così via.
Un fenomeno unico nella storia dell’editoria
L’abbondanza e la fortuna di queste biografie, si diceva, rimane un fenomeno unico ed atipico nella storia del nostro paese. Una spiegazione del loro successo non può ovviamente prescindere dall’azione martellante dei mass-media, usati in maniera massiccia ed efficiente per produrre consenso intorno al regime. Del resto sono note da un pezzo le “veline”, cioè gli ordini che venivano impartiti alla stampa, affinché il popolo avesse la miglior visione possibile di quanto accadeva nel paese. I lettori in tal modo ritrovavano in quelle biografie il mondo, i valori, le caratteristiche alle quali erano stati abituati, formati, plasmati. Vi ritrovavano motivi e affermazioni che erano soliti leggere, vedere, sentir ripetere in continuazione e da ogni parte: dei modelli di vita praticamente insostituibili, ai quali non si poteva che molto difficilmente ribattere, come è sempre avvenuto in tutte le dittature, e comunque a un prezzo tale che solo uomini di una tempra morale e culturale fuori dal comune seppero e vollero pagare. Uno di questi sarebbe diventato mezzo secolo dopo anche presidente della Repubblica.
Ma lo straordinario successo di queste biografie si può spiegare solo come il frutto di una propaganda incessante e obbligata per tutti, o ci fu anche una genuina e sincera attrazione verso il personaggio, nei suoi vizi e nelle sue virtù, nei suoi pregi e nei suoi difetti, e che sarebbe esplosa anche senza l’azione martellante della propaganda di regime?
La domanda è lecita e lasciamo ovviamente agli storici il compito di illuminarci. Noi possiamo solo contribuire a rendere noto il fenomeno della straordinaria fioritura delle biografie di Mussolini, non da tutti conosciuto, in modo che ognuno possa farsi un’idea in base alla sua sensibilità storica e politica.