La crisi pandemica e quella climatica hanno portato il costo dei carburanti a salire vertiginosamente, una corsa all’insù peggiorata dalla guerra tra Russia e Ucraina con benzina e diesel ai massimi storici: sopra i 2 euro al litro. Motivo per cui gli autotrasportatori avevano annunciato venerdì uno sciopero nazionale a partire dal 14 marzo, fermato però dalla Commissione di garanzia dello sciopero non avendo rispettato i requisiti minimi di preavviso. Trasporto unito, però, tira dritto annunciando lo stesso la sospensione dei servizi.
Ma cosa c’è dietro questi rincari? La crisi ucraina è soltanto una delle cause dell’aumento dei prezzi, legata soprattutto dall’andamento di altri fattori che di conseguenza possono essere influenzati direttamente o indirettamente dall’invasione ucraina della Russia, uno dei maggiori produttori al mondo di energia. Per il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani sono “una colossale truffa frutto di una speculazione inqualificabile”. Vale per il petrolio come per il gas, ormai fuori controllo.
Energia, gas, benzina e diesel: mai così alti
Continuano a salire i prezzi dei combustibili fossili e delle materie prime, trainate dalle tensioni sul mercato del petrolio provocato dalla crisi ucraina. E per i consumatori si trasformano nel caro bollette e nel caro carburanti di benzina e diesel. Oltre a questo, c’è poi l’inflazione che accelera senza sosta, con un picco che non si registrava dal 1996 (+5,7% su base annua) e che di certo non aiuta la spesa degli italiani e la crescita dell’economia.
Tuttavia, le ragioni del prezzo così alto non risiedono nell’imminente difficoltà di fornitura (essendo in questo momento stabile) ma nell’eventualità anticipata dal mercato che potrebbe verificarsi in futuro. E il timore che la Russia possa interrompere le forniture di gas fa schizzare il costo dell’oro blu e, di conseguenza, quello di tutti i processi industriali, creando un circolo vizioso difficile da spezzare.
Negli ultimi anni spesso i prezzi del petrolio sono aumentati, ma non abbiamo mai assistito a questo shock dei prezzi del carburante. Rispetto al 2008, i prezzi del petrolio sono ancora inferiori con il greggio a 111,5 dollari al barile sul listino Brent (contro i 147,5) e i 108,60 dollari (contro i 147,21) sull’indice Wti. Ma, secondo i dati del Ministero della Transizione Ecologica, in piena crisi finanziaria il costo della benzina era 1,47 e il gasolio 1,45 euro, oggi invece corrono verso i 2,5 euro al litro. Allora come mai oggi abbiamo prezzi del carburante così alti?
Perché stanno aumentando i prezzi di benzina e diesel?
Questi rincari in realtà sono frutto anche di altri fattori come l’incremento del prezzo delle materie prime energetiche, il cambio (sfavorevole) euro dollaro e l’accisa sul carburante e l’Iva. Solo sull’ultimo può intervenire il governo italiano con la consapevolezza che – sterilizzare l’Iva sui carburanti e ridurre il peso delle accise – significherebbe gravare sul bilancio di quest’anno.
Come ogni prodotto, anche la benzina vede la sua produzione frutto di vari processi come la lavorazione, la raffinazione, lo stoccaggio, il trasporto e la distribuzione del prodotto finito. Su queste attività si riverbera l’aumento vertiginoso di tutte le materie prime energetiche.
Il secondo punto da sottolineare è il peso del cambio euro-dollaro (in area 1,09). Un euro del 2022 non equivale a un euro del 2008 quando il cambio era favorevole e il prezzo finale in Europa era al di sotto della soglia dei 100 euro al barile (pari a 97 euro), mentre si è superata negli ultimi giorni. Secondo i dati Istat si è rivalutato del 22,45% in 14 anni.
Vi è poi un terzo punto: l’Iva al 22% e le accise storicamente molto alte in Italia. Secondo la rilevazione diffusa dal ministero della Transizione ecologica relativa al 28 febbraio, il peso della combinazione Iva e accise sui carburanti è del 57% del costo finale della benzina e il 53,5% del prezzo totale del diesel.
Cingolani: “Serve un tetto massimo per il prezzo del gas”
“Siamo in presenza di una colossale truffa che viene dal nervosismo del mercato”, ha sottolineato Cingolani sull’aumento del prezzo dei carburanti “ingiustificato”. Il mercato ha alzato i prezzi in maniera “irragionevole” e a pagare sono “imprese e famiglie”. Per bloccare questa spirale speculativa, per il ministro, bisogna fissare un tetto europeo ai prezzi.
“Chiunque esporta gas non può fare i conti senza l’Europa: serve un tetto massimo per il prezzo del gas, un costo appetibile da non affossare il mercato”, ad esempio si può discutere intorno a una cifra di 80 euro megawatt/ora che è già il doppio di quanto pagavamo un anno fa”, ha aggiunto il ministro della Transizione energetica in un’intervista a Sky Tg24.
La nostra dipendenza di gas dall’estero non può essere risolta con l’apertura di nuove centrali nucleari perché è “troppo tardi” ma “dobbiamo accelerare le sorgenti rinnovabili”, ha incalzato Cingolani. “L’Italia sta pagando per non aver diversificato la produzione energetica” mentre i nostri compagni Ue “non si sono fermati come noi a gas e a poche rinnovabili”. E poi indica la strada da intraprendere: “diversificare e recuperare rapidamente il terreno perduto”. Ma poi servirà anche “una misura drastica” a livello europeo, ha concluso il ministro spiegando che l’Europa sta lavorando a Repower Eu, un pacchetto che prevede diverse misure: dagli extr-profitti a varie misure fiscali.