Il rendiconto dello Stato è stato approvato, soprattutto grazie alla presenza in aula dei deputati dell’opposizione che non lo hanno votato. Questo perchè la “maggioranza” sostiene il governo Berlusconi si è fermata a quota 308 (316 è la maggioranza del plenum) a fronte di 1 astenuto e 321 non partecipanti al voto. A quel punto il presidente del Consiglio è salito al Quirinale, per rappresentare a Napolitano la situazione che si è determinata, ma non necessariamente per dimettersi. lo farà dopo l’approvazione della legge di stabilità.
Insomma: nella stessa votazione è stato approvato un documento fondamentale per la tenuta istituzionale del paese, ed è stato evidenziato il fatto che ormai alla Camera Berlusconi non può più contare sulla maggioranza. A questo punto il presidente del Consiglio non poteva fare a meno che andare al Quirinale dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Un invito in tal senso gli era stato rivolto proprio dal ministro della Difesa Ignazio La Russa.
Il fatto che sia stato approvato il rendiconto non metteva il Governo dinanzi ad alcun obbligo costituzionale ineludibile. C’era tuttavia un evidente problema politico. La maggioranza alla Camera non c’è più. E non per un incidente di percorso. Visto che la chiamata alle armi dei parlamentari della maggioranza si era spinta al punto di far rientrare anche il ministro dell’Economia Tremonti (che così non ha partecipato all’Ecofin) e di impegnare proprio il presidente del Consiglio in un affannoso tentativo (fallito) di recupero dei dissidenti. C’è quindi un vero e proprio macigno politico dinanzi a Berlusconi. Particolarmente grave se si tiene conto della drammatica situazione nella quale si trova il nostro Paese, ormai quasi commissariato da missioni della Ue e del Fondo monetario.
La strada delle dimissioni dovrebbe quindi essere la prima opzione. Berlusconi l’ha presa subito in considerazione se è vero quanto circola tra i ben informati di Montecitorio. Nelle mani del premier è stato visto un foglietto nel quale si distinguevano 3 punti: prendo atto, rassegno dimissioni, presidente della Repubblica. Al di là di quello che potrebbe sembrare soltanto un gossip è difficile pensare che l’ipotesi delle dimissioni non venga presa in esame in un colloquio tra un premier senza maggioranza e il capo dello Stato. Visto poi che Bersani ha chiesto esplicitamente in aula le dimissioni e che lo stesso alleato di ferro Umberto Bossi ha invitato il premier al passo indietro per favorire la formazione di un governo Alfano. il resto lo ha fatto Napolitano sollecitando Berlusconi a trarre le conseguenze del venir meno della sua maggioranza.
Tanto più che anche Bossi aveva invitato Berlusconi a farsi da parte.
Dopo le dimissioni subito le consultazioni del Quirinale per la formazione, se ci saranno le condizioni, di un nuovo Governo. A Montecitorio correva voce di un possibile compromesso per la nascita di un Esecutivo basato sull’asse Mario Monte-Gianni Letta. Si vedrà.