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Bersani al Financial Times: “Dopo l’austerità l’Europa guardi alla crescita”

Così il candidato premier del centrosinistra, in un’intervista al Financial Times: “Abbiamo bisogno di guardare avanti, l’austerità da sola potrebbe diventare rischiosa” – “Se vado al governo voglio discutere nuove politiche volte a stimolare l’economia” – “Non ho intenzione di litigare con la Germania”.

Bersani al Financial Times: “Dopo l’austerità l’Europa guardi alla crescita”

“Non voglio rinegoziare il patto fiscale o uno degli accordi raggiunti nel corso dell’ultimo anno, però abbiamo bisogno di guardare avanti”. A dirlo, nel corso di una lunga intervista al Financial Times, è Pierluigi Bersani, candidato premier del centrosinistra alle prossime elezioni politiche.

Bersani che, dunque, non vuole rinunciare al lavoro svolto dal Governo Monti negli ultimi tredici mesi, ma che vuole che, dopo le misure d’austerità, l’Europa, e di conseguenza l’Italia, guardi anche alla crescita: “Mi piacerebbe che l’Europa si concentrasse sulla crescita e combattesse la recessione con la stessa tenacia con cui ha difeso l’unione monetaria. In caso contrario – avverte il segretario del Pd – l’austerità da sola potrebbe diventare rischiosa”

“Se sarà il mio turno di governare il Paese – prosegue Bersani – sono pronto a discutere come rafforzare il meccanismo di disciplina di bilancio per il monitoraggio dei bilanci nazionali in cambio di nuove politiche volte a stimolare l’economia”.

Un cammino a due direzioni, quindi, quello tracciato dal candidato premier del centro-sinistra, con un occhio alle politiche di bilancio e un occhio alla crescita, il tutto all’interno di una prospettiva europea. Prospettiva all’interno della quale non si può non fare i conti con la Germania: “Non ho intenzione di litigare con la Germania. Voglio che l’Italia abbia un rapporto serio, franco ed amichevole con la Germania sulla base di argomenti razionali e realistici”, rifiutando con decisione la piega populista anti Germania presa dalle dichiarazioni di Berlusconi.

Il link all’intervista del Financial Times

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