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Bestseller del passato: Mario Mariani tra idealismo e amore per le Lolite

Bestseller del passato: Mario Mariani tra idealismo e amore per le Lolite

Un altro beniamino dei lettori del dopoguerra

Accanto alle figure di Guido Da Verona e di Pitigrilli non può passare sotto silenzio quella di Mario Mariani, in quanto egli fu un polemista, un filosofo e un politico coraggioso, apostolo di ideali libertari, ma anche uno scrittore di grande successo intorno agli anni Venti del Novecento. Per questo è doveroso ricordarlo insieme agli altri due personaggi, nonostante abbia venduto meno di loro.

Se per Da Verona e Pitigrilli si può tranquillamente parlare di 300.000 copie per i libri più fortunati, per Mariani va detto che il suo maggiore best seller, La casa dell’uomo, uscito nel 1918, raggiunse le 70.000 copie. E per gli altri titoli cifre più basse, oscillanti fra le 30 e le 60.000 copie. I volumi di vendita dei suoi libri furono pertanto inferiori; ma nei tre, quattro anni dopo la fine del conflitto mondiale Mariani pubblicò una quindicina di opere, e sommando le loro tirature si arriva a una cifra complessiva che lo pone fra gli scrittori più amati del periodo.

Una personalità complessa e controversa, tra idealismo e pornografia

Oltre a questo occorre ricordare che Mariani è stata una personalità assai complessa e controversa, sulla quale ancora oggi si studia, si dibatte, si tengono convegni. E si registrano posizioni molto differenti.

Gli esperti in materia non esitano ad attribuirgli una visione politica originale, schiettamente e sinceramente antifascista, che lo costrinse ad andare in esilio: una visione del mondo e della vita per certi versi anche anticipatrice di tendenze che si sarebbero poi sviluppate compiutamente solo cinquanta anni dopo.

D’altra parte però nei romanzi e nelle novelle egli fece ampiamente ricorso a quella pornografia che ne decretò la fortuna presso i lettori dell’epoca e che non fu molto diversa da quella che in quegli stessi anni si poteva cogliere in Da Verona e Pitigrilli. È pertanto comprensibile una certa perplessità sulla sua figura: la liberazione dell’uomo dai vincoli politici, sociali e morali, che fu la sua missione e per la quale si batté coraggiosamente, mal si concilia con la pornografia, in qualche caso venata di striature pedopornografiche.

La vita

Era nato a Roma il 26 dicembre 1883, anche se da alcuni la nascita viene attribuita a Solarolo, un piccolo centro in provincia di Ravenna da dove proveniva la famiglia, e nell’anno successivo, il 1884. Ciò potrebbe dipendere dal fatto che il parto avvenne durante uno spostamento momentaneo dei genitori nella capitale per affari, che dopo la nascita rientrarono nel loro paese, e forse la registrarono ad anno nuovo, come capitava spesso. Il padre era un agiato possidente terriero.

A Solarolo comunque Mariani trascorre l’infanzia, finché a 14 anni si trasferisce con lui a Roma, dove studia per ragioniere, tornando però di frequente nella piccola cittadina romagnola. Qui è segnalato più volte alle forze dell’ordine per le tendenze anarchiche e socialiste manifestate, che comunque erano tipiche della famiglia. Il padre era fra l’altro amico intimo del Pascoli, che non va dimenticato ebbe i suoi problemi con la giustizia per ragioni politiche.

Ma il giovane Mariani si mostra insofferente anche nei confronti del genitore, che lo vorrebbe con sé alla conduzione dell’azienda agricola di famiglia. Invece nel 1907, allorché ha 24 anni, si trasferisce a Berlino come corrispondente del milanese “Il Secolo”, allora quotidiano prestigioso e influente, in gara col “Corriere della sera” per il primato nel paese, che poi andrà al “Corriere”.

