Pur senza governo da 400 giorni, il Belgio cresce: il Pil è in aumento del 2,4%. Senza un esecutivo però, anche il debito lievita, e sale al 100% del prodotto interno lordo, al terzo posto nell’Unione europea. Tuttavia, stando alle notizie più recenti, una schiarita sembra finalmente profilarsi all’orizzonte. Nel giorno della festa nazionale belga, otto forze politiche hanno raggiunto un accordo capace in poche settimane di fare uscire il paese dalla crisi portando alla formazione di un nuovo esecutivo. Il risultato nasce dalla decisione di escludere dal tavolo dei negoziati N-Va, il partito separatista fiammingo, finora principale ostacolo alle trattative. Trasversali, dal momento che coinvolgono sia forze politiche francofone che fiamminghe.
C’è però un punto debole: la capacità di attrazione esercitata dal partito secessionista, uscito vincitore dalle ultime elezioni nelle Fiandre, sull’altra formazione fiamminga, quella cristiano-democratica (CD&V), che ha accettato solo con riluttanza di partecipare al tavolo rompendo con i corregionali di N-Va. La nuova situazione migliora comunque la posizione del negoziatore designato dal re Alberto II, il socialista Elio di Rupo. Appena pochi giorni fa, la mediazione sembrava essersi definitivamente arenata, tanto da indurre di Rupo alle dimissioni, poi respinte dal re.
Insieme a quella dell’esponente socialista comunque, le notizie di oggi potrebbero anche rafforzare le sorti del suo programma di risanamento delle finanze pubbliche, un piano rigoroso da 22 miliardi di euro entro il 2015. Obiettivo: evitare di finire sotto la lente delle agenzie di rating, i cui rapporti tengono ultimamente sotto scacco così tanti paesi dell’area euro. Finale di partita rimandato alla metà di agosto, dopo quella che il re stesso ha definito una “meritata tregua”.