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Beko delude Governo e sindacati: non c’è nessun nuovo piano ma solo vaghe promesse. In Italia 3 siti a rischio chiusura

Imagoeconomica

Non il piano industriale annunciato ma un aggiornamento, peraltro vago, sul futuro, ancor più vago, dei siti e dell’occupazione dell’ex Whirpool in Italia ora Beko Europe: come ha ieri annunciato a Roma il Ceo Ragip Balcioglu, all’incontro con il ministro Urso, con i sindacati, Confindustria e gli enti locali, gli investimenti saranno soltanto dedicati alla cottura. Ma non si sa quando, quanti, e come verranno spesi. Tanto che suona beffardo ma anche drammatico il commento di Massimiliano Nobis, segeretario generale Fim-Cisl: “Beko, presentato un NON piano industriale”. Che cosa è venuto a promettere a Roma Balcioglu? Che l’Italia diventerà il centro di eccellenza per la cottura a livello globale (lo era già prima), inclusa la Ricerca e Sviluppo. “Diventerà la sede del Global Industrial Design per Beko (lo era già per Whirlpool, ndr), con l’ufficio regionale europeo situato in Italia che continuerà a svolgere un ruolo decisionale per le principali funzioni strategiche. Il sito di Carinaro, in provincia di Caserta, sarà mantenuto come centro di eccellenza per la distribuzione dei ricambi e le attività di ricondizionamento degli elettrodomestici. L’attuale presenza nei settori del lavaggio e della refrigerazione sarà ulteriormente valutata per evitare altre perdite di cassa”.

Beko, Urso si alza e se ne va

E, a parte il fatto che si tratta di ruoli già in funzione, quello che accadrà è che rimane la cottura ma il resto no, anche perché dai dati forniti che già ampiamente la stampa di tutta Europa conosce e ha pubblicato, la situazione è diventata parecchio critica. Le chiusure riguarderanno infatti quei siti – afferma Beko – le cui perdite di cassa derivanti da mancate vendite non consentono di proseguire in tutto o in parte la produzione. In pratica se rimangono due dei cinque siti sarà tanto. La delocalizzazione è cominciata. La vaghezza degli impegni è stata tale che a un certo punto il ministro Urso si è alzato senza ascoltare le risposte di Beko alle numerose domande dei sindacati e degli enti locali, e se ne è andato per seguire – motivazione ufficiale – un incontro, l’ennesimo, sull’automotive. E sono cominciate le domande pressanti rimaste peraltro senza adeguate risposte.

Beko: e il piano? Forse in futuro

Le slides ricche di dati condannavano la fabbrica di frigo di Cassinetta (è entrata in funzione quella enorme in Egitto) e quella dei congelatori di Siena. Sulla quale, peraltro, la lezione del Covid non è evidentemente stata capita dagli esperti Beko, e cioè quando l’Europa nel 2020 e nel 2021 è rimasta senza congelatori perché per un anno tutti ne hanno fatto incetta per le grandi provviste di cibo. E lo stabilimento senese lavorava a tutta birra. Forse non è ancora chiaro che con la logistica dalla Cina sempre più azzoppata e costosissima (arriva a breve un +30% dei costi già triplicati e poi la situazione nel Mar della Cina sta peggiorando a suon di cannonate) l’unica fabbrica in Europa di congelatori decenti e non spreconi come quelli asiatici, andrebbe tenuta e rilanciata. A Cassinetta rimarrà – ovvio, è l’unica in Europa – la produzione di microonde da incasso da poco trasferita ma i frigoriferi verranno prodotti altrove.

