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Beni rifugio: dai metalli preziosi alle valute alternative

Le preoccupazioni per le prospettive di una debole crescita economica degli Stati Uniti nonché i timori persistenti sulla crisi del debito sovrano della zona euro continuano a pesare sulla propensione al rischio e sostengono la domanda di beni-rifugio.

Oro – Il metallo giallo ha toccato un nuovo record crescendo per il sesto giorno consecutivo. Il lingotto ha raggiunto i 1895,65 dollari l’oncia e si avvicina alla soglia dei 1900 dollari. Da inizio anno l’oro è aumentato del 30%, dal 2010 del 70% e dal 2000 del 544%. Gli economisti si dividono tra quelli che vedono nel metallo giallo la prossima bolla speculativa e che ritengono che il prezzo elevato racchiuda già in sè il rischio bolla. E coloro che invece non credono l’apprezzamento dell’oro si arresterà presto in quanto il suo prezzo poggia su solide basi. Questi analisti ritengono che grazie alla svalutazione delle valute – conseguenza delle politiche dei governi che vogliono ripagare i loro debiti emettendo moneta di valuta minore – l’oro continuerà ad apprezzarsi. Secondo i dati di Bank of America Merrill Lynch l’oro potrebbe raggiungere i 2000 dollari l’oncia nei prossimi 12 mesi.

Argento – Del metallo bianco parlano ancora in pochi ma è cresciuto del 42% da inizio 2011 e si scambia a 43,8 dollari. Secondo Eric Sprott, dell’omonimo colosso finanziario canadese specializzato in mettalli preziosi, le riserve di argento sono molto più limitate di quelle di oro e data la sproporzione tra il prezzo del metallo giallo e quello del metallo bianco, nei prossimi anni il prezzo dell’argento dovrebbe aumentare. Anche George Maniere, analista di Investing Advice, ritiene che nel 2015 è probabile che il metallo bianco raggiunga i 125 dollari l’oncia.

Platino – Anche il platino cresce e ha toccato il record da tre anni a 1.888 dollari l’oncia. Molti analisti ritengono che continuerà a crescere almeno nei prossimi due anni.

Franco svizzero – Forse è tardi per comprare franchi: la Banca nazionale svizzera (Bns) ha fissato tassi pari a zero dei titoli a breve e addirittura un tasso negativo sui titoli biennali per frenare gli ingenti flussi verso i titoli di Stato elvetici. Tuttavia la mossa non sembra aver ottenuto l’effetto desiderato perchè in molti investitori continuano a comprare titoli nella valuta svizzera, che quest’anno si è rafforzata dell‘11,6%: la miglior performance tra le 10 maggiori valute del mondo.

Corone norvegesi – Anche le valute dei Paesi del Nord non hanno riportato dati deludenti. La corona norvegese dallo scorso 30 novembre si è apprezzata del 12% sul dollaro e in agosto ha raggiunto il suo record (da 4 anni) con l’euro. Tuttavia una corona troppo forte minaccia le esportazioni della Norvegia, il Paese con il maggior surplus commerciale di qualsiasi economia con un rating di tripla A. La valuta norvegese, di solito legata all’andamento del petrolio, quest’anno ha continuato a rafforzarsi anche nei momenti in cui il crudo scendeva. E’ il segnale di un’economia forte che, secondo i dati Ocse, crescerà del 3,3% quest’anno e del 4% nel 2012 con una solida posizione fiscale. La banca centrale ha deciso, in agosto, di mantenere i tassi d’interesse al 2,25%.

Corone svedesi – Anche la corona svedese è una moneta solida e liquida basata su una forte economia. Tuttavia, in caso di un rallentamento nell’area euro, la Svezia ne risentirebbe più della Norvegia e la corona potrebbe registrarne gli effetti. Quello che hanno notato analisti di Jc & Associati è che dal 21 luglio, data in cui è stato reso noto il pacchetto di salvataggio per la Grecia, si è invertita la relazione tra lo spread – tra i Btp italiani e i Bund tedeschi- e la corona svedese (ma anche quella norvegese). Infatti, mentre prima si osservava una relazione inversa, adesso all’aumentare del differenziale le valute nordiche si apprezzano: segno che sono considerate più sicure.

Dollaro australiano – Negli ultimi due anni si è apprezzato di oltre il 30%. Oggi i rendimenti sono molto elevati (tra il 4 e il 5%) ma dopo gli ultimi dati economici, che hanno evidenziato un forte aumento della disoccupazione la banca centrale potrebbe tagliare i tassi d’interesse e il dollaro australiano potrebbe deprezzarsi.

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