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Beko, il piano industriale arriva a Roma ma i sindacati temono nuovi tagli: Siena e Cassinetta nel mirino

Imagoeconomica

Giovedì 7 novembre, finalmente, il ceo di Beko Europe Ragip Balcioglu, rivelerà a Roma il piano industriale tanto atteso, alla presenza del ministro, dei sindacati, degli enti locali e di Confindustria. Questo piano era previsto da mesi, ma è stato sempre rinviato a causa delle difficoltà del mercato europeo, che ha colpito in particolare gli stabilimenti del gruppo, ora operativi solo al 40-50% della loro capacità. La comunicazione è arrivata poco dopo l’accordo di progetto siglato dalle parti sociali in Regione Toscana, che, unica tra le regioni in cui sono presenti gli stabilimenti del gruppo, ha stanziato un milione di euro per progetti e corsi di formazione destinati ai 300 dipendenti del sito di Siena. Non filtrano indiscrezioni dalla sede olandese della società, anche se, in dichiarazioni recenti, i vertici hanno espresso grande preoccupazione per la persistente crisi dei consumi. Dopo la chiusura degli impianti in Polonia e Regno Unito, nessuno si illude che Beko rispetti le promesse di rilancio degli stabilimenti e di mantenimento dell’occupazione.

I siti a rischio: Siena e Cassinetta nel mirino

La fabbrica di congelatori di Siena e quella di frigoriferi di Cassinetta sono le principali a rischio. “A Siena, con i nove giorni di cassa integrazione e quattro giorni di chiusura totale dello stabilimento i 300 dipendenti senesi lavoreranno appena una settimana – afferma Daniela Miniero, della segreteria generale Fiom Cgil –. I volumi produttivi sono scesi dai 424mila pezzi del 2022 ai 311mila del 2023, e la previsione per quest’anno è di 263mila pezzi”, con una perdita crescente della produttività. Ma anche se nulla trapela sul piano industriale di Beko Europe, si sa che sono previsti nuovi tagli e chiusure in Europa, con conseguenti spostamenti della produzione, come già accaduto, verso la Turchia e il nuovissimo stabilimento inaugurato in Egitto. Si tratta quindi di delocalizzazione. Secondo indiscrezioni raccolte a Bruxelles, l’azienda si aspetta di trovare un clima di reciproca collaborazione, nell’interesse comune, anche se si ritiene che non si tratterà di un incontro risolutivo.

Un mercato in difficoltà: le sfide di Beko e dei suoi concorrenti

La domanda di elettrodomestici in Europa ha pesantemente penalizzato le quote dei prodotti fabbricati dal Gruppo, favorendo quelli a basso prezzo provenienti dall’Asia. Arcelik Anonim Sirketi, la società che, tramite Beko Europe, ha acquisito le filiali Emea di Whirlpool, ha registrato un aumento delle vendite del 13,8% grazie all’acquisizione delle quote Whirlpool, ma ha subito una perdita netta di 5.001,55 milioni di lire turche (try) rispetto all’utile netto di 1.244,75 milioni dell’anno precedente. L’azienda ha visto un forte aumento del fatturato nel semestre, ma con una perdita di 5.006 milioni di lire turche, rispetto agli utili di 4.500 milioni dell’anno scorso. Anche il competitor Vestel Ticaret AS ha riportato un calo delle vendite, pari a 19.260,32 milioni di try nel terzo trimestre, contro i 21.171,2 milioni dello stesso periodo dell’anno precedente. La perdita netta è stata di 418,01 milioni di try, rispetto agli utili di 3.130,65 milioni dell’anno scorso. La produzione e la domanda di beni di consumo hanno registrato un netto calo, e anche le previsioni per la chiusura del pil sono negative, con un calo previsto dal 4% a poco più del 3%. Questi dati negativi influenzeranno certamente le decisioni di Beko Europe in termini di investimenti e provvedimenti.

Golden Power, una risposta realizzabile?

Secondo molti esperti, non solo italiani, le probabilità che il governo italiano possa adottare un intervento così impegnativo come l’esercizio del Golden Power sono scarse. “Abbiamo anche noi forti dubbi sulla sua fattibilità – commenta Miniero –. Sarebbe molto apprezzato se venisse applicato, ma non siamo gli unici a nutrire dubbi: recentemente anche il sindaco di Siena, appartenente alla giunta di centrodestra, ha espresso perplessità. Eppure, molti ci speravano perché in occasione dell’ultima campagna elettorale, qui a Siena sono venuti esponenti del governo a rassicurarci sulla adozione del Golden Power nel caso in cui la Beko decidesse comunque di non investire più nelle fabbriche italiane mettendo a rischio l’occupazione. Siamo poco ottimisti, e infatti subito dopo l’annuncio della chiusura degli stabilimenti polacchi e britannici, abbiamo indetto quattro ore di sciopero, con una partecipazione significativa della cittadinanza”.

Sindacati uniti: “Chiarezza e collaborazione ora”

I continui rinvii dell’incontro con il ministro Urso, proprio nei mesi in cui si addensavano le preoccupazioni sul futuro della manifattura europea e italiana del settore, insieme alla quasi totale mancanza di comunicazione da parte di Beko, hanno creato un clima di incertezza. “Per questo motivo chiederemo con forza finalmente chiarezza e collaborazione – afferma Gianluca Ficco della segreteria nazionale della Uilm –. Se a Roma ci saranno queste due condizioni, credo che riusciremo a trovare insieme una soluzione per superare, dove possibile, i gravi problemi. Quel che è certo, però, è che l’Italia e l’industria degli elettrodomestici devono recuperare competitività, e per farlo occorrono investimenti immediati. Se ciò non dovesse accadere, il governo dovrà applicare, come promesso, l’opzione del Golden Power. Insomma, occorre adottare il metodo del ‘bastone e della carota’. Tutti, nessuno escluso, si rendono conto che, pur trattandosi di un incontro di presentazione di un piano complesso, qualcosa di significativo per il futuro delle fabbriche e dell’occupazione ne uscirà sicuramente”.

“L’attesa è molto forte e ci aspettiamo che sia un incontro a livello molto alto – commenta Massimiliano Nobis, della segreteria nazionale della Fim Cisl – c’è una grande incertezza e dovremo di conseguenza entrare nel vivo dei problemi cercando però di essere collaborativi e costruttivi. Quello che occorre è che l’azienda investa negli stabilimenti italiani per salvare l’occupazione”.

La prudenza dei sindacati e l’appello a rimanere realistici sono giustificati dal fatto che, tra settembre 2023 e settembre 2024, la produzione italiana è diminuita del 14%, a causa soprattutto del crollo delle esportazioni (-11,7%). Questo accade mentre la domanda di mercato si stava riprendendo, ma premiando solo gli elettrodomestici asiatici.

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Categories: Economia e Imprese