Beko, Golden Power a tempo

Rimane apertissima e ugualmente vaga la possibilità che il governo faccia valere la clausola del Golden Power per bloccare lo smantellamento della manifattura italiana dei majap. Urso non ha risposto né ha le competenze né le informazioni per farlo. “È stato addirittura imbarazzante assistere a quanto è accaduto – commenta Daniela Miniero, della segreteria generale Fiom-Cgil – dopo oltre otto mesi trascorsi dall’annuncio dell’acquisizione, non è accaduto nulla, nemmeno sono cambiate le insegne della Whirlpool. Siamo fermi ad una penosa mancanza di informazioni su investimenti e programmi. Solo una proiezione di numeri già noti che ci è sembrata una sorta di accompagnamento verso una chiusura da considerare necessaria e motivata”. A fronte di un deterioramento della redditività del gruppo e degli hub italiani i sindacati hanno chiesto un nuovo incontro per avere un piano industriale credibile. “Ci opporremmo a un piano che preveda chiusure o licenziamenti e chiederemo al Governo di esercitare la Golden Power”. Il Governo – commenta Gianluca Ficco, segretario nazionale Uilm-Uil, responsabile settore elettrodomestici – ci aiuti a tutelare industria e lavoratori già a partire dal prossimo incontro che dovrebbe tenersi il 20 novembre, partecipando alla discussione sul piano industriale con Beko, esercitando la Golden Power in caso di necessità, e quindi anche insediando il tavolo di settore che chiediamo da tempo”. Ma – grande sorpresa – a proposito del Golden Power si tratterebbe, come ha sottolineato la Miniero, di un intervento a scadenza, cioè per un sostegno limitato che poi il governo eliminerebbe, non si sa come e in base a quali criteri.

Beko, Fiom contro l’ennesima dismissione industriale

“Oggi l’azienda prospetta chiusure annunciate di fatto negli scorsi mesi – dichiarano Barbara Tibaldi, segretaria nazionale Fiom Cgil, e Pino Gesmundo, segretario confederale Cgil – a causa della riduzione del 50% dei volumi produttivi per la concorrenza con il mercato asiatico, di perdite consistenti di utili anche nel 2024 e dell’utilizzo di meno del 40% della capacità installata degli stabilimenti italiani. In particolare, solo la filiera del cooking presente a Melano (Ancona) e in parte a Cassinetta risulta per l’azienda vantaggiosa dal punto di vista delle tecnologie e dell’innovazione del prodotto. Mentre gli stabilimenti di Beko in Italia nei settori del lavaggio (Comunanza) e della refrigerazione (Cassinetta e Siena) sono evidentemente destinati alla chiusura. Le lavoratrici e i lavoratori pretendono rispetto, dal momento che sono informazioni che già circolano da diversi giorni”.

Beko, e gli investimenti promessi nel 2023?

Nelle dichiarazioni uscite nel 2023 a commento dell’accordo tra Whirlpool e Arcelik, era stato annunciato un investimento intorno ai 200-250 milioni di euro per le riorganizzazioni dei siti, della logistica e della struttura commerciale. Di queste risorse non se ne sa nulla. Ed è su questo che tutti i presenti hanno espresso commenti negativi. “Nulla ci è stato riferito – sottolinea Nobis – sul mantenimento occupazionale e sui progetti di rilancio dei 5 siti presenti in Italia da parte del gruppo Beko e di nuove produzioni da fare in Italia. Come Fim visto quanto detto oggi dall’azienda al tavolo ministeriale, crediamo fondamentale che il governo applichi la Golden Power e nel prossimo incontro previsto per il 20 novembre l’azienda confermi l’impegno del mantenimento occupazionale sui siti italiani.” Vale la pena osservare che il ministro se ne è andato, inseguito dalle domande pressanti dei sindacati. La conclusione è che non ci sarà per ora nessun intervento a sostegno del made in italy del bianco, dell’occupazione e di quei brand che ancora valgono molto. Sicuramente Beko li userà per elettrodomestici prodotti altrove a prezzi e con prestazioni non adeguate al nostro livello. E dunque il governo dovrebbe intervenire per vietare l’uso di brand italianissimi su questi devices che di italiano non avranno più nulla. Come è accaduto per Stellantis con le 500 fabbricate tutte all’estero. Proprio mentre il competitor Electrolux, dopo le critiche della stampa e degli esperti, ha ora deciso di ripescare quei brand di grande glamour e iconici, come Aeg e Zanussi che aveva dismesso, per puntare solo sul marchio Electrolux. Una strategia sbagliata che Beko con la delocalizzazione rischierà di ripetere.

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Categories: Economia e Imprese