Rimane come giornalista alcuni anni in Germania, durante i quali fra l’altro si sposa, ma il matrimonio durerà poco, finché allo scoppio della guerra si schiera per l’intervento dell’Italia nel conflitto e rientra per partecipare alle operazioni militari. Viene inquadrato nel corpo degli alpini, raggiunge il grado di tenente, e per il suo valore è anche premiato con una medaglia di bronzo al valor militare, ma qualcuno sostiene d’argento.

Arriva il successo

È proprio durante gli anni di guerra che compone uno dei suoi libri più significativi, Sott’la naja, vita e guerra d’alpini. Pubblica anche un saggio filosofico, Il ritorno di Machiavelli, che sembra sia piaciuto persino a Benedetto Croce. Ma il suo esordio come narratore si deve alla ricordata La casa dell’uomo del 1918, che ottiene un buon successo di pubblico, pur non rapportabile, come abbiamo appena ricordato, a quello del vero beniamino dei lettori dell’epoca, Guido Da Verona, che fra poco sarebbe stato affiancato dal Pitigrilli nel cuore dei lettori.

Negli ultimi mesi del 1918 entra a far parte dell’Ufficio Propaganda dell’esercito, e con altri scrittori all’epoca popolari o prossimi a divenirlo, come Gino Rocca, Michele Saponaro, Salvator Gotta, Ferdinando Paolieri, Grazia Deledda e altri, dà vita alla rivista “La Trincea”, distribuita gratuitamente lungo il fronte.

La raccolta di novelle Le Adolescenti portarono una serie di guai con la censura. Per questo libro considerato un’offesa al pudore scontò, interamente, 15 giorni di carcere. Alcuni hanno visto in quet’opera un’anticipazione dei temi di Lolita di Nabokov. Oggi molti considerano il Mariani un femminista anti-litteram.

Subito dopo la guerra escono una serie di altri libri, fra i quali Le adolescenti, Le smorfie dell’anima, Lacrime di sangue, Povero Cristo, Così per ridere, Le sorelline, Purità, Ripugnanze e ribellioni, Le signore per bene, che portano le sue vendite complessive ad alti livelli. Per una di queste opere, Le adolescenti, una raccolta di novelle, viene addirittura processato per oltraggio al pudore e condannato a 15 giorni di carcere, che sconta interamente, cosa che non era successa né a Notari, né in seguito a Pitigrilli, ai quali furono mosse accuse analoghe.

Questa maggiore “severità” sembra dovuta al fatto che le protagoniste sono delle bambine di dodici anni, da cui il titolo del libro, delle quali descrive vicende piccanti con dovizia di particolari. Lo scrittore si giustifica con la tesi quanto meno bizzarra che a quell’età nei paesi africani sono ritenute già più mature delle bambine di otto anni, considerate sessualmente pronte, e a ventotto addirittura vecchie. Ai nostri tempi alcuni ravvisano in quel libro un’anticipazione dei temi della Lolita di Nabokov, scritta oltre 30 anni dopo.

Le riviste

E’ un momento di grande popolarità, che spinge il Mariani a tentare anche la via della stampa periodica, che qualche anno dopo, e forse prendendo spunto proprio da lui, percorrerà anche Pitigrilli con “Le grandi firme”.

Nel 1919, mentre è giornalista stabile al “Messaggero” di Roma, crea le riviste “Novella” e “Comoedia”, alle quali chiama a collaborare nomi di pregio, fra i quali si annoverano Marino Moretti, G.A.Borgese, Matilde Serao, Federico De Roberto, Ada Negri, Annie Vivanti, e autori stranieri del calibro di Bernard Shaw e James Joyce.

Dirigerà la prima rivista sino a fine anni Venti, quando la cederà all’editore emergente Angelo Rizzoli, sotto il quale diverrà “Novella 2000”, pubblicata ancora oggi, mentre anche la seconda, dopo qualche disavventura, passerà più avanti sotto lo stesso editore.

Lo scontro col fascismo

Mariani aborriva il fascismo e definiva il suo conterraneo Benito Mussolini: “l’uomo più nefasto che abbia avuto l’Italia da quando è sorta la nazione, un depravatore che ha capovolto e travolto tutti quei valori morali senza i quali la gente deve dissolversi e sparire”. Non meno radicale il suo giudizio sul fascismo “la più grande vergogna d’Italia, dell’Europa, del ventesimo secolo”.

Il nuovo regime che si sta imponendo nel paese lo vede in aperta e netta polemica. Le sue prese di posizione contro il fascismo non si contano, e poco gli giova l’aver preso parte alla guerra come combattente di valore e l’aver ricevuto una medaglia.

Le sue idee, nelle quali si mischiano elementi di socialismo e di anarchismo, finiscono per metterlo in contrapposizione col fascismo, ma anche col comunismo. Per non parlare poi dei gruppi moderati o cattolici, ai quali sono sufficienti le sue novelle e i suoi romanzi per renderlo ostile. E con i quali comunque non avrebbe avuto nulla da spartire.

In sostanza lo scrittore appare come una figura isolata, non ascrivibile a nessuno schieramento, a nessuna ideologia canonizzata, uno di cui nessun partito può rivendicare in toto l’appartenenza. Forse un visionario, un cane sciolto, un lupo solitario: uno che critica sì il fascismo e Mussolini, ma anche il comunismo e Marx. E che anche col socialismo mostra elementi di disaccordo, tanto che darà vita a una particolare corrente socialista definita “volontista”. Uno nella cui visione politica si possono però cogliere elementi di Marx come di Nietzsche, di Stirner e persino di D’Annunzio.

L’abbandono dell’Italia

Nel 1926 viene indotto, anche per le aggressioni subite, a lasciare l’Italia e si rifugia prima in Svizzera e poi in Francia. Qui riprende la sua polemica col regime, continua coraggiosamente a manifestare le sue idee di un socialismo sui generis, e nel 1927 finisce per essere espulso anche dalla Francia.

Ripara allora in Belgio dove rimane fino al 1929, quando si imbarca per il Brasile, dove mette su una nuova famiglia ed ha un figlio, Elio, nato nel 1934. Si sposta fra Brasile e Argentina, collabora ad alcuni quotidiani e periodici, ristampa le opere che lo hanno reso famoso in Italia, e si batte con grande impegno fra i numerosi immigrati italiani per il ritorno della democrazia nel suo paese.

Un ultimo tentativo in patria

Nel 1947, a guerra finita, ritorna in Italia con la famiglia. Crea un movimento “L’Alleanza degli uomini liberi” e un periodico, “Unità proletaria”, ma non ha molto seguito. Il dibattito politico e culturale nel paese, assai infuocato in quegli anni, verte su altre tematiche, ed egli appare come un intruso, una figura estranea a quelli che sono i termini dello scontro politico.

Col vecchio editore di tanti successi di 25 anni prima,il Sonzogno, mette a punto il progetto per ripubblicare tutti i suoi libri, ben 24 volumi. Ma l’operazione non ottiene l’esito sperato: quei libri non riescono più ad appassionare i lettori, proprio come sta accadendo agli altri due scrittori ai quali, come si diceva, è accostato: Da Verona e Pitigrilli. I gusti della gente sono cambiati, e operazioni di sola nostalgia non possono che incontrare favori limitati.

A giugno 1951 decide pertanto di tornare in Sud America, dove muore alcuni mesi dopo, nel novembre di quello stesso anno, a San Paolo, dove si trova tuttora la sua tomba.

Dopo la morte su di lui è calato un oblio totale, anche da parte della critica e della stampa più avveduta. Solo negli ultimi anni si è assistito a una ripresa di interesse sulla sua figura sia come scrittore, che come politico, filosofo e polemista, certificata dai dibattiti e dai convegni tenuti, con esiti, dicevamo all’inizio, non uniformi.

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