Uscirà dal Parlamento e non potrà più candidarsi. Dirà probabilmente addio anche a quel titolo onorifico che lo ha trasformato nel Cavaliere per antonomasia. Rifonderà il vecchio partito, Forza Italia, e lo guiderà dall’esterno, come un leader effettivo ma senza cariche. A ben vedere, lui, per un periodo compreso fra uno e tre anni, non potrà nemmeno votare. Gli ritireranno perfino il passaporto.
Dopo la sentenza sul processo Mediaset arrivata ieri sera dalla Cassazione – che ha confermato la condanna a quattro anni per frode fiscale imponendo alla Corte d’Appello di rideterminare la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici – Silvio Berlusconi dovrà fare i conti con un destino inatteso.
Tre dei quattro anni di reclusione sono condonati dall’indulto varato nel 2006 dal governo di centrosinistra. Fra il 16 settembre e il 15 ottobre i legali del leader pidiellino potranno chiedere l’affidamento in prova ai servizi sociali come misura alternativa alla detenzione. Se non arriverà alcuna richiesta, a Berlusconi – in quanto ultrasettantenne – saranno comunque concessi i domiciliari.
La Corte d’Appello di Milano dovrà poi rideterminare la durata dell’interdizione dai pubblici uffici in un periodo compreso fra uno e tre anni. Una procedura che richiederà diversi mesi, perché il verdetto sarà impugnabile nuovamente davanti alla Cassazione.
Ben più rapida potrebbe essere l’espulsione di Berlusconi dal Parlamento. La Giunta per le immunità del Senato si riunirà per decidere in merito alla decadenza del mandato al leader del Pdl, quindi sarà convocata l’Aula di Palazzo Madama, dove la votazione si svolgerà a scrutinio segreto se ne faranno richiesta almeno 20 senatori. E ieri sera il segretario Guglielmo Epifani ha lasciato intendere che il Pd voterà compatto per l’espulsione.
Per quanto riguarda l’incandidabilità, nemmeno questa dipende solo dall’interdizione. A prescindere dalla pena accessoria, Berlusconi non potrà presentarsi a nuove elezioni in virtù della legge Anticorruzione varata l’anno scorso con i voti decisivi proprio del Pdl. Il provvedimento stabilisce che “non possono essere candidati e non possono comunque ricoprire la carica di deputato e di senatore coloro che hanno riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione”.
A Berlusconi non rimane quindi che rivolgersi alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. I suoi avvocati, in effetti, hanno già annunciato l’intenzione di chiedere aiuto a Strasburgo. L’obiettivo sarebbe l’amnistia.