“Come noi abbiamo migliorato Telecom e le abbiamo ridato competitività, così può fare anche l’Italia, però io ho avuto 4 anni di tempo mentre Monti è al lavoro solo da sei mesi“. Risponde così, con una metafora che unisce il maggior gruppo telefonico nazionale alle sorti del Paese, il presidente di Telecom Italia Franco Bernabè in una lunga intervista a La Stampa subito dopo l’approvazione della trimestrale del gruppo.
Dopo aver spiegato che, entro tre anni, Telecom investirà 9 miliardi, ma che la riduzione del debito resta la priorità del gruppo, Bernabè ha sostenuto che ormai ci sono tutte le condizioni (trasparenza e difesa dei valori costitutivi) per mettere la tv sul mercato, lasciandosi però aperte tutte le porte sulle modalità: tv e infrastrutture potranno così essere vendute insieme o separatamente.
Bernabè è poi intervenuto sul caso Luciani, sollevato velocemente dai suoi incarchi brasiliani per le vicende giudiziarie che riguardano i suoi trascorsi con la precedente gestione Ruggiero: “Abbiamo preso atto delle conclusioni delle indagini e abbiamo deciso che Luciani non era più compatibile con noi perché una grande società deve essere come la moglie di Cesare: non deve solo essere virtuosa ma apparire anche come virtuosa”.
Il presidente di Telecom si è detto inoltre fiducioso sulle attività del gruppo in Argentina malgrado la recente nazionalizzazione di Ypf-Repsol decisa dalla Kirchner: “Siamo usciti da un periodo di estrema difficoltà e tensione in modo molto positivo da tutti i punti di vista e non credo che quanto successo per Ypf-Repsol possa accadere anche nel nostro caso